“Un testo senza prudenza, senza discrezione, senza freni. In cui chi è interpellato non può tirarsi indietro, deve scegliere. Come ha fatto la Madonna”, dice Fabrizio Sinisi de “L’annuncio a Maria”, dramma di Paul Claudel al quale il grande francese lavorò per una vita intera e che andrà in scena questa sera al Meeting di Rimini, nella traduzione e nell’adattamento di Sinisi. Ilsussidiario.net ne ha parlato con il giovane autore.
L’annuncio a Maria è un testo del 1912. Perché ha senso riproporlo oggi? Qual è la sua attualità?
Un testo, se è grande — e L’annuncio a Maria è un capolavoro — non smette mai di dire quello che ha da dire: risuona a diversi livelli e a diverse tonalità a seconda del luogo e del cuore che impatta. È un testo, ad esempio, che ha come sua caratteristica più evidente la radicalità: è un testo senza prudenza, senza discrezione, senza freni. Tutto, nei suoi personaggi, accade in un orizzonte estremo. Perché i suoi due grandi temi sono la libertà e il perdono, due cose così decisive che non si può trattarne senza andare sino in fondo, sino alle conseguenze.
Possiamo spiegare meglio questi due temi?
I personaggi dell’Annuncio a Maria sono diversissimi, ma hanno in comune proprio queste due grandi questioni: la libertà e il perdono. La libertà, perché vengono interpellati dalla realtà in maniera così diretta da essere letteralmente costretti a prendere una posizione, a scegliere. E questa presa di posizione, questa scelta, detta la forma della loro persona, della loro storia, del loro destino. Anne Vercors deve scegliere se partire per la Terrasanta; sua moglie deve scegliere se consentirglielo (in quanto moglie, lui non può partire se lei non lo autorizza); Violaine sceglie di baciare Pierre di Craon; Pierre di Craon sceglie la vocazione della verginità; Mara sceglie di tradire Violaine; Jacques sceglie di ripudiarla. È questo che spiega il titolo del testo, L’annuncio a Maria è un’espressione che non avrebbe senso se non in questa chiave: per Claudel, l’«annuncio» è il destino che ti interpella, che ti interroga, chiede di te. Davanti a questo annuncio, come Maria, il personaggio deve dire di sì o di no — deve scegliere. La storia della Madonna, che s’identifica con la storia della salvezza cristiana, è il grande paradigma di come un sì al destino possa generare una vita inedita, imprevedibile.
E il perdono?
È quasi una conseguenza diretta di quello che abbiamo appena detto sulla libertà. La scelta libera di uno crea scandalo agli altri e anche a se stessi. È uno scandalo — che si tratti di una scelta giusta o no — difficile da accettare. Ancora una volta: Anne Vercors deve scegliere se perdonare sua figlia Mara; sua moglie Beth deve scegliere se perdonare suo marito per la sua partenza; Violaine deve scegliere se perdonare Mara; Mara deve scegliere se perdonare Violaine e Jacques deve scegliere se perdonare Mara; Pierre di Craon, all’inizio, deve perdonare se stesso. Il perdono, qui, è il culmine della libertà.
Ed è anche il vero miracolo. Nel terzo atto accade sì, un miracolo clamoroso — una risurrezione! —. Eppure il testo non si chiude lì: anzi apre la strada all’altro miracolo, che la risurrezione stessa significa: l’esperienza del perdono. Il prodigio potrebbe essere come un fuoco d’artificio, qualcosa che brucia solo il tempo che dura. Si potrebbe andar via, far finta che non sia mai successo. Mara ci prova: torna con la sua bambina, non dice nulla al marito. Ma c’è questo quarto atto, dove l’arte di Claudel raggiunge dei vertici di bellezza inarrivabili, dove si capisce che il perdono, lo sguardo amoroso sulla totalità della persona fino alla profondità del suo male e del suo mistero, è il vero punto sorgivo di una storia nuova, cambiata. «La terra è rinnovata», dice Anne Vercors nel finale. La rinascita di Montevergine, alle ultime battute, lo testimonia: il sacrificio e la misericordia hanno modificato il volto della terra. In modo definitivo, irreversibile. Tornarne indietro non si può.
Che nesso c’è fra “L’annuncio a Maria” e il titolo di questa edizione del Meeting, dedicata al tema della mancanza?
Nel testo di Claudel viene fuori chiaramente che la mancanza può essere e deve essere una strada. Non un difetto di fabbricazione nell’essere umano, ma la sua specificità, la sua grandezza. Ci sono personaggi a cui, teoricamente, non mancherebbe nulla per essere soddisfatti. Hanno “quello che basta”. Ma il destino introduce questa mancanza perché tutti possano essere vivi, vivi davvero. La mancanza immette nella loro vita una strada attraverso cui “farsi umani”. Il sacrificio diventa quindi non un incidente di percorso, ma la condizione stessa della pienezza.