Ricercatori, amministrazioni e opinione pubblica si trovano oramai d’accordo sull’importanza del verde pubblico e sulle insostituibili funzioni che questo assolve, ripagando gli alti costi di manutenzione ordinaria e straordinaria e richiedendo a pieno titolo un incremento delle esigue risorse di cui gode nella maggior parte dei centri urbani.
Le condizioni fortemente sfavorevoli in cui le piante devono vivere in città (scarsa qualità, volume ridotto esplorabile dalle radici e compattamento dei suoli, inquinamento, scarso apporto di acqua e nutrienti), i fenomeni di vandalismo o, in qualche caso, le manutenzioni non corrette a causa di potature effettuate fuori stagione o eseguite in modo improprio, obbligano gli alberi a vivere in una condizione di stress perenne e agevolano l’ingresso di patogeni sia direttamente dal fusto, sia dalle radici costrette o da ferite accidentalmente procurate.
Questo non solo può compromettere definitivamente la salute degli alberi, ma può influire negativamente sulla stabilità delle piante stesse, mettendo a grave rischio l’incolumità delle cose o la salute delle persone; basti considerare che nelle principali città dell’Italia settentrionale cadono, ogni anno, numerosi esemplari, con effetti talora molto gravi, soprattutto in conseguenza di eventi meteorici eccezionali, quali forte vento o neve. Da tutto ciò deriva la necessità di elaborare metodiche di indagine e modelli in grado di prevenire gli schianti in ambiente urbano, per limitare i costi di manutenzione straordinaria e per ridurre il rischio di danni a cose o persone.
Le metodologie fino ad oggi utilizzate per la valutazione della stabilità degli alberi e l’apprezzamento delle carie, pur essendo affidabili ed utilizzabili su larga scala, risultano invasive, dispendiose (richiedono personale specializzato e strumentazioni costose) e, soprattutto, tardive, perché la diagnosi concreta di un evento cariogeno avviene quando questo ha raggiunto una soglia di sicuro non curabile. In questi casi, non resta che tenere sotto controllo l’albero, limitando al minimo i rischi di schianti inaspettati.
Dal 2005 la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano sta portando avanti una ricerca finanziata dal Comune di Milano e coadiuvata dalla cooperativa sociale “Demetra” per la valutazione della capacità diagnostica di uno strumento sensoriale, il naso elettronico, nel “captare” la presenza di carie e/o funghi cariogeni nel tronco e nelle radici di alberi in piedi, al fine di diagnosticare in modo preventivo la possibilità di danni al tronco e al colletto, dunque di intervenire quanto prima sulla pianta.
Il funzionamento del naso elettronico si basa sulla capacità dei sensori contenuti in esso di captare la presenza di determinate specie chimiche emesse dai funghi cariogeni o dalla pianta malata, e di dare una risposta univoca sulla loro presenza.
Ogni organismo vivente, infatti, emette un bouquet di aromi particolare e diverso a seconda dello stato fisiologico in cui si trova. La pianta, nelle prime fasi di attacco da parte dei funghi cariogeni, emette un bouquet di aromi completamente differente da quello emesso in condizioni di sanità. Nello stesso modo, funghi cariogeni appartenenti a specie diverse emetteranno aromi totalmente diversi.
La sperimentazione ha fino ad ora portato risultati inaspettati, sia su campioni di legno prelevati da piante malate o inoculati ad arte, sia su alberi malati ancora in piedi, sia prelevando aria tellurica dalla porzione di suolo occupato dalle radici di piante malate. La possibilità di utilizzare il naso elettronico in questo tipo di diagnosi su larga scala, sarebbe una novità assoluta, e rivoluzionerebbe totalmente la valutazione della stabilità delle piante. La metodologia è in effetti totalmente non invasiva (si possono prelevare decine di campioni di suolo o di aria tellurica da una stessa pianta senza per questo arrecarle il minimo danno), operabile da personale non specializzato, e soprattutto precoce.
(Manuela Baietto)