Si è concluso con una sentenza di condanna il processo al sito di file-sharing Pirate Bay, che negli ultimi mesi ha contrapposto studios ed etichette ai sostenitori del libero scambio di file, ossia del diritto di scaricare gratis film e brani musicali.
Il tribunale di Stoccolma si è pronunciato stamani contro i tre fondatori – Fredrik Neij, Gottfrid Svartholm Warg, Peter Sunde – e Carl Lundström, reo di aver investito nel sito. I quattro sono stati condannati in primo grado a scontare un anno di carcere e pagare una multa da 30 milioni di corone, 2,7 milioni di euro, per “complicità in violazione della legge sul diritto d’autore”.
Le società che avevano fatto causa – tra cui gli studios Warner Bros, Metro Goldwin Mayer, Columbia, 20th Century Fox e le case discografiche Sony BMG, Universal e EMI – avevano chiesto un risarcimento di 117 milioni di corone a titolo di mancati guadagni.
Pirate Bay, infatti, è tra i siti più usati al mondo per condividere musica, film e videogiochi, contenuti spesso coperti da copyright. Per l’industria dell’entertainment è quindi uno dei principali responsabili dei milioni di dollari persi in mancati diritti di autore a causa dei download illegali.
Finito alla sbarra il 16 febbraio scorso, il sito ha visto mobilitarsi in sua difesa migliaia di utenti sia nelle piazze virtuali della rete, sia in quelle reali di molte città, soprattutto nella capitale svedese. La “Baia dei pirati” è così finita sotto i riflettori mondiali, tanto che ieri un suo server sequestrato dalla polizia è finito addirittura nel Museo della Tecnica di Stoccolma.
La fama non è però servita ad evitare la condanna, definita dai creatori del sito “un verdetto folle”. “Come in tutti i migliori film – si legge su thepiratebay.org – gli eroi perdono all’inizio, ma alla fine riescono comunque a ottenere una vittoria epica. E’ l’unica cosa che Hollywood ci ha insegnato”.
Contro l’aspetto penale della sentenza – un anno di reclusione – si esprime l’avvocato Andrea Monti, esperto di diritto d’autore e internet:”Il copyright è un contratto che si stipula tra il titolare dei diritti e l’utilizzatore dell’opera. In caso di violazione si dovrebbe essere condannati a pagare i danni e non ad andare in prigione”.
Il plauso alla decisione della corte arriva invece, naturalmente, soprattutto da parte delle industrie coinvolte. Se per il presidente della Fimi (la Federazione di Confindustria che raggruppa le principali aziende discografiche italiane) Enzo Mazza “la sentenza svedese è giusta e proporzionata”, per John Kennedy, ad della Federazione internazionale dell’industria fonografica, “é una buona notizia per tutti quelli che basano la propria vita o i propri affari sull’attività creativa e hanno bisogno di sapere che i loro diritti saranno protetti dalla legge”.
Sugli effetti a lungo termine del verdetto nella lotta alla pirateria online, però, non c’é un consenso unanime. Mark Mulligan di Forrester Research, è pragmatico:”Il problema del file sharing è che continua a crescere di anno in anno, ed è quindi sempre più difficile da contrastare”.