Ce lo aspettavamo in molti. E molti, noi compresi, ne siamo contenti. Il ritorno di Alfa Romeo in Formula 1 dopo oltre 30 anni di assenza non potrà che far bene allo sport automobilistico e all’immagine del brand. Detto questo e sgombrato il campo dalle illazioni che associano il partner svizzero Sauber al residente in Svizzera Sergio Marchionne, bisogna dire che la discesa in pista dell’Alfa è, almeno per ora, in punta di piedi. La nuova monoposto avrà i colori sociali e il logo del Biscione, nulla di più. Il motore verrà fornito da Ferrari, mentre la carrozzeria e la meccanica sarà Sauber. Almeno per ora, dicevamo, perché dietro la definizione di “partnership tecnico commerciale pluriennale” usata dai protagonisti per descrivere l’accordo c’è un progetto a lunga scadenza che cerca di sommare due debolezze per tentare di costruire qualcosa.
Non è un mistero che Sauber fosse, tra i team di Formula 1, quello più in difficoltà dal punto di vista sportivo ed economico. Nel 2016 il fondatore che ha dato il nome alla squadra, sommerso dai debiti, lo aveva venduto al consorzio svizzero Longbow Finance SA e a campionato appena concluso il team ha raccolto solo 5 punti ed è il fanalino di coda della classifica mondiale. La presenza “pluriennale” del marchio Alfa sulla monoposto dà respiro e permette di avere il denaro necessario per sviluppare una monoposto più competitiva.
Alfa Romeo, invece, paga per andare a scuola. I suoi ingegneri potranno guardare, imparare, contribuire, se potranno. Senza la necessità di impegnare quei milioni di euro (si va dai 100 ai 400/500) necessari per mettere in piedi da zero una squadra. Nessuno sa quanto pagherà la Casa del Biscione come title sponsor della Sauber, ma si può con tranquillità affermare che i milioni saranno molti meno.
Ora le domande che ci si può porre sono almeno due. Perché Alfa Romeo ha deciso di entrare, seppure indirettamente, in Formula 1? E, ancora, questo è solo l’inizio di un percorso che porterà il marchio a costruire una squadra capace di combattere alla pari, magari anche con Ferrari? La prima risposta è semplice. Alfa Romeo, dopo anni di buio pesto, ha portato sul mercato Giulia e Stelvio, due auto sportive che vogliono fare concorrenza a Bmw e Mercedes. La Formula 1 è il palcoscenico giusto per promuoverle. Costoso, impegnativo, rischioso, specie se i risultati sportivi non arriveranno, ma giusto.
Rispondere alla seconda domanda è molto più impegnativo perché bisognerebbe prima avere la boccia di cristallo dei maghi per riuscire a vedere i futuro di tutto il Gruppo. Se Fca rimarrà da sola, non verrà comprata da un altro costruttore, la permanenza di Alfa in Formula 1 sarà l’ultimo dei problemi di chi avrà da gestire i conti dopo Marchionne perché il gruppo sta investendo sulle direttrici di sviluppo delle auto dei prossimi anni (elettrico, connettività, guida autonoma). Se invece, come tutti prevedono, nel 2019 troverà quello che verrà definito un partner e sarà invece un acquirente, nulla di più facile che il fatto di essere in Formula 1 sia un plus apprezzato.