Studiare ciò che accade all’interno e al di sotto di un vulcano è possibile ed è sempre più importante se si vuole sviluppare un’adeguata strategia di protezione e mitigazione degli affetti devastanti di eventuali fenomeni improvvisi. È possibile, come ha spiegato Paolo Papale dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e coordinatore del progetto “NEMOH”, perché «un vulcano attivo presenta una serie di segnali che comprendono movimenti del terreno (da rapidi durante i terremoti, fino a lenti o lentissimi durante le fasi di deformazione dell’apparato vulcanico), variazioni nella composizione chimica, nelle caratteristiche fisiche e nel flusso di gas vulcanici, variazioni nel campo gravitazionale, nella capacità delle rocce di condurre segnali elettro-magnetici, ecc. Tali segnali vengono rilevati e misurati dalle moderne reti di monitoraggio vulcanico e possono essere utilizzati per ottenere indicazioni sui processi profondi che li hanno generati».
Ma per impiegare al meglio una risorsa così preziosa è necessario avere tecnici e personale ben preparato e aggiornato sulle più moderne tecniche e strumentazioni disponibili. Ecco quindi la finalità di NEMOH (Numerical, Experimental and stochastic Modelling of vOlcanic processes and Hazard, cioè Modellizzazione numerica, sperimentale e stocastica di processi e rischi vulcanici), un programma finanziato dal settimo programma quadro della Comunità europea e comprendente tredici partner in otto paesi (oltre all’Italia: Irlanda, Uk, Germania, Francia, Spagna, Svizzera, Islanda).
NEMOH è una Marie Curie Initial Training Network, avviata allo scopo di contribuire alla formazione della nuova generazione di vulcanologi europei, cui è richiesta la capacità di operare utilizzando tecniche quantitative avanzate che spaziano dagli esperimenti di laboratorio ai modelli fisico-matematici e simulazioni numeriche, fino ai metodi probabilistici utilizzati per la stima della pericolosità vulcanica e per la valutazione delle incertezze associate. Per questo NEMOH svilupperà un complesso programma di training nell’ambito di una ricerca coordinata in stretta collaborazione tra centri di primissimo piano a livello internazionale, e comprendente l’organizzazione di scuole internazionali e corsi specialistici dedicati.
Si tratta quindi di una formazione nell’ambito di quella che si può definire vulcanologia sperimentale, che Papale spiega così: «I processi che caratterizzano la migrazione dei magmi da regioni profonde della crosta terrestre, fino alla superficie, coinvolgono proprietà e comportamenti estremamente complicati; basti pensare che le pressioni cui sono soggetti i magmi diminuiscono lungo tale tragitto di migliaia di volte, determinando profonde modifiche nelle caratteristiche fisiche del magma fino a portare, in taluni casi, a velocità di risalita di centinaia di km/h durante le eruzioni esplosive. Attraverso la vulcanologia sperimentale vengono riprodotte in laboratorio le condizioni esistenti alle diverse profondità di un sistema vulcanico fino alla superficie terrestre e viene studiato il comportamento dei magmi in tali condizioni».
I processi fisici che avvengono prima, durante e dopo un’ eruzione vulcanica possono essere rappresentati da sistemi di equazioni che esprimono le leggi fisiche fondamentali e il comportamento, spesso molto complesso, dei magmi. L’insieme di queste equazioni costituisce un modello fisico-matematico, che permette di costruire le simulazioni numeriche. «Tali modelli solitamente richiedono un numero enorme di operazioni per essere risolti, e necessitano quindi delle velocità di calcolo offerte dai computer, in particolare dalle architetture di calcolo parallelo. Le soluzioni sono costituite da numeri, che descrivono in ciascuna porzione dello spazio e a ogni tempo considerato, la distribuzione delle grandezze fisiche che caratterizzano i processi studiati (per esempio, pressione, velocità, temperatura, ecc.). Attraverso programmi di visualizzazione tali insiemi di numeri vengono poi trasformati in immagini e filmati che forniscono una visione computerizzata dell’evoluzione dei processi».
Il quadro che ne deriva non dà una previsione magica e deterministica di quanto potrà accadere; è necessario considerare probabilità e incertezze. L’estrema complessità dei processi vulcanici, – osserva ancora Papale – la grande varietà delle condizioni che caratterizzano i magmi all’interno della crosta terrestre, nonché l’impossibilità di osservare direttamente i fenomeni che avvengono in profondità, sono tutte cause di incertezza nella definizione delle quantità e nella valutazione delle possibili evoluzioni del sistema. «Ignorare tali incertezze equivarrebbe a scommettere su un singolo accadimento nel quadro di migliaia o milioni di accadimenti possibili. Ciò evidentemente non è giustificato: al contrario, è necessario valutare tutte le possibili sorgenti di incertezza e combinarle tra loro, attraverso tecniche di analisi statistica e calcolo delle probabilità, fino ad ottenere un quadro probabilistico dei processi attesi; analogamente a quanto si fa in altri campi di ricerca quale ad esempio quello delle previsioni del tempo».
Al progetto NEMOH partecipa anche il Dipartimento della Protezione Civile, che offrirà ai giovani vulcanologi la possibilità di prendere parte, durante periodi di distaccamento presso il proprio centro operativo nazionale, alle attività del Dipartimento nel campo del rischio vulcanico.