Il dibattito si è scatenato tra due dei maggiori esponenti in ambito di etica medica che ci sono in America: si tratta di Udo Schuklenk, insegnate e ricercatore della Queen University del Canada nonché vicedirettore del Journal Bioethics e di Gilbert Meilaender, proveniente invece della Valparaiso University dell’Indiana. Il tema riguarda l’eutanasia di neonati nati con gravissime disabilità. Il primo studioso, Schlenk, ha affermato che sostituire l’eutanasia con una sedazione profonda del piccolo paziente sarebbe un gesto che non gioverebbe, anzi andrebbe solo a danneggiare la famiglia e l’entourage che circonda il neonato, compresi i medici e gli infermieri che lo assistono. “Assumendo che un neonato gravemente disabile non abbia nessun espresso interesse nel sopravvivere, è importante invece tener presente ciò che riguarda le altre parti chiamate in causa” sono state le parole dello scienziato, come riportato da BioEdge. Meilaender, invece, ha portato all’attenzione di tutti e del collega il principio della compassione, per cui è compito del personale sanitario accompagnare nella sofferenze e nel dolore – sia fisico che psichico – ogni paziente. Inoltre, ha aggiunto: “se io dovessi dare il giudizio definitivo sulla vita di qualcun altro, diventeri parte di quello che John Locke aveva chiamato il livello inferiore di una Creatura… chi pratica l’eutanasia sta mettendo in atto un’azione che va oltre l’autorità umana”.