Caro direttore,
Tornano le prove Invalsi, tornano portandosi dietro le polemiche di questi anni che di fatto hanno evidenziato problematiche che nessuno ha voluto affrontare e su cui sarebbe ora dare qualche chiarimento.
Vi è una posizione aprioristicamente schierata contro le prove Invalsi che è più diffusa di quanto si creda, perché è trasversale agli schieramenti sindacali, e sarebbe ora di superarla, perché per l’appunto è una posizione pregiudiziale che non vuole neanche entrare nel merito della questione. Ma non è questo il problema, le prove Invalsi hanno una loro fondatezza e sono state elaborate in modo professionale. Il problema non è se accettarle o rifiutarle, ma porsi la questione ad un altro livello. Io, che ho da sempre avuto una certa perplessità su questo tipo di prove, vorrei allora proporre alcuni interrogativi sperando che vi sia qualcuno che cominci a prenderli sul serio così da rispondervi. Il mio è solo un semplice tentativo.
1. Il primo interrogativo riguarda il che cosa intendono valutare queste prove. Non è per nulla chiaro, proprio per il modo con cui questi test vengono formulati, non si capisce che cosa vogliano valutare. Al di là delle intenzioni di chi li ha formulati e li formula sembra che i test ondeggino tra due argini: il primo, quello di valutare il livello medio di preparazione degli studenti, il secondo, quello di dare un giudizio sul livello di preparazione che offre una scuola. È un ondeggiamento che crea di fatto confusione, oltre a mettere un sospetto sulla validità stessa della prova. Si dice e ridice che non vi si nessuna intenzione di valutare gli insegnanti, sarebbe interessante capire perché mai, e poi chi ha paura di una valutazione? D’altro canto è ridicola questa rassicurazione degli insegnanti, da una parte perché non è vero che un test simile non li giudichi, dall’altra l’attendibilità del giudizio è piuttosto discutibile, ma sarebbe interessante capirne la natura.
2. Il secondo interrogativo è ciò su cui si poggia il primo, è l’interrogativo su che cosa si possa valutare di un percorso scolastico. È ora di dire a chiare lettere se si possa o no valutare l’insegnamento e quali siano i criteri da mettere in campo. Finiamola di nasconderci dietro argomentazioni vuote e puramente pretestuose, è tempo che chi ha lavorato per elaborare questi test dica in modo esplicito che cosa intende per valutare e dica se si possa valutare il lavoro degli insegnanti, altrimenti a che serve mettere in piedi un meccanismo così sofisticato, che gioca a valutare ma di fatto non valuta?
Siamo ormai alla questione seria di questo sistema, che è stato messo in atto e già verificato e riverificato. Quello che si vuole sapere riguarda la valutazione del lavoro degli insegnanti: la domanda è se sia o non sia possibile. Rispondere a questa domanda è decisivo per quello che si è avviato in questi anni.
3. Il terzo interrogativo riguarda lo scopo pratico di questi test. Servono solo per fare delle statistiche? Le scuole prime in classifica possono mettere i risultati sui loro siti? Oppure c’è un effetto di qualità in più? Che lo si persegua questo effetto in più, e lo si faccia in modo esplicito, altrimenti di fare dei test solo per metterli negli annali della scuola non ne val proprio la pena, meglio altre forme.
Sono tre interrogativi che chiedono di essere presi in considerazione, così che questi test possano o entrare dentro il percorso scolastico come parte di esso (ma allora si dovrebbe farci sopra un gran lavoro!) oppure che senso ha continuare a farli?
In gioco c’è la questione della valutazione, ed è una questione quanto mai seria perché sulla valutazione si gioca sia la serietà dell’insegnamento sia la dignità della scuola.