Diceva Oscar Wilde che l’unico dovere che abbiamo nei confronti della storia è quello di riscriverla. E’ esattamente quello che ha fatto Elisabetta Sala, docente di storia e letteratura inglese e autrice di diversi preziosi saggi sull’epoca di Enrico VIII, di Elisabetta I e di Shakespeare, in questo romanzo, L’esecuzione della giustizia (D’Ettoris Editori 2017) in cui riscrive la tragica vicenda della cosiddetta “Congiura delle polveri”, il tentativo avvenuto nel 1605 di far saltare in aria il Parlamento di Londra, con il Re Giacomo e tutta la corte. La storia ufficiale ci racconta che il complotto fu elaborato da un gruppo di tredici fanatici cattolici ispirati probabilmente dai Gesuiti. La storia — si sa — è scritta dai vincitori, ma per il suo romanzo Elisabetta Sala ha utilizzato non solo la sua fantasia, ma anche alcune antiche e rimosse fonti, che dicono che le cose andarono molto diversamente.
L’Inghilterra agli inizi del ‘600 aveva visto il passaggio dal lungo regno di Elisabetta Tudor a quello di Giacomo Stuart, l’imbelle figlio di Maria Stuart che era stato posto sul trono dagli oligarchi inglesi, primo fra tutti il luciferino Lord Salisbury, Robert Cecil, figlio di quel William Cecil che era stato l’anima nera del tirannico regime elisabettiano, il fondatore dei famigerati servizi segreti della Regina, il feroce persecutore dei cattolici. Le Leggi Penali avevano disintegrato la Chiesa in Inghilterra, e chi era rimasto fedele alla Chiesa di sempre era costretto alla clandestinità. I cattolici avevano riposto molte speranze in Giacomo, il figlio della Regina martire di Scozia, ma presto le loro attese furono frustrate. E’ in questo clima che si verifica il mancato attentato del 5 novembre 1605, il fulcro della storia della Sala. L’arresto di tutti i membri del “complotto”, l’individuazione del mostro principale in Guy Fawkes, e l’ombra delle trame gesuitiche, diede l’occasione al Governo di Sua Maestà di mettere in atto una sorta di “soluzione finale” della presenza papista in Gran Bretagna.
La narrazione della Sala è immediatamente avvincente, come un Giallo o un thriller. Ci conduce nella Londra del tempo con una ricostruzione ambientale perfetta, frutto delle sue profonde conoscenze storiche, ci fa respirare il clima terribile che si viveva sotto uno dei peggiori regimi totalitari della storia. Ma oltre l’angoscia per la persecuzione, la paura della delazione, la minaccia costante dell’arresto, della tortura, della morte, o della rovina economica, la speranza non muore. Non muore nel cuore di Jack Digby, il figlio di uno dei “congiurati” giustiziati, e che viene sottoposto ad un procedimento di “rieducazione”, che nel nome del padre vuole arrivare alla verità. Non muore nell’arte di William Shakespeare, la cui figura giganteggia discreta nel romanzo; Will è un maestro, un artista ispirato e adorato dal popolo, ma è anche un vero e proprio punto di riferimento per la dissidenza, per coloro che non vogliono arrendersi al regime. Le sue opere lanciano messaggi in codice, contengono scomode verità criptate nelle tragedie, da Romeo e Giulietta a Macbeth fino alla Tempesta. Il potere lo sa, e cerca disperatamente di incastrarlo, di trovare le prove della sua clandestina cattolicità per poterlo finalmente trascinare sul patibolo. Ma Will continuerà a farsi beffe di loro.
Il romanzo è ricco di varie figure, ispirate come si è detto a quegli eventi tragici dei quali ci fornisce un’altra versione, che non è affatto escluso sia quella vera.
Un romanzo commovente, intrigante, appassionante, che alla fine raggiunge lo stesso scopo che si era prefisso Shakespeare: tener desta la coscienza del lettore, far sì che si ponga domande e cerchi la risposta.