Terminate le prove scritte, fatte le correzioni da parte degli insegnanti, gli studenti si preparano ad affrontare l’ultima prova dell’esame di Stato, il colloquio, sapendo che si giocano molto del risultato finale.
La caratteristica saliente del colloquio è di essere equivoco, e come tale può essere quanto di più meccanico e formale o viceversa l’occasione per uno studente di rendere ragione della sua preparazione, della ricchezza e della genialità di cui consista. Che il colloquio sia o non sia una occasione dipende molto dagli insegnanti, se si mettono o no nella posizione di andare a cercare il meglio di ogni candidato, ma gli studenti possono giocarsi da protagonisti la partita. Devono prepararsi a farlo usando intelligentemente il tempo a loro disposizione per gli ultimi ripassi.
Che cosa è importante tenere in considerazione in questi momenti in cui sembra di essere di fronte ad una impresa impossibile, quella di sapere tutto ciò che è stato insegnato in un anno? Più uno studente si sofferma sulla vastità dei programmi svolti più rischia di andare in tilt, di smarrire anche quello che sa. Per questo deve guardare al colloquio cercando di cogliere che tipo di occasione sia e prepararsi a tentarla con tutta l’intelligenza di cui dispone.
Innanzitutto il colloquio è un’occasione per mettere in gioco un approccio personale alla conoscenza. Partire da un argomento scelto dallo studente non è solo iniziare con qualcosa che si dovrebbe sapere, è molto di più, è la possibilità che si offre ad ogni studente di comunicare qualcosa che c’entra con lui, un argomento che la passione ha spinto ad approfondire, a rielaborare, a giudicare. Come uno studente si metterà a raccontare la sua tesina è decisivo: in quell’argomento scelto si capirà se dentro lo studio avverta o meno una possibilità di diventare uomo. Le tesine presentate ormai da anni al colloquio sono un’arma a doppio taglio: possono essere la zavorra che fa precipitare nella mediocrità, e lo sono le tante preconfezionate che uno studente è andato a catturare su internet e che lo condannano a perdere un’occasione; ma possono anche essere il momento in cui uno studente sa dimostrare agli insegnanti che ha studiato per sè, che magari non sa tutto, non sa molto, ma che quello che sa è per lui fonte di gusto e di soddisfazione perché interessa la sua umanità.
Per questo ogni studente sappia prepararsi a questo momento iniziale del colloquio con la coscienza che può portare qualcosa di più importante e decisivo dell’argomento da cui inizierà il colloquio: può portare se stesso!
Se questo è il primo accorgimento da avere, vi è un secondo aspetto da tenere in considerazione. Sono inutili i ripassi di tutte le discipline per filo e per segno, un impegno spropositato a cercare di colmare le lacune di una preparazione che dovrebbe essere totale. Non è nemmeno lo scopo dell’esame di Stato quello di verificare che uno studente sappia tutto. L’esame, se impostato correttamente, ha un’altra finalità, quella di andare a vedere se uno studente sia o non sia capace di un approccio sintetico alle diverse discipline. Così ci si prepara all’esame, con un lavoro di sintesi, sapendo cogliere i punti nevralgici di ogni oggetto di conoscenza. Del resto questo è essere maturi, non sapere tutto, ma sapere ciò che è essenziale.