Dal prossimo 3 novembre saranno disponibili i Rav (Rapporti di autovalutazione) delle istituzioni scolastiche nella sezione “Scuola in chiaro” del portale del Miur. La data per il termine ultimo di invio del rapporto è stata più volte spostata: dalla fine di luglio, alla fine di settembre e infine al 10 ottobre scorso.
Nel frattempo, dallo scorso inverno le istituzioni scolastiche, in un silenzio quasi generale, hanno provveduto a rimboccarsi le maniche per iniziare ad affrontare un impegnativo percorso di autovalutazione e miglioramento il cui documento portante è appunto il Rav. Ma cosa è accaduto nel concreto all’interno delle scuole nel corso di questa nuova esperienza? Vediamo come sono andate le cose in un istituto comprensivo del Friuli Venezia Giulia.
Un po’ in sordina si è iniziato con la compilazione da parte dei dirigenti scolastici dei “Questionari Scuola”, preliminari alla realizzazione del Rav. Pochi giorni di tempo sono stati dati per la compilazione e l’invio di questi ultimi e infatti è risultato fondamentale l’apporto, soprattutto se si pensa alle reggenze, di direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga) e vicari. Si è arrivati così a fine inverno per la costituzione del nucleo di autovalutazione dell’istituto con il primo incontro di programmazione. L’istituto si era mosso quindi, almeno formalmente, nei tempi, perché la piattaforma operativa messa a disposizione per la compilazione on-line del rapporto era previsto fosse attivata entro marzo. In realtà, a parte un corso sull’autovalutazione di istituto seguito dai componenti del nucleo e organizzato dall’università cittadina, ma che poco è servito per la compilazione del rapporto, praticamente tutti gli otto docenti componenti del nucleo non avevano idee chiare su cosa fosse loro richiesto e quindi su cosa avrebbero dovuto fare. Con il formato vuoto del Rav, l’elenco e la descrizione degli indicatori disponibili per la compilazione e i documenti ministeriali specifici che descrivono lo scopo dell’autovalutazione il ds ha cercato di far comprendere le ragioni e la struttura del rapporto. Compito difficoltoso data l’assenza, che purtroppo si è protratta ancora per un mese, dei dati provenienti dall’Invalsi, dal Miur, dall’Istat che avrebbero dovuto essere già inseriti e che avrebbero potuto orientare da subito quella tanto attesa riflessione da parte delle scuole sulla loro condizione, basandosi su informazioni il più possibile oggettive. Nell’attesa le scuole, fondamentalmente poco preparate per cultura, risorse e anche gestione del personale a questo compito si sono date da fare come hanno potuto, attraverso il solito impegno, non sempre organizzato, dei più volenterosi e interessati, facendosi prendere talvolta, all’avvicinarsi delle scadenze previste, anche da stati d’agitazione.
Il nucleo di autovalutazione ha lavorato per sottogruppi in base alle sottosezioni delle sezioni principali del Rav: contesto, esiti, processi (pratiche educative e didattiche), processi (pratiche gestionali e organizzative) e priorità. Si è lavorato spesso in team di almeno due docenti; solo l’incaricato della parte relativa ai dati derivati dalle valutazioni esterne ha lavorato in perfetta solitudine. Questo è un fatto che, unito alla totale fiducia del ds sul suo operato, dovrebbe indurre a qualche ulteriore riflessione sul grado di consapevolezza e interesse delle scuole per i dati che provengono dalle prove e questionari Invalsi.
Il lavoro sulle sezioni è stato condotto in base alle domande guida presenti già nel formato del rapporto e che sicuramente sono state un utile sussidio per la riflessione e la compilazione. A volte quando troppo scomode sono però state ignorate a favore della sottolineatura dei punti di forza e delle specificità dell’istituto. La presenza alla fine di ogni sezione di una rubrica di autovalutazione in scala da 1 a 7 ha fatto in modo che i componenti del Rav si scervellassero per trovare al massimo quanto di più positivo ci fosse nell’istituto. Lavoro non criticabile in assoluto, anzi, perché ha costretto i docenti a riflettere e mettere per iscritto al meglio quanto di buono è presente e quanto si fa nella scuola nel corso delle pratiche quotidiane e che spesso non ha adeguata visibilità. Purtroppo bisogna dire la verità: qualche volta le criticità sono proprio sparite e i punti di forza sono stati esaltati in maniera eccessiva.
Successive riunioni del nucleo di autovalutazione hanno permesso di mettere a punto progressivamente il rapporto, di confrontarsi su come descrivere la realtà della scuola e anche di prendere confidenza man mano con la piattaforma operativa che per più di qualcuno era il primo spauracchio da superare. In quest’operazione il sussidio di un blog apposito sul sito d’istituto è stato di notevole aiuto per confrontare e mettere a disposizione i lavori che mano a mano si sviluppavano all’interno dei sottogruppi del nucleo e per aiutare a superare le proprie lacune nell’uso delle tecnologie. L’individuazione degli indicatori da parte della scuola e la ricerca di dati che descrivessero al meglio le sezioni del Rav, oltre a quelli già forniti, ha impegnato non poco i componenti del nucleo con esiti a volte ben diversi: dalla puntigliosa presentazione dei dati a disposizione letti in base alle domande guida, alla più o meno generica descrizione di quanto si fa senza troppo approfondimento.
Si arriva così alla compilazione della fatidica sezione cinque: le priorità rispetto agli esiti degli studenti. Non che non ci si fosse pensato fin dall’inizio del lavoro, ma la richiesta incuteva un po’ di timore: individuare uno o due obiettivi misurabili di miglioramento da perseguire nel lungo periodo attraverso la formulazione di obiettivi di processo collegati ad attività concrete da sviluppare nel breve periodo, corrispondente a un anno scolastico. Le indicazioni fornite per la compilazione del Rav mettevano in guardia dal non esagerare con il numero delle priorità da perseguire nelle aree di articolazione degli esiti: al massimo due priorità in una o due delle aree in cui sono articolati gli esiti degli studenti. In questo caso ci si fa prendere però dalla voglia di fare, e anche di migliorarsi, magari senza troppo riflettere sulle reali risorse per farlo bene. Ne sono risultati un numero di aree maggiore di quello suggerito perché le istanze portate dai docenti del nucleo portatori a loro volta di interessi di diverse componenti della scuola non sono state compensate le une con le altre ma si è lavorato invece per aggiunte progressive. Il risultato è stato 3 aree e 4 priorità!
Pubblicato ad inizio settembre sul sito dell’istituto, il Rav è stato finalmente spiegato da alcuni componenti del nucleo di autovalutazione al collegio dei docenti. Ne sono risultate subito numerose osservazioni più o meno pertinenti di cui il nucleo ha tenuto conto nei limiti del possibile. In una riunione successiva si è cercato di comporre quanto manifestato dai docenti nel collegio, anche in termini di correzione delle descrizioni di quanto fa l’istituto nella sua complessità; i componenti del nucleo di autovalutazione non possono avere sott’occhio tutta la vita della scuola, soprattutto se i dirigenti sono di nuova nomina o reggenti, e in questo senso il passaggio al collegio docenti è risultato importante anche per una corretta e precisa presentazione di quello cha la scuola realmente produce.
La costruzione del rapporto ha così permesso a una parte dei docenti che non sempre lavorano a stretto contatto con il dirigente scolastico ma si interessano di aree specifiche e limitate della vita dell’istituto di confrontarsi con la sua complessità potendo partecipare più attivamente e comprendere meglio le ragioni delle scelte che vengono fatte dalla dirigenza.
Purtroppo la figura del docente tuttora prevalente è quella di un insegnante rinchiuso nel suo mondo costituito da alunni e disciplina d’insegnamento e che poco sa e talvolta poco vuole sapere di quanto accade all’esterno delle sua aule. Il Rav, con tutti i limiti del caso che non interessa qui evidenziare, ha questo merito: dare concreta possibilità a tutti, ma soprattutto agli insegnanti, di capire l’istituzione dove lavorano e di potere in questo modo partecipare più attivamente, perché hanno maggiore cognizione di causa, al miglioramento della vita del proprio istituto. Se gestito con sapienza e competenza il Rav può essere uno strumento su cui fondare in modo più solido l’identità di un istituto, operazione necessaria soprattutto dopo il riordino della scuola di base in istituti comprensivi che vanno dall’infanzia alla secondaria di I grado.
Infatti il dover descrivere la scuola ha costretto i componenti del Rav a formarsi una visione maggiormente unitaria delle azioni dell’istituto e a toccare con mano quanto delle attività poste in essere — i numerosi progetti, gli accordi di rete, istituzionali e via dicendo — si potesse leggere in un quadro complessivamente unitario o troppo frammentato. Una riflessione su queste azioni promuove una visione d’insieme in cui, per non disperdere le poche risorse presenti, bisogna prendere delle decisioni in linea con l’identità che l’istituto si vuole che assuma, senza inseguire istanze provenienti da ogni componente scolastica che non possono essere organizzate in una forma coerente.
Molto di quanto fanno le scuole in realtà resta ancora in ombra e per gli ispettori che verranno non sarà compito facile far emergere le contraddizioni e le potenzialità che purtroppo non si è riusciti a mettere in luce nel documento. Servirebbe una spiccata capacità di analisi qualitativa e direi quasi etnografica che probabilmente chi ricopre questo tipo di funzioni forse ancora deve raggiungere.