In questo percorso non è più eludibile la questione docente che al contrario va ripresa e rimessa al centro dell’agenda politica. Il servizio scolastico ha bisogno di insegnanti competenti e motivati, capaci di costruire ambienti didattico-educativi qualificati, in grado di interagire con i nuovi bisogni degli studenti e con contesti sociali sempre più esigenti. C’è bisogno di nuove competenze organizzative, tecnologiche, relazionali, progettuali, che vanno formate e diffuse tra tutti i docenti, ma anche curate da alcuni di essi con funzioni di responsabilità riconosciute. E’ necessario irrobustire il profilo professionale del docente, ridefinendone il perimetro, fino a prefigurare l’idea di uno sviluppo di carriera che non sia legato agli automatismi dell’anzianità di servizio (come avviene da oltre 40 anni), ma al riconoscimento di competenze e qualità didattiche progressivamente maturate e certificate. Prevedere articolazioni del profilo docente allo scopo di incentivare nuove competenze e di presidiare funzioni vitali per la scuola dell’autonomia: è urgente profilare un repertorio di figure intermedie, di sistema, di staff (middle management).
Sono convinto, inoltre che il benessere personale e professionale dei docenti sia un fattore essenziale della qualità del servizio scolastico e possa influenzare in modo molto rilevante il benessere futuro del paese. Tuttavia, il benessere professionale dei docenti non può ridursi a un aumento indiscriminato delle loro retribuzioni, che nega il merito e la diversità delle responsabilità e dell’impegno. Esso richiede invece che le diversità esistenti siano riconosciute, in termini economici e di status, facendo uscire il lavoro del docente dal “grigiore” dei trattamenti indifferenziati che possono deprimere le motivazioni e addirittura essere di ostacolo per attrarre i migliori talenti nella scuola.
Devo dire che quel poco di buono che era stato paventato dalla legge 107/2015 è stato forse completamente archiviato dal nuovo Ccnl sottoscritto l’8 febbraio scorso. La politica non ha avuto il coraggio di proseguire con determinazione sulla strada del riconoscimento giuridico, dell’apertura ad una carriera integrata, del riconoscimento economico, della valorizzazione del merito dei docenti. Ruoli e incarichi funzionali saranno ulteriormente mortificati dal fatto che la metà della somma destinata alla valorizzazione del merito del personale docente è stata utilizzata per incrementare gli aumenti tabellari (circa 12 euro) di tutto il personale docente. Il nuovo contratto, oltre a dimezzare le risorse del bonus per la valorizzazione del merito dei docenti, ha anche depotenziato il potere dei dirigenti scolastici nell’assegnazione: ora le decisioni sono collegiali e i criteri generali saranno materia di contrattazione decentrata. Sembra proprio che sia stato riequilibrato a favore della contrattazione il rapporto tra le fonti (leggi e contratto) che disciplinano il rapporto di lavoro. E’ evidente che ancora una volta è stato preferito l’aspetto quantitativo, rimandando sine die la valorizzazione della professione docente. Eppure è risaputo che la scuola ha bisogno di figure stabili dell’organigramma su cui investire in termini di formazione, responsabilità con riconoscimenti professionali ed economici. Speriamo ci siano ancora i margini per un ripensamento.
(2 – fine)