Comunque vada la conferenza COP21 di Parigi, non potremo evitare di mettere in campo azioni molto decise per il cosiddetto adattamento ai cambiamenti climatici. L’Europa sta già predisponendo gli strumenti di base per supportare le misure che dovranno essere prese anche a seguito degli accordi di Parigi: si stanno sviluppando quelli che si chiamano Modelli Climatici Regionali, che utilizzano la modellistica climatica per dare informazioni su aree sempre più circoscritte, fino a un risoluzione di 5-12 km; e per il 2020 l’Unione europea punta a realizzare un Servizio climatico europeo, il ”Copernicus Climate Change Service”, analogo a quello già esistente in campo meteorologico.
C’è poi il Med-Cordex (Mediterranean Coordinated Regional Climate Downscaling Experiment), una delle 14 aree geografiche di Cordex, un progetto del Programma Mondiale di Ricerca sul Clima (WCRP). L’Italia è rappresentata nel Comitato Scientifico di Med-Cordex dall’Enea che ne gestisce il database, considerato la fonte più importante e aggiornata di proiezioni climatiche per l’area euro-mediterranea. Con Gianmaria Sannino, responsabile del Laboratorio Enea di Modellistica climatica e impatti, abbiamo cercato di capire come incideranno queste attività sulle decisioni della COP21 e soprattutto sul dopo COP21.
«L’obiettivo è l’elaborazione di modelli climatici regionali sempre più affidabili e di dettaglio, che vadano oltre l’attuale orizzonte temporale al 2100. Per ottenere questo risultato è necessario migliorare la rappresentazione del sistema climatico a scala regionale attraverso l’aggiunta delle componenti marine, cioè onde e biogeochimica, e di quelle terrestri, vale a dire uso del suolo e ciclo idrologico. Su scala regionale, infatti, il clima è fortemente influenzato da fattori locali come la conformazione orografica e la presenza di fiumi e laghi, rappresentati solo in modo approssimativo nei modelli globali di circolazione atmosfera-oceano e da altri processi fisici. Un esempio su tutti è il fenomeno della ”convezione profonda del Mediterraneo”, una sorta di ”respiro profondo” del mare. Il nostro Mediterraneo, infatti, è un oceano in miniatura che ossigena gli strati profondi attraverso questo fenomeno, come ad esempio nel Golfo del Leone in Francia. In questa area tutti gli anni la superficie dell’acqua si raffredda e sprofonda anche di 2.500 metri portando ossigeno in fondo al mare».
Sannino spiega che i modelli portati a Parigi, in base ai quali verranno prese le decisioni per il futuro, sono gli stessi che si utilizzano all’Enea: «sono modelli numerici, validati in base ai dati climatici del passato e in grado di proiettare le simulazioni sul futuro; per quest’ultima operazione abbiamo solo questa possibilità, non ci sono alternative. Sono modelli molto migliorati dal punto di vista della descrizione del fenomeno climatico, ma hanno delle limitazioni dovute anche alla difficoltà di ottenere soluzioni complete delle equazioni che descrivono i processi geofisici globali».
Ci sono quindi diversi metodi numerici e di conseguenza diversi modelli climatici; ma ciò costituisce un vantaggio, perché permette di superare i limiti di un singolo modello e di analizzarli tutti in modo statistico per permettere all’Ipcc di elaborare una gamma di scenari. Gli scenari presentati in vista del COP21 concordano, in sintesi, su questa valutazione: «Fin qui abbiamo modificato il clima, ma non in modo irreversibile; ora, se restiamo all’interno dei 2 °C di aumento della temperatura media globale entro il 2100, riusciamo a mantenere un impatto sul clima non devastante ed evitare quelle conseguenze catastrofiche che spesso vengono prospettate».
Sannino si augura che dalla COP21 escano decisioni che permettano di attuare da subito decisioni drastiche limitanti le emissioni dei gas climalteranti; decisioni che peraltro consentiranno al massimo di restare entro quei due gradi; tenendo presente che gli stessi modelli applicati su scala regionale, in alcune aree come ad esempio l’Europa, prevedono situazioni difficili. «L’Europa è una delle zone più vulnerabili e raggiungerà l’aumento di 2 °C prima di altri. Quindi stiamo parlando di un periodo che non riguarda generazioni lontane ma toccherà quella subito dopo la nostra».
Il gruppo dell’Enea coordinato da Sannino ha appena pubblicato uno studio su Nature Scientific Reports secondo il quale il clima del Sud Italia rischia di diventare quello tipico del Nord Africa, con estati e inverni sempre più aridi e secchi e una crescente carenza di acqua che determinerà il progressivo inaridimento dei suoli, con ripercussioni su agricoltura, attività industriali e salute umana. Viceversa, il Nord Europa tenderà a “mediterraneizzarsi”, in particolare Europa nord-occidentale, Gran Bretagna e Scandinavia avranno estati molto più secche e inverni più piovosi rispetto ad oggi. In Italia poi ci sarebbero 33 aree costiere ad alta vulnerabilità, che rischiano di essere inondate.
Torniamo perciò al discorso dell’adattamento, che dovrà essere preso di petto dopo la COP21. «Questo è un punto molto importante. Fino a un po’ di tempo fa non si parlava così insistentemente di adattamento; si parlava di mitigazione, anche perché eravamo ancora in tempo per modificare certe tendenze. Adesso non c’è più tempo e dobbiamo già correre ai ripari. Ed è per questo che si stanno organizzando i servizi climatici che sappiano fornire previsioni attendibili per periodi prolungati: ciò è necessario perché le misure di adattamento non si possono improvvisare e richiedono tempi lunghi. Qualunque sia il risultato del summit di Parigi, avremo sempre a che fare con i cambiamenti climatici e avremo sempre più bisogno di strumenti di dettaglio, che non si limitino a dirci genericamente che la temperatura aumenta di 2 o 3 gradi in Europa ma sappiano indicarci quale sarà la temperatura delle notti estive in Sicilia o il livello del mare a Venezia e sulla costa dell’alto Adriatico».
Bisogna dire che la Comunità Europea ha realizzato una struttura adeguata: sta adesso ai singoli stati costruire i propri specifici servizi climatici. «All’avanguardia ci sono la Gran Bretagna e la Germania. Noi all’Enea siamo già all’interno della nascente struttura europea e partecipiamo all’esperimento coordinato mondiale (Cordex) che si prefigge di dare l’input per la costruzione di modelli non più globali ma a livello di regione e sottoregione. L’Enea, insieme a Meteo France, all’Itcp di Trieste e al Max Planck Institut tedesco sta gestendo questa attività sperimentale per l’area EuroMediterranea: stiamo facendo dei veri e propri zoom delle proiezioni climatiche, attivando una sorta di “microscopio climatico” capace arrivare a livello di dettaglio e di indicare quali sono i reali impatti dei cambiamenti climatici sul territorio dando ai decisori le informazioni necessarie per progettare le strategie di adattamento più efficaci».