Click! È il rumore breve e secco di una macchina fotografica, di un tasto premuto del mouse. Click è anche il titolo del libro di Luigi Ballerini, pubblicato da EL nella collana Young, che ha come protagonisti un gruppo di quindicenni: Cesare Augusto, Tobia, Mattia, Letizia, Tommy.
Cesare è anche la voce narrante. Figlio unico di una famiglia benestante (sua madre è prof di latino, suo padre è manager) frequenta la seconda liceo scientifico. È un ragazzo curioso, sensibile con i tipici problemi della sua età: rapporti in famiglia, in particolare con il padre; risultati scolastici non sempre soddisfacenti, per esempio in matematica; preoccupazione per il nome, che la madre, “fanatica” della classicità, gli ha dato: Cesare Augusto Maria, un nome “pomposo, altisonante, da dinosauro imbalsamato”, che lui odia; affanni per il suo aspetto fisico: come tutti i quindicenni vorrebbe un corpo perfetto, da “figo”. È segretamente innamorato della sua prof di spagnolo, ma anche di Letizia, sua compagna di classe, “bellissima”, intelligente, studiosa, saggia.
Punto di partenza della narrazione è un fatto, che accade imprevisto ed improvviso, una mattina a scuola prima dell’ora di lezione di educazione motoria, materia che Cesare, proprio perché non si sente portato, definisce “mortoria”. Quella mattina prova particolare disagio. Non ha voglia di entrare in palestra.
Si era svegliato tardi, non aveva potuto fare la colazione. Di corsa, con i capelli ancora bagnati dopo la doccia, si era precipitato a scuola. In quella terza ora di lezione, sul punto di iniziare quell’attività che tutti i suoi coetanei amano, si sente traballante, ha l’impressione di svenire, prova una specie di terrore al pensiero di misurarsi alla cavallina, avverte uno strano mal di pancia, cerca di raggiungere il bagno, ma … Click.
Ecco il fatto: una crisi epilettica in palestra e il risveglio in un letto di ospedale, tra lo sgomento della famiglia e l’imbarazzo dei suoi amici disorientati e piangenti.
Cesare si sente smarrito, vuole capire, interroga gli amici, i genitori e con il passare delle ore le infermiere. A poco a poco, scopre che si tratta di una crisi epilettica, di un qualcosa, cioè, di cui gli sfugge il significato. Quando resta solo nella camera dell’ospedale, si attacca al telefonino, guarda Google, Wikipedia, legge l’indice della voce “epilessia” e tra la rabbia e il terrore butta il cellulare lontano da sé “come se all’improvviso scottasse”. Ma in quella stanza di ospedale, dopo qualche ora, accade un fatto nuovo: arriva Tommy, un ragazzino che deve essere operato al cervello: ha un tumore. Tra i due nasce una vera amicizia che fa scoprire loro nuove cose, soprattutto aiuta Cesare a guardare alla sua malattia con occhi diversi e, quindi, a nominarla, accettarla, gestirla.
Uscito dall’ospedale e ritornato a scuola, si accorge che il suo amico Tobia, a cui era così legato da chiamarlo “fratello”, è in una crisi tremenda. Soprannominato “Quattropaia”, per una sua originale impresa durante una gita scolastica, Tobia finisce nella banda dei bulli della scuola, immanicati anche con la droga, abbandonando la compagnia di Cesare e dei suoi amici. All’origine della sua crisi c’è la separazione dei genitori e la sentenza del giudice, che lo costringe a dover stare in certi giorni anche con il padre, con il quale non va assolutamente d’accordo, anche per via della nuova famiglia che questi si sta costruendo. La sua crisi rivoluziona anche il rapporto con Cesare. Così mentre l’amicizia dei due si interrompe, cresce sempre più l’intesa tra Cesare e Tommy.
A lui svela l’intimo e con lui scopre la strada della maturazione personale: vivere una compagnia che possa aiutare a leggere e affrontare le situazioni anche con l’aiuto di un adulto, Paolo. L’amicizia con Tommy, “frutto inatteso” della sua malattia, diventa fattore di cambiamento, di un passo avanti nella vita, negli studi e nell’affronto dei problemi. Ne ricava giovamento anche Mattia, soprannominato Axagor, personaggio di fantascienza, per via di certi discorsi sugli alieni che lui aveva cominciato a fare, per darsi delle arie e sentirsi popolare a scuola, dopo essere ritornato da un coma causato da un incidente in motorino. Anche per lui come per Cesare c’è un cambiamento di prospettiva: prende coscienza di sé, capisce che non ha bisogno di maschere per meritare di stare con gli altri e riconosce di essersi inventato tutto. La trasparenza di Mattia incoraggia Cesare a riconoscere pubblicamente di avere l’epilessia e a smascherare le trame delinquenziali di Benetti, uno studente più grande, capo dei bulli, soprannominato Bro, per la sua mania di dare a tutti del “fratello”: “Brother”.
Il libro si chiude con un duplice dialogo, prima tra Cesare e Tobia, dopo tra Cesare e Letizia, a cui il ragazzo dichiara il suo amore.
L’ultima parola del testo è “Click”, la stessa che dà il titolo al libro e conclude i primi due capitoli. Click diventa così una parola chiave della narrazione. Dice lo scatto improvviso di una foto, come avviene appunto nell’ultima pagina, ma anche il passaggio da una situazione a un’altra, meglio l’ingresso in una specie di tunnel buio, da cui si esce impegnando la propria libertà e le proprie energie cognitive ed affettive in un contesto di amicizia e di paternità riconosciuta ed accettata. È l’adolescenza, ritmata continuamente da “un prima e un dopo”, come succede per esempio a Mattia, a Cesare e Tobia: “Forse succede così quando si cresce — nota Cesare —. Quando si diventa uomini accadono cose grosse che segnano un prima e un dopo, come è successo alla storia con la nascita di Cristo, un momento X nel tempo … La X di Quattro è stata la separazione dei suoi, la mia l’epilessia” (p. 85).
Potremmo dire dunque che “click” è la traccia che l’autore, Ballerini, medico, scrittore e psicoanalista, lascia per condurci a guardare i nostri ragazzi in modo amorevole, certi nell’attesa di una maturazione, sicuri che esiste una strada per uscire dalla crisi, per ritrovare se stessi in una crescente consapevolezza di come stanno e vanno le cose a scuola, a casa, in ospedale, nel tempo libero… Ballerini, al riguardo, non trascura nessun ambito della vita dei quindicenni, in particolare la scuola, la famiglia, il mondo di di internet e dei suoi strumenti.
La famiglia, rappresentata in “Click”, è una comunità in crisi: si barcamena tra affetti, litigi, scontri, senza un’esperienza comune, con una paternità incerta e/o rifiutata. Noto subito che, rispetto ad altri racconti della letteratura giovanile attuale, il libro di Ballerini non trascura la presenza del padre, con cui i protagonisti entrano o in un conflitto aperto, che porta alla rottura (vedi Quattropaia) o in una crescente reciproca comprensione, come quella tra Cesare e suo padre.
Prima della malattia il giudizio di Cesare sul padre non è positivo. Non gli perdona nulla a partire dai regali che gli porta ogni volta che rientra dall’estero. Dopo la malattia comincia ad apprezzare il fatto che ogni mattina suo padre gli lasci dei biglietti appiccicati con magnete sul frigo per augurargli una buona giornata e dare le solite raccomandazioni sullo studio. Non sono biglietti originali, però gli fanno piacere perché “sono segno che pensa me”. Arriva anche ad ammirarlo per il suo lavoro (è manager in una in una multinazionale con un ufficio a Bruxelles), per il suo inglese, e sempre più desidera imitarlo.
In casa di Tobia, invece, la famiglia non c’è affatto. Qui il rapporto con il padre si tramuta in un braccio di ferro in cui nessuno vince e si vive “incattiviti più che mai”. Solo verso la fine della narrazione Tobia, come tutti gli altri amici della compagnia, si riconcilia con il padre incontrando un’altra paternità: quella di Paolo, fratello di Tommy.
I rapporti in famiglia e nel gruppo cambiano perché, grazie a fatti sorprendenti, significativi (la malattia, per esempio, l’amicizia, l’incontro con Paolo), matura l’atteggiamento e cresce l’autocoscienza dei singoli. Se per Cesare, prima, il problema più grande era la doccia dopo ginnastica o i muscoli che non gonfiavano a sufficienza la maglietta, oppure qualche angoscia in algebra, o il timore di non fare colpo su Letizia, ora, la paura è il pensiero di cadere per terra senza accorgersene, tremare e “fare schifo”. Sarà Paolo che lo aiuterà ad approfondire e a diventare consapevole della verità dello sguardo di Tommy (è possibile gestire positivamente anche la malattia), quando gli spiega: “Tu non sei epilessia, tu hai l’epilessia. Non dimenticare mai che non sei la tua malattia, esattamente come un ragazzo che è più basso della media non è la sua bassa statura o uno più cicciotto non è i suoi chili in più” (p. 109).
In altre parole, Paolo, che qui appare come un vero “padre”, guarda Cesare, Tobia, suo fratello, Mattia nella loro grandezza, quella che don Milani usa definire “universo di dignità infinita”. Paolo nel suo guardo, nelle sue parole, nelle sue azioni non riduce sé e i ragazzi a particolari, a dettagli, favorendo così la loro autocoscienza, la gestione della paura e di altri sentimenti di fuga e di nascondigli.
Educare è esporre alla grandezza e questa esposizione passa lungo il sentiero che Jean Guitton chiamava regola d’oro del metodo: “conoscere ed accettare se stessi”. Ballerini ci ricorda che questo passaggio è fatto di tanti “click”, istanti di consapevolezza, flash che rendono memorabili incontri decisivi per la vita. Bellissimo il dialogo tra Cesare e Paolo, nella gelateria di Tommy, in cui si vede come Paolo conduce Cesare a leggere quello che gli è accaduto, a cogliere la verità della sua malattia, del suo lento cedimento a Bro, che lo ricatta malvagiamente. ” …Quel Bro è un bastardo, sono d’accordo con te — dice Paolo — ma ha approfittato di una tua debolezza, sei anche tu che ti sei reso vulnerabile ai suoi occhi. Lui ha fiutato la tua paura come avrebbe fatto un predatore nella savana e ti è saltato addosso appostandosi dietro un cespuglio. Bro è innanzitutto un bullo, che è sinonimo di debole” (p. 109). Cesare così capisce che gli occorre un cambio di prospettiva: il punto non è lo sforzo continuo per essere, ad esempio, come vorrebbero i genitori, ma essere se stesso senza ridurre né ingigantire i dettagli e, quindi, accettare la propria debolezza e la propria vulnerabilità. Questo significa che non deve attaccare etichette al collo, deve invece mobilitare se stesso. Come? A lui e agli altri Paolo non dà consigli, non fornisce etichette, risponde semplicemente: “Arrangiati”, cioè prendi posizione, rischia, entra nella mischia.
Sono pagine queste in cui l’amicizia e la presenza di un adulto si rivelano fattori di un metodo per affrontare i problemi che il contesto pone, risorse per vivere meglio la scuola e la famiglia; infondono energia, lucidità e coraggio per scoprire e riscrivere se stessi, come accade per tutto il gruppo quando con dignità, efficacia, originalità Cesare e i suoi amici affrontano e sconfiggono Bro.
Mi sono soffermato su quest’ultima parte perché a mio parere quest’opera di Ballerini merita di essere letta non solo dai giovani, ma anche dagli educatori. Un libro dunque, a mio parere, da leggere e far leggere. In famiglia e a scuola, a partire dalla terza media.