Il primo prototipo non funzionante, un salsicciotto teoricamente capace di uscire dal casco, è datato 1995: è la prima idea di Dainese, società italiana leader nel mondo per la realizzazione di abbigliamento protettivo per motociclisti, per portare la tecnologia dell’airbag, quello che comunemente è in dotazione sulle auto, anche in campo motociclistico. Le tradizionali protezioni e cioè corpetti e paraschiena hanno fatto il loro tempo. E’ l’aria la miglior soluzione per proteggere il corpo umano in caso di cadute. D-Air, il primo prototipo funzionante di airbag per motociclisti, senza fili né agganci con la moto, è del 2000 ed è frutto della collaborazione con partner israeliani; era una buona partenza, ma il peso e i costi erano stati giudicati eccessivi, e poi non aveva la capacità di attivarsi in caso di scivolata.
Parte quindi la seconda fase di D-Air, con partner qualificati ai massimi livelli per risolvere gli innumerevoli problemi incontrati. Tra tutti, il Centro Sicurezza Fiat che ha messo in contatto Dainese con le aziende più evolute tra quelle che si occupano di air-bag automobilistici. Le problematiche da affrontare nello sviluppo di D-Air restano tante e particolari. Da una parte quelle normative come le leggi da rispettare, i materiali esplodenti da trasportare e così via; dall’altra quelle più prettamente tecniche legate al nuovo prodotto. Una su tutte: definire la scivolata in un sistema innovativo che non lega il pilota alla sua moto. Perché se l’impatto è facilmente registrabile, nella scivolata non ci sono valori importanti di decelerazione. Occorre studiare la dinamica combinata tra l’uomo ed il veicolo: individuare i parametri, portare tutto il sistema sul pilota. Il D-Air stradale, nella fase attuale dello sviluppo, si attiva soprattutto in caso di impatto e necessita di sensori anche sulla moto. Sul D-Air competizione invece, che è raccolto interamente nella gobba sulla schiena della tuta e quindi più semplice da installare, nulla rimane sulla motocicletta.
Ma Dainese non si ferma qui: la destinazione è Marte. La Nasa sta studiando l’esplorazione del pianeta Marte, progettato per il 2030, ed è nella fase progettuale dei veicoli e dell’attrezzatura degli astronauti che saranno selezionati. Le ingombranti tute spaziali ancora oggi utilizzate, tute pressurizzate con l’apparato specifico sulla schiena, andranno sostituite con tute molto leggere e capaci di garantire la libertà di movimento. Una sfida ambiziosa, nella quale Dainese è stata coinvolta su richiesta del MIT, il Massachusset Intitute of Tecnology di Boston. Nel 2030, quando finalmente il primo uomo metterà piede su marte, probabilmente indosserà una tuta Dainese. Che nulla avrà in comune con quelle che siamo stati abituati a vedere fino ad oggi. Quelle del futuro saranno leggere invece che ingombranti; aderenti invece che goffe. Ed eleganti, c’è da scommerterci. Tecnicamente, per le nuove tute, si tratterà di sostituire alla pressurizzazione pneumatica quella meccanica: realizzare cioè una tuta che sulla Terra, a pressione atmosferica, si presenti normale, ma nello spazio a pressione zero impedisca al corpo umano di espandersi, lasciandogli nel contempo la massima libertà di movimento.