Si stava meglio quando si stava peggio? Alcuni degli interventi nel dibattito sollevato dalle caratteristiche della prova di matematica mi hanno fatto pensare che fosse utile affrontare il tema dell’innovazione ignorando per un attimo i contenuti della prova.
E’ accaduto che qualche professoressa si sia improvvisamente accorta che il mondo era cambiato con 5 anni di ritardo. Avrebbe dovuto leggere le Indicazioni nazionali e tenerne conto in sede di programmazione didattica; di fronte a difficoltà figlie di inadempienze, è naturale che scattino meccanismi di autodifesa.
Cito quelli che mi hanno colpito di più:
Al classico analisi non si fa e gli studenti del classico poi all’università vanno benissimo;
I nostri ingegneri di una volta, che certe cose non le studiavano alle superiori, erano i più apprezzati d’Europa;
Il serbatoio del gasolio sarà mica un modello matematico?
Bei tempi quelli in cui si facevano i problemi con discussione.
Come si fa a pretendere che i nostri ragazzi sappiano affrontare prove su quei contenuti con le poche ore a disposizione per l’insegnamento?
Dobbiamo occuparci di tutti, anche dei Dsa, anche di quelli che da anni vengono mandati avanti a colpi di voti di consiglio.
Le cose da dire sarebbero tante ma la principale, da tener presente, è che nel 2010 c’è stato un riordino del nostro sistema di istruzione superiore e, per quanto riguarda il liceo scientifico, a quello tradizionale (che comunque vede un peso inferiore delle ore di latino e ha più ore di scienza), si è aggiunta l’opzione delle scienze applicate che ha fatto tesoro di due sperimentazioni: quella del liceo scientifico tecnologico (con molte più ore per la didattica in laboratorio) e quella del Pni (piano nazionale informatica) in cui gli studenti facevano le cose degli altri e tanta matematica e fisica in più.
Il fatto di viaggiare per i 70 mi consente di fare un po’ da memoria storica sulla prova di maturità. Ho ancora da qualche parte un vecchio libro della Le Monnier con i testi svolti e commentati dagli anni Venti sino agli anni Ottanta. Sino alla riforma Gentile che la soppresse, negli istituti tecnici esisteva la sezione fisico-matematica dove si dava una formazione scientifica di altissimo livello e i testi delle prove ne sono la testimonianza (altro che problemi con discussione). La scienza italiana condusse una battaglia perdente contro Gentile e il suo modello di liceo con in prima linea il presidente dei Lincei Vito Volterra, Guido Castelnuovo e Federigo Enriques. I temi con la nascita del liceo scientifico si abbassarono di livello e comparvero quelli parametrici di II grado con discussione. A volte ci si metteva un po’ di trigonometria, qualche volta c’era un quesito di analisi interno al problema.
Si andò avanti così sino al 1969 (riforma Misasi) e nel frattempo la discussionite si allargò a macchia d’olio nella didattica (Tartinville, Cartesio, il limite aggiunto quando c’erano espressioni irrazionali, discussioni grafiche con fasci di rette e parabole o circonferenze ottenuti attraverso cambiamenti di variabile).
Usare la geometria analitica era segno di modernità. I temi successivi al ’69 sono rimasti, uguali a loro stessi sino ai mutamenti indotti dalla gestione Berlinguer: tre problemi e una domanda di teoria (di solito penosa). Non hanno mai trovato spazio le proposte che, testardamente, l’Umi (Unione Matematica Italiana) piazzava nei quesiti dei Giochi di Archimede: problem solving, modellizzazioni, iterazioni, algoritmi, lettura di un diagramma, dimostrazioni da inventare.
I tre problemi erano solitamente: uno di massimo e minimo, uno studio di funzione (a volte razionale fratta, a volte polinomiale, a volte goniometrica) con integrale finale, una questione di analitica, ogni tanto compariva qualche relazione da discutere. Negli anni si svilupparono le mode: la fase della trigonometria con largo spazio alle disequazioni, la fase della relazione lineare in seno e coseno o quella di II grado riconducibile in tangente, la fase della geometria solida con gli studenti che andavano in tilt già nel disegnare la figura di impostazione perché nessuno gli insegnava a farlo, la fase delle parabole e del teorema di Archimede. C’era sempre alla fine qualcosa che ruotava e bisogna trovare un’area o un volume. Le prove per il Pni erano più moderne e complesse, ma anche parecchio più difficili. Non provo nostalgia, tranne per pochi casi singoli, per quei tempi.
Oggi il liceo scientifico è un po’ più scientifico: fisica inizia in prima, le ore di matematica del triennio sono passate da tre a quattro, scienze ha preso il posto del latino come materia con il monte ore massimo. Quest’ultimo aspetto marca il primato che le scienze della vita stanno assumendo nel dibattito epistemologico e bioetico prendendo il posto che negli anni Trenta-Sessanta del secolo scorso fu della fisica.
Nell’ambito di quel riordino ci sono due novità importanti: 1) la programmazione didattica si fa a partire dagli obiettivi in uscita descritti nel documento contenente le indicazioni nazionali per tutti i licei e tutte le materie; 2) la distinzione biennio triennio è sostituita da uno schema 2 + 2 + 1 che raccoglie alcune idee molto innovative del dlgs Moratti sull’ultimo anno come anno di sintesi, ricerca, orientamento. In realtà le principali innovazioni previste in quel decreto legislativo mai applicato, sono state lasciate cadere, ma lo schema è rimasto.
Cambiato lo schema si può cambiare l’organizzazione delle cattedre e le possibilità sono molte: separazione di matematica da fisica, superamento della separazione tra primo e secondo biennio, possibilità che il docente di matematica e fisica segua una classe dalla prima alla quinta.
Di sicuro, sia svolta da uno o da più docenti, la programmazione dei cinque anni deve guardare agli obiettivi in uscita e ad essi guarderà anche la stesura delle prove finali. Ho visto, per esempio, un’osservazione di un genitore che affermava che l’esercizio sugli integrali generalizzati relativi alla funzione della distribuzione normale (o gaussiana) sarebbe stato banale (ed è comunque considerato importante) se lo studente di liceo la conoscesse; poi — aggiungeva — non è così.
Lo diceva un genitore che non è tenuto a sapere che le indicazioni nazionali proprio all’ultimo punto affermano: “Lo studente apprenderà le caratteristiche di alcune distribuzioni discrete e continue di probabilità (come la distribuzione binomiale, la distribuzione normale, la distribuzione di Poisson)“.
Ne approfitto per invitare i colleghi ad esaminare con attenzione anche quella di Poisson (nota come distribuzione degli eventi rari) che fu utilizzata da Rutherford per elaborare i dati del famoso esperimento sulla diffusione delle particelle alfa da parte di una lamina d’oro. Intendo l’esperimento di Geiger e Mardsen che portò all’elaborazione del modello nucleare della materia.
Le tre distribuzioni citate sono essenziali negli studi di statistica e di calcolo delle probabilità e vengono costantemente richieste (sul piano operativo) ormai da quasi tutti gli esami universitari delle facoltà in cui si faccia della scienza empirica (sia sul fronte medico sia su quello economico e/o politico). Si dirà, ci pensino gli universitari. Ho esperienza diretta che ci pensano male nella giungla dei crediti, gli studenti imparano quattro cose in vista dell’esame e poi dimenticano. Meglio che se ne occupi il liceo.
Le Indicazioni nazionali proseguono affermando che “In relazione con le nuove conoscenze acquisite, anche nell’ambito delle relazioni della matematica con altre discipline, lo studente approfondirà il concetto di modello matematico e svilupperà la capacità di costruirne e analizzarne esempi“. E così abbiamo sistemato anche il recipiente per il gasolio, che magari sarà apparso bizzarro al punto di portare qualcuno a ironizzare sulla riunione di condominio presieduta da questo strano amministratore, ma di modelli si tratta. Se a qualcuno non piacciono i serbatoi potrà dedicarsi al dimensionamento di una pista da skateboard (tema uscito al Bac lo scorso anno, questa volta con le funzioni logaritmiche).
Vediamo dunque quali sono gli elementi di novità in termini di temi da trattare partendo da una considerazione metodologica posta alla fine delle linee generali in cui vengono enumerati i vari temi. E’ la risposta alla obiezione sul poco tempo: “L’ampio spettro dei contenuti che saranno affrontati dallo studente richiederà che l’insegnante sia consapevole della necessità di un buon impiego del tempo disponibile. Ferma restando l’importanza dell’acquisizione delle tecniche, verranno evitate dispersioni in tecnicismi ripetitivi o casistiche sterili che non contribuiscono in modo significativo alla comprensione dei problemi. L’approfondimento degli aspetti tecnici, sebbene maggiore nel liceo scientifico che in altri licei, non perderà mai di vista l’obiettivo della comprensione in profondità degli aspetti concettuali della disciplina. L’indicazione principale è: pochi concetti e metodi fondamentali, acquisiti in profondità“.
Il secondo problema della prova di quest’anno e la mancanza di complicazioni tecniche sono figlie di questa impostazione: è finita l’era dei tecnicismi.
Nel primo biennio si riduce decisamente il peso dell’algebraccia ed entrano in gioco, accanto agli argomenti tradizionali, un po’ di algebra vettoriale e delle matrici, le funzioni goniometriche, le trasformazioni geometriche e le proprietà invarianti, le funzioni elementari (inclusi moduli e funzioni a tratti) con attenzione alle caratteristiche dei diagrammi, i primi elementi del calcolo delle probabilità.
Se penso alla mia esperienza allo scientifico tradizionale negli anni Ottanta direi che i cambiamenti sono tanti e finalmente trovo il riscontro a battaglie condotte in solitudine sulla riduzione dei tecnicismi e sul valutare gli studenti non a colpi di scomposizioni, sistemi e disequazioni inventati solo per mettere in difficoltà e selezionare nel senso peggiore del termine. Le nuove indicazioni corrispondono alla programmazione di quanto facevo nel Pni (anni duemila) dove ci mettevo, in più, un carico da 90 su logica, teoria degli insiemi e costruzione concettuale degli insiemi numerici.
Nel secondo biennio ricevono una bella sfrondata la geometria analitica di III e la trigonometria di IV. Le cose più rilevanti sono l’insieme dei numeri reali e le problematiche dell’infinito, numeri complessi e loro rappresentazione (algebrica, vettoriale e goniometrica), le coniche dal punto di vista sintetico ed analitico, luoghi geometrici, geometria dello spazio con attenzione a rette, piani e poliedri e solidi di rotazione, equazioni polinomiali, successioni e progressioni, esponenziali e logaritmi in rapporto alle altre discipline (processi di crescita e di equilibrio), funzioni, inverse, rappresentazione delle trasformate di una funzione, tasso di variabilità, elementi di statistica descrittiva (deviazione standard, correleazione, regressione), calcolo combinatorio e probabilità condizionata e composta. Quasi ad ogni argomento, come il prezzemolo, compare il tema dei modelli.
Secondo me, nel secondo biennio, c’è una cattiva distribuzione del tempo; andrebbero anticipati con maggiore coraggio, e se insegnassi lo farei, elementi concettuali di analisi matematica introducendo attraverso i concetti di tangente e area (e i nessi reciproci) gli operatori di derivata ed integrale.
Nel Pni lo facevo in terza ma anticipavo già nel biennio l’abitudine a leggere gli elementi cruciali di un diagramma e i cosiddetti punti critici. Secondo me è il modo giusto di abituare gli studenti alle sottigliezze dell’analisi e, quando affermo queste cose, ripenso sempre al mio incontro con l’analisi epsilon delta al primo anno di fisica. C’era un perito industriale alle prese con le sottigliezze dell’analisi. In pochi mesi dovevi saper apprezzare un nuovo modo di ragionare e contemporaneamente acquisire tutti gli aspetti operativi.
Eravamo in 400 tra fisici e matematici e a giugno ce la facemmo in una quarantina. Nell’apprendimento ci vuole gradualità e mentre le tecniche vanno spalmate nel tempo, alcuni concetti (quelli che hanno introdotto la dinamica entro la matematica) vanno anticipati il più possibile. Tra le altre cose, come ci insegna la storia della matematica, è andata così: prima avanti tutta, poi vediamo se si poteva fare con un approccio che, nella metà del 900, è divenuto quello di Feynman.
Le vittorie dello spirito umano sono tali e così come dopo l’invenzione dell’algebra nessuno si sogna più di risolvere per via geometrica i problemi che portano ad un’equazione o le problematiche sulla proporzionalità, lo stesso atteggiamento dobbiamo averlo nei confronti dell’analisi. Nel farlo è importante utilizzare a pieno le parti dei temi d’esame che possono essere spalmate sui quattro anni. Negli anni Ottanta restavo sempre sconcertato dal fatto che alcune colleghe iniziavano ad occuparsi di temi d’esame a marzo della quinta e parlavano per la prima volta di integrali nel mese di maggio.
Per l’ultimo anno si prevedono riflessioni sulle problematiche dell’assiomatica, lo studio analitico della geometria dello spazio (di qui i quesiti del questionario) e lo studio della analisi (limiti, calcolo differenziale ed integrale, equazioni differenziali) caratterizzato dalla riduzione degli elementi tecnici e di calcolo e dall’attenzione alle applicazioni esterne alla matematica, alla ottimizzazione e all’uso dei modelli. Per ultimo compare il brano citato in premessa sulle distribuzioni.
Per quanto si possano ridurre gli aspetti di tipo tecnico, secondo me, c’è troppa roba tenuto conto che, contemporaneamente, bisogna lavorare alla preparazione della prova scritta finale e la soluzione, come dicevo nei paragrafi precedenti, sta nell’anticipare alcuni concetti in modo di dedicare la quinta a precisazioni e approfondimenti di questioni già predigerite. E’ quello che ho sempre fatto al Pni dedicando l’ultimo anno (sul piano delle novità) all’integrazione, alle distribuzioni e alle equazioni differenziali. L’obiettivo centrale era quello della sintesi di un percorso: richiami, integrazioni tra i diversi argomenti, potenziamento.
E gli analfabeti trascinati? E i Dsa? Lo so benissimo che la personalizzazione dei percorsi è una cosa complicata, ma è anche la soluzione: la valutazione deve essere personalizzata (è una valutazione, non una misurazione). La cosa importante è che nessuno si senta escluso e che gli studenti, tutti, sentano la passione che anima il loro docente. Una volta, alla fine di una seconda, in sede di discussione di bilancio mi hanno detto: “voi non lo sapete, ma noi ci mettiamo 10 minuti per giudicarvi e per capire se vale la pena; ci guardate in faccia? quello che ci raccontate è una cosa in cui credete?”.
Già ma la prova d’esame, con indicatori, descrittori e punteggi, è una prova all’insegna della misurazione. E’ questa la ragione per cui quando si stendono i criteri e le griglie di valutazione, è bene discutere apertamente del come tradurre tutto ciò in una valutazione e di come si debba fissare la soglia di accettabilità.
Termino dicendo ciò che penso della utilità della matematica.
La cultura è bella perché è gratuita e la matematica primeggia in questo; ma allora non importa quel che si fa? Non sono d’accordo per due ragioni: 1) tutte le scienze hanno avuto e hanno una loro dinamica interna; hanno prodotto risultati. Non possiamo prescindere da essi: pensiamo, per esempio, a come sono nati i numeri complessi e cos’hanno prodotto in termini di completezza dell’analisi.
La nostra mente viaggia attraverso processi evolutivi; la mente di un adolescente ha schemi diversi da quelli di un giovane, a sua volta diversi da quelli di un diciottenne. Quando proponiamo qualche cosa dobbiamo pensare al tema del coinvolgimento, all’aspetto ludico, alla sfida, al fatto che se la sistematicità è importante, non necessariamente si deve partire da essa.
Il liceo scientifico ha tra i suoi obiettivi primari quelli di dare una solida base culturale di tipo generale e contemporaneamente occuparsi di conoscenze e competenze basilari in ambito scientifico. C’è una differenza importante rispetto alla formazione tecnica, che conosco perché è stata la mia anche se poi ho prevalentemente insegnato nei licei.
A 70 anni non ho ancora deciso cosa sia meglio. Forse la risposta non esiste, ma mettere gli studenti in grado di avere un buon approccio agli studi universitari, grazie al background, quando i tempi sono molto ristretti e bisogna assimilare rapidamente, mi pare un obiettivo importante. Mi viene in mente quello che mi disse mia figlia dopo l’esame di matematica a veterinaria: ho scoperto solo oggi che ANOVA sta per Analisi della Varianza.
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Sui temi al centro di questo articolo, nei giorni precedenti ho pubblicato sul mio blog:
La matematica – da materia killer ad oggetto d’amore
Meno calcoli e più concetti: la prova di matematica dello scientifico
La matematica non è cambiata ma la prova d’esame sì