Caro direttore,
riemerge spesso nel dibattito sui più vari argomenti l’auspicio che l’Italia possa diventare “un paese normale”. Ciascuno avrà in testa una sua normalità in parte diversa dalle altre, ma per noi del Gruppo di Firenze (e fortunatamente anche per altri) senza dubbio l’espressione è sinonimo di “Stato di diritto”, cioè di una comunità che rispetta e fa rispettare leggi giuste e che al rispetto delle leggi si preoccupa di educare i giovani.
Il paese normale che ha invece in testa Davide Faraone, neo-sottosegretario all’Istruzione, sembra ben diverso, per come emerge dal suo intervento sulle occupazioni ospitato dalla Stampa del 1° dicembre, in cui le elogia come “esperienze di grande partecipazione democratica”, nelle quali si è forgiata una nuova classe dirigente. E soprattutto è assente una qualsiasi idea di educazione dei giovani, ammesso che si ponga questo problema e non quello di come ottenere il loro consenso.
Siamo da tempo abituati a ministri e uomini politici che strizzano l’occhio agli studenti, ora incoraggiandoli — come la ministra Carrozza — a ribellarsi ai genitori e agli insegnanti o a chiedere di avere meno compiti per le vacanze, ora rifiutandosi apertamente — come il ministro Profumo — di prendere provvedimenti per impedire che agli esami di Stato si copi (“non ho — disse — la cultura dei servizi segreti”). E siamo ancora più abituati, da decenni, al loro più completo silenzio sul fatto che gli studenti hanno dei doveri oltre che dei diritti: mai un richiamo alla serietà, alla responsabilità, al rispetto verso i docenti; mai un invito all’impegno e all’accettazione della fatica che lo studio comporta, dato che una scuola integralmente ludica esiste solo nelle teste di astratti riformatori; mai, infine, una condanna chiara e tonda delle occupazioni, alla cui sostanziale legittimazione, sia chiaro, contribuisce purtroppo anche una minoranza di docenti e di presidi, nonché l’atteggiamento benevolo della magistratura e la tolleranza delle stesse forze dell’ordine, che spesso si limitano a dire ai ragazzi di “fare i bravi”.
Ma con l’articolo di Faraone siamo di fronte a un salto di qualità nel livello di inadeguatezza sul piano educativo di chi governa la scuola, dopo che un’inversione di tendenza in senso positivo la fecero sperare sia Fioroni (ripristino di fatto degli esami di riparazione, esami di maturità più seri, norme più severe contro il bullismo), sia la Gelmini (reintroduzione della sufficienza in condotta come condizione per essere promossi). I tanti presidi e docenti seri che per anni hanno fatto il possibile per contrastare le occupazioni, con la fermezza, ma anche attraverso la co-progettazione di incontri con esponenti della cultura, del giornalismo, dello spettacolo, hanno dovuto leggere con sbalordimento che un esponente del governo legittima pienamente, e in termini encomiastici, queste iniziative studentesche proprio nel pieno di un’ondata di occupazioni; le quali, ovviamente, implicano una serie di comportamenti illegali (tra cui l’interruzione di pubblico servizio), espongono le scuole a danni rilevantissimi che verranno pagati dai contribuenti e causano la perdita di giorni e giorni di lezione, anch’essa a scapito dell’erario, e proprio in nome di proteste che fanno dei lotta ai “tagli” una delle loro bandiere.
Inoltre, come fa notare Giorgio Israel in un commento a questa vicenda, a Faraone sfugge “che anche la partecipazione democratica ha senso se si svolge entro regole estremamente rigorose, che rispettino i diritti di tutti”. Infine in tutto il discorso del sottosegretario aleggia un’idea di scuola fredda, distante, noiosa: nel suo ricordo le occupazioni e le autogestioni erano “in alcuni casi più formative delle ore passate in classe”; e che belle quelle notti dentro i sacchi a pelo in “quelle classi che per una volta apparivano calde e umane”.
Anche se alla fine della terza colonna Faraone si ricorda di dire “nessuna istigazione a occupare le scuole, ovviamente” (come se nella comunicazione contassero solo i messaggi espliciti), i ragazzi che occupano il liceo Tasso il messaggio l’hanno capito benissimo: “Condividiamo pienamente le parole del sottosegretario Faraone… e siamo giunti alla conclusione di occupare l’istituto ritenendo questa, appunto, ‘un’esperienza di grande partecipazione democratica’ e di grande sviluppo per la coscienza politica di ognuno di noi”.
Se un esponente delle istituzioni che si esprime in questi termini rimanesse al suo posto, questo costituirebbe un messaggio devastante per la scuola e per l’educazione dei futuri cittadini. Per questo abbiamo deciso che su questo tema non ci si può più limitare al dibattito; c’è bisogno di un gesto che sottolinei la gravità di quello che è successo. Abbiamo quindi avviato una petizione (raggiungibile dal sito del Gruppo di Firenze) per chiedere le dimissioni del sottosegretario Faraone.
Due giorni fa ho avuto occasione di parlarne con un esponente della cultura francese che vive a Firenze. Mi ha assicurato che nel suo paese mai e poi mai un ministro o sottosegretario che facesse un discorso di questo genere potrebbe rimanere in carica. Se per una volta si riuscisse anche da noi a non sottovalutare un comportamento così poco responsabile, che umilia i tanti che operano quotidianamente per una scuola seria, avremmo creato un motivo di speranza nel futuro del nostro paese. Altrimenti, invece di costruire la Buona Scuola, faremo un altro passo verso una Pessima Italia.