Italia e Stati Uniti hanno sistemi educativi diversi e per molti aspetti difficili da confrontare. Tuttavia, l’esempio delle Charter School può fornire indicazioni utili a chiunque voglia aiutare la scuola italiana a uscire dallo stallo in cui giace da troppo tempo. L’elemento più interessante di queste realtà, pubbliche ma indipendenti, è sicuramente la forte autonomia di cui godono: libertà di scegliere gli insegnanti, di personalizzare i progetti didattici, di sperimentare strade alternative per il recupero degli studenti che presentano background familiari e sociali difficili. Autonomia che si accompagna alla responsabilità di rendere conto dei risultati ottenuti sia ai propri utenti che alla collettività.
Libertà e responsabilità sono dunque i fattori chiave di questo esempio di politica educativa di successo. Anche la riforma lombarda del sistema di istruzione e formazione professionale (l.r. 19/07) si basa sugli stessi principi. Nel nuovo sistema, gli enti di formazione pubblici e privati sono stati equiparati attraverso il sistema di accreditamento, che prevede standard di accesso uguali per tutti. Il finanziamento pubblico, poi, è stato assegnato direttamente alle persone tramite lo strumento della dote, che permette loro di usufruire liberamente e gratuitamente dei servizi offerti dai diversi operatori. La Regione non gestisce più direttamente la formazione, ma mantiene un ruolo di governo e regolazione: anche i centri pubblici si sono resi autonomi, assumendo così pieno potere rispetto all’assunzione e al trattamento del personale.
Se uno strumento come quello della dote favorisce la libertà di scelta, una valutazione efficace è indispensabile perché le famiglie possano effettuare una selezione sempre più consapevole. La Lombardia ha avviato la prima sperimentazione di un sistema di valutazione regionale nel campo della formazione, che ha reso pubblici i risultati degli enti in termini di efficacia ed efficienza. Inoltre, sono ormai tre anni che vengono effettuate verifiche degli apprendimenti di tutti gli allievi dei percorsi di prima formazione, per misurare il valore aggiunto ottenuto dagli studenti.
La legge 19 prevede di estendere questo modello anche alla scuola, completando il processo di autonomia degli istituti statali. Alla scuola italiana, infatti, servono più libertà e più qualità per affrontare l’emergenza educativa che attraversa il Paese. Solo in un rapporto con adulti autorevoli i ragazzi crescono: l’assenza di autonomia oggi frustra le energie presenti nella scuola e ostacola lo sviluppo professionale degli insegnanti. Occorre affidare alle scuole la propria gestione economica, la selezione diretta del personale e la possibilità di valorizzare la professionalità degli insegnanti, tramite il riconoscimento economico del merito e l’opportunità di svolgere una carriera interna. In un sistema di vera autonomia, ogni scuola, statale o non statale, propone la propria offerta formativa su un piano di parità; alla famiglia il diritto di scegliere il percorso educativo preferito all’interno di un sistema aperto e competitivo.
Una scuola che unisca autonomia e valutazione è possibile. Esistono leggi regionali, come quella lombarda, che vanno in questa direzione, ma è necessario uno sforzo a livello nazionale perché le esperienze educative di valore – e sono tante in tutta Italia – trovino possibilità di espressione, per il bene di tutti. Sono passati sette anni dalla riforma del Titolo V della Costituzione, che prevede che lo Stato fissi i “livelli essenziali delle prestazioni”, consentendo a ciascun territorio di sviluppare le forme organizzative che meglio rispondono alle sue esigenze. Il rilancio della scuola passa dalla piena attuazione del dettato costituzionale. Non servono riforme calate dall’alto, che cercando di regolare la vita della scuola in ogni dettaglio finiscono per soffocarla (ultimo esempio in ordine di tempo, la gestione del recupero dei debiti), ma occorre riconoscere e sostenere, in un’ottica di vera sussidiarietà, quelle realtà che già accettano la sfida dell’educazione.