Il tema del Meeting di Rimini “La conoscenza è sempre un avvenimento” è quanto di più appropriato possa esserci per il mondo della scuola e in generale per ogni ambito che abbia a cuore l’educazione. Se genitori, insegnanti, studenti potessero tornare dal Meeting portando con sé la consapevolezza critica della conoscenza come avvenimento sarebbe l’inizio di una rivoluzione, sarebbe una bomba innescata in ogni classe cui basterebbe uno scintillio d’umano per esplodere. E’ questo Meeting del 2009 una grande occasione per chi è impegnato nell’educazione, una impressionante possibilità di ribaltare una situazione diffusa che considerando la conoscenza come un processo mentale autonomo fa dell’educazione la cinghia di trasmissione di tale processo, o come sosteneva Pasolini in tempi non sospetti un processo di omologazione. E’ Pasolini infatti a parlare di scuola come luogo “di iniziazione alla qualità di vita piccolo borghese” dove “si insegnano delle cose inutili, stupide, false, moralistiche, anche nei casi migliori (cioè quando si invita adulatoriamente ad applicare la falsa democraticità dell’autogestione, del decentramento ecc.: tutto un imbroglio), tanto che “chi ha fatto la scuola d’obbligo è prigioniero del proprio infimo cerchio di sapere, e si scandalizza di fronte ad ogni novità”.
La cultura dominante considera l’educazione come una questione di tecniche o di regole, nei casi migliori le attribuisce una funzione di comunicazione di verità e di giudizi compiuti da apprendere. Tutto fuorchè un avvenimento, tutto fuorchè un’avventura in cui l’io si lanci alla conquista di sé. L’esito di questo è che i genitori e gli insegnanti sono più preoccupati che entusiasti, più ripiegati sui problemi che lanciati nella vita; per gli studenti è l’oppressione del nulla, giornate e giornate a scuola o di fronte ai libri senza che niente di nuovo accada. E’ la grande noia che si è diffusa tra i giovani grazie ad un impasto perfetto di nichilismo e di moralismo, la grande noia che domina tante ore di lezione deprimendo le energie positive di numerosi giovani. Il titolo del Meeting riecheggia l’esperienza che già è presente dentro il mondo della scuola e dalla quale prende vita un’avventura affascinante, quella per cui educazione e istruzione c’entrano con il desiderio della felicità, come scriveva sant’Agostino al figlio Adeodato nel De Magistro con queste parole: “Al contrario devi ritenere, vorrei, che con questo discorso non ho inteso eseguire un esercizio scolastico […] Direi invece che si tratta della vita felice e immortale, alla quale, con la guida di Dio, cioè della stessa verità, desidero che siamo condotti in un’ascensione proporzionata al nostro debole passo.”
Che la conoscenza sia un avvenimento, è questa l’educazione, è l’umano che scoppia dentro una lezione, che scardina gli schemi della valutazione, che apre l’attenzione ad una pagina da studiare, che dilata l’orizzonte della realtà di fronte a cui si sta. E’ una partenza nuova quella cui l’esperienza del Meeting sfida, è a stare in classe davanti ai propri studenti o a guardare i propri figli non con una idea buona da comunicar loro, ma tutti tesi a cogliere la mossa dell’umano così da seguirla. Questo è l’avvenimento dell’educazione, l’umano che si desta, tanto che un insegnante o un genitore possa andar dietro al contraccolpo che subisce e che lo riporta a sé. Non sono le idee che educano, non sono i sistemi di pensiero né regole morali ben ponderate, è solo l’umano a dar vita all’educazione, e l’umano è se accade. Per questo la questione dell’educazione è semplicissima, consiste tutta nell’essere insegnante o genitore o catechista o allenatore di una squadra di calcio obbedendo all’umano che si intercetta là dove si vive, nell’attimo in cui accade. Vivere il Meeting per un educatore è allora portare dentro le giornate di Rimini l’augurio che Julian Carron ha fatto agli insegnanti il 15 marzo del 2009, quando ha concluso l’incontro con loro dicendo: “Auguro a me e a ciascuno di voi di obbedire alla modalità assolutamente imprevista con cui il Mistero continua a essere presente. Che cosa vuol dire essere disponibili a quello che il Mistero fa? Essere disponibili a riconoscere qualsiasi spunto di novità, di mossa, di vero che troviamo nella carne di chiunque abbiamo accanto. Finisco raccontando un episodio che mi ha riferito un prete che è stato invitato da alcuni nostri amici ad accompagnarli in Terra Santa; è uno studioso dell’Antico Testamento, quindi era l’esperto che accompagnava il pellegrinaggio. Eppure,mentre svolgeva questo compito, vedeva come gli altri erano commossi da quello che succedeva davanti ai luoghi sacri che visitavano, e ne era stupito. E io pensavo: guarda qual è la faccia che il Mistero, la grazia del Mistero, ha per questo biblista esperto: che dà il suo sapere agli altri e il Mistero gli rende cento volte tanto nel volto, nella carne di quelli che ha davanti. Potete immaginare un altro tipo di concretezza della grazia più grande dell’avere davanti volti sconvolti e commossi? Che altra umanità, che altro metodo, che altra cosa più consona, più adeguata può esserci per farci presente il Mistero, che averli davanti commossi?”
Una bella occasione quella del Meeting, l’occasione di riscoprire che si educa solo se si parte dalla mossa umana che accade, una mossa che non possiamo prevedere o programmare, ma solo cogliere nel mentre accade, impegnando tutto di noi nell’obbedirvi, certi che il di più di cultura, il di più di apprendimento, il di più di felicità, il di più d’amicizia scaturisce da lì.
(Gianni Mereghetti)