Diverse le manifestazioni in ordine sparso promosse dalle rappresentanze sindacali dei dirigenti scolastici: un sit in davanti al Miur il 23 gennaio promosso dall’Anp, un altro sit in indetto a sua volta dalla Flc-Cgil per il 28 gennaio ed, ancora, uno sciopero dei dirigenti scolastici indetto dalla Cisl-Scuola, Uil-Scuola e Snals per il 14 febbraio. Abbiamo chiesto un commento a Ezio Delfino, presidente di Disal.
Delfino, un risveglio di primavera… in pieno inverno?
Una volta i mesi di gennaio e febbraio erano i mesi dei saldi: tutto a buon prezzo per rifarsi il guardaroba. Oggi invece sono diventati i mesi in cui sono i presidi delle scuole italiane a chiedere i saldi. I saldi di consistenti cifre di arretrati loro spettanti, con riferimento alla retribuzione di risultato e di posizione, cifre congelate da tempo dal Mef. Una tale mobilitazione congiunta, dopo una tregua di alcuni anni, è sintomo di una situazione che ha superato i limiti di accettabilità.
Quali sono le richieste economiche che muovono i presidi italiani a scendere in piazza?
La perequazione retributiva che, dopo il riconoscimento del ruolo dirigenziale nel 2000, avrebbe dovuto portare l’Area V al livello degli altri ruoli della dirigenza pubblica, non è stata realizzata e gli stipendi dei presidi si fermano alla metà, ad esempio, di un dirigente ministeriale di II fascia.
È solo questione di soldi?
Niente affatto. Allo stesso tempo i dirigenti scolastici sono diminuiti nel numero, da 12mila del 2001 ai poco più di 8mila previsti dall’organico del 2013-14, con la contemporanea drastica riduzione dei vicepresidi. Un vero saldo: tre scuole al prezzo di due! Esiste un settore statale dove si è risparmiato altrettanto?
Il fatto è che nella borsa c’è poco. Da dove prendere i soldi? Lei risponderà che fornire la ricetta non è compito suo, ma mi dica ugualmente cosa farebbe.
Innanzitutto il Miur dovrebbe agire con più determinazione rispetto al ministero delle Finanze esigendo la liquidazione di tutte le somme spettanti, per contratto, dei propri dirigenti scolastici. Una possibilità di soluzione potrebbe essere una perequazione esterna ossia una più equa ridistribuzione tra tutti i dirigenti di seconda fascia dello Stato e delle altre amministrazioni pubbliche (che oggi percepiscono di più dei dirigenti scolastici) delle risorse complessivamente destinate alla retribuzione di posizione e di risultato. Il vero punto decisivo è, però, intervenire – ancor prima che sul recupero delle somme tolte dal Mef dal Fondo unico nazionale relativamente alla parte variabile della retribuzione dei dirigenti -sulla scrittura del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro dei dirigenti scolastici nel quale riconoscere le nuove funzioni attribuite ed i conseguenti giusti riconoscimenti stipendiali.
Ci sono altre preoccupazioni che agitano i capi di istituto?
Con il riconoscimento dell’autonomia scolastica i capi d’istituto sono diventati dirigenti scolastici con nuove responsabilità e maggiori carichi di lavoro, che vanno dall’attuazione del regolamento della privacy alla titolarità delle relazioni sindacali, dalla responsabilità per la trasparenza dei siti web alla contrattazione integrativa d’istituto con le rappresentanze sindacali, dalla responsabilità come sostituto d’imposta all’assunzione diretta del personale supplente fino all’attuazione delle norme anticorruzione. Tutto questo senza considerare le altre responsabilità quotidiane di direzione, gestione e coordinamento e le pesanti conseguenze amministrative e penali in caso di inadempienze…
Quindi?
La protesta è legittima ed è l’occasione per chiedere che il rilancio e la credibilità della scuola passino anche dall’effettivo riconoscimento della funzione del dirigente scolastico e da una sua adeguata e meritata retribuzione.
Che cosa ha determinato questa situazione di disagio?
La situazione in cui si trovano i dirigenti delle scuole statali italiane è in realtà conseguenza della graduale identificazione del ruolo del preside con quello amministrativo-funzionale del burocrate statale e sempre meno con quello di responsabile di un’impresa più complessa e affascinante da guidare come è l’impresa educativa. Un ruolo sociale importante e complesso sempre più assimilato a quello di altre dirigenze statali, snaturandone via via il compito e l’immagine originale, nell’amministrazione ministeriale così come, diffusamente, nell’opinione pubblica.
Voi che cosa state facendo?
Disal, ad esempio, ha promosso in questi mesi un Manifesto per una nuova dirigenza proprio per rilanciare il dibattito nella scuola sulla figura del dirigente.
Qual è, in sintesi, il punto di forza del ds come voi lo immaginate?
Curare e sostenere l’avventura della conoscenza e l’intrinseca dimensione educativa rappresentano il cuore del compito direttivo nelle scuole, al cui servizio devono concorrere competenze organizzative finalizzate all’erogazione di un servizio di tipo sociale. Primo compito di chi dirige una scuola come “impresa sociale” è quello di creare in essa le condizioni per il fiorire di esperienze educative e culturali significative per i giovani.
Ci sono dirigenti in grado di far questo?
Nel Manifesto promuoviamo il profilo di un dirigente che, prima della nomina, abbia svolto come docente collaborazioni nel gruppo di direzione della scuola di provenienza, di un preside assunto direttamente dal consiglio di amministrazione dell’istituzione autonoma, scelto da un albo professionale regionale di idonei, assegnato a scuole con non più di mille alunni, responsabile dell’attuazione di Piani formativi ed organizzativi pluriennali, sottoposto a periodiche valutazioni interne e controlli esterni.
Un’occasione importante, dunque?
C’è oggi una formidabile opportunità: unire alla legittima richiesta di restituzione della perequazione economica spettante il rilancio di un rinnovato modello di dirigenza di scuola con forti connotazioni di leadership educativa, che cambierebbe il volto e la dignità di una funzione decisiva nella direzione di una scuola. Ben vengano dunque i saldi ai presidi, ma non a qualunque prezzo!
Da parte ministeriale avete segni di attenzione o di risposta?
La Disal fa parte del Forum delle associazioni professionali della scuola accreditato presso il Miur che doveva essere radunato a metà gennaio, ma ad oggi non è giunta convocazione. Abbiamo incontrato, invece, i funzionati del ministero a cui abbiamo consegnato il nostro Manifesto e sottoposto collaborazioni e proposte, in particolare sulle modalità di reclutamento dei nuovi dirigenti: l’atteggiamento è stato di apertura e di attenta considerazione delle nostre proposte. Proprio in questi giorni è stato formalizzato su queste tematiche un tavolo di lavoro tra gli uffici del ministero e le rappresentanze delle associazioni professionali e d i sindacati dei dirigenti scolastici.