“Ma se la tecnologia viene dal demonio, cosa fai lì a scrivere dietro a un bellissimo Macintosh per un quotidiano che esiste esclusivamente online?!”
Calma: c’è una bella differenza tra dire che la tecnologia non è neutrale, e dire che è intrinsecamente cattiva. Qui bisogna distinguere bene. Per “neutrale” (“Internet è un mezzo neutrale”) si intendono solitamente due cose. Primo, che Internet non è stato inventato dal demonio. E anche se ci fosse puzza di zolfo, dal momento che ci sono anche tanti bravi scienziati e informatici coinvolti, in ogni caso non è soltanto demoniaco. E quindi non è soltanto cattivo. Se viene usato male, è perché degli uomini lo usano così. Fin qui, tutto bene.
Il problema è che a questo punto si tende a fare un passaggio ingiustificato. Cioè, si tende a pensare che, trattandosi di un “mezzo neutrale”, sarà esclusivamente l’utente a usare la tecnologia. Ma questo non è vero: è anche la tecnologia a “usare” l’utente.
Vediamolo attraverso due esempi. Il cellulare, ovvero l’eliminazione dello spazio. Puoi essere rintracciato ovunque. Ti ricordi quando i rapporti di lavoro erano tendenzialmente circoscritti al luogo fisico del lavoro? E chiamarti a casa era lecito solo nei casi più gravi? Ora si può lavorare ovunque, anche sulla spiaggia, e il risultato è che non c’è più una distinzione tra ufficio e casa. Puoi spegnere, dici? Sì, ma non puoi mica imporre a tutti di farlo. Così ti trovi sul tram, in teatro, in chiesa, se non nel tuo ufficio, spesso in quello di altri. Lo spazio tende a essere una scenografia indifferente per l’esercizio arbitrario della cosiddetta libertà neutrale.
Certe esperienze – la prima gita scolastica lontana dalla famiglia, l’università fuori sede – non sono le stesse, dal momento che ci si può sentire comunque tutti i giorni, e il cordone ombelicale che lega alla casa materna si taglia molto più tardi. Da quando ci sono i cellulari, gli appuntamenti vengono presi in modo molto provvisorio: “poi ci sentiamo quando sei in zona”.
Non tutto ciò è cattivo, ma di sicuro non è neanche “neutrale”. Questi sono cambiamenti profondi nel modo di concepire il lavoro, il legame con i propri cari e il rapporto con lo spazio.
E poi la televisione, ovvero la possibilità di scegliere il mondo (finto) in cui vivere. La disponibilità di molti canali (già con 3 o 4 è vero, figurarsi con i 500 canali di Sky!) fa sì che si possa saltare continuamente da un canale all’altro. Questi passaggi repentini non hanno precedenti: anche il teatro dell’assurdo più estremo non è mai riuscito a realizzare passaggi scollegati come può una qualsiasi persona dotata di telecomando. Questa esperienza rafforza l’idea che il mondo non è innanzitutto “dato”, bensì scelto. Vuoi sentire qualcosa di particolare? Allora scegli un programma che ti farà sentire rilassato, eccitato, impaurito, esaltato, dolcemente sentimentale ecc. Oppure, e molto spesso, non sai cosa vuoi sentire, e allora fai zapping fra i canali, fermandoti per pochi istanti sulle immagini che più istintivamente ti attraggono.
Si potrebbe continuare l’elenco (la macchina, che altera profondamente la struttura delle città; l’orologio, che impone al tempo un arbitrarietà e una astrattezza impressionante; l’email, con la sua velocità e pretesa di velocità…). Voglio però molto semplicemente far vedere con questi esempi che ogni tecnologia porta con sé un mutamento del rapporto con il mondo, una facilitazione di certi aspetti di quel rapporto e una complicazione di altri. Ma ciò è precisamente non neutrale, dal momento che tutto dipende da quali aspetti della vita sono facilitati e quali ostacolati.
La prossima volta la via si inerpica un po’: dobbiamo guardare i fondamenti filosofici della questione.