É iniziata ieri la prima Settimana Europea delle Astroparticelle, promossa nell’ambito dell’Anno Internazionale dell’Astronomia dai vari enti attivi nel settore. La Fisica Astroparticellare è da pochi decenni una nuova branca delle Scienze Fisiche. Il lettore si chiederà cosa hanno in comune le Particelle Elementari, i costituenti più elementari della materia, e l’Astrofisica, che studia la costituzione e le proprietà del Cosmo. Per comprendere la connessione fra queste due realtà, che sembrano così lontane fra loro, bisogna prendere in considerazione alcune proprietà delle Particelle Elementari e rifarsi all’origine dell’Universo.
Le Particelle Elementari, che sono all’origine della materia e costituiscono il mondo subnucleare, sono circa 200, ma di esse solo tre sono stabili e una vive relativamente a lungo. Le particelle stabili sono: l’elettrone (responsabile dei fenomeni elettromagnetici), il protone (che insieme al neutrone forma i nuclei), il neutrino (che non si accoppia con la materia strutturata). Il neutrone invece vive un migliaio di secondi, trasformandosi in un protone più un elettrone.
Le altre particelle vivono molto poco: da poco più di un miliardesimo di secondo a un miliardesimo di un miliardesimo di un miliardesimo di secondo. Si dice che le particelle “decadono” in altre particelle. Queste ultime decadono a loro volta fino a che, alla fine della catena, si trasformano nelle quattro particelle summenzionate: protone, neutrone, elettrone, neutrino.
Ci si chiederà qual è la funzione delle particelle instabili e come facciamo a sapere se ci sono (lo scienziato Rabi, scoprendo una delle prime particelle instabili, uscì con la famosa frase «Who ordered it?»).
Nel complesso mondo subnucleare esistono, come in tutta la natura, delle regole ben precise, che possono essere rappresentate in modo matematico. Se non si capiscono tali regole, non si può comprendere come funziona la materia e in tale comprensione le particelle instabili svolgono un ruolo fondamentale. Il modello teorico che spiega abbastanza bene le proprietà della materia a livello nucleare e subnucleare, il cosiddetto Modello Standard, non potrebbe esistere senza la conoscenza delle particelle instabili.
Ma tutto ciò cosa ha a che vedere con il Cosmo? Il modello cosmologico attualmente più accreditato ipotizza che l’origine dell’Universo sia avvenuta attraverso l’evento del “Big Bang”. Una quantità di materia estremamente condensata e quindi con altissima densità di energia (ricordiamo la famosa relazione einsteiniana fra massa ed energia: E=mc2, ove c è la velocità della luce) esplose proiettando nello spazio energia raggiante ed energia di massa. In questo evento vennero prodotte una grande quantità di particelle elementari, stabili ed instabili. Queste ultime decaddero via via dando luogo a protone, neutrone, elettrone, neutrino. Le prime tre formarono poi i nuclei e gli atomi, creando la materia, mentre il neutrino rimase disaccoppiato. Poiché il neutrino ha scarsissime probabilità di interagire con la materia, esso rimase nello spazio costituendo un residuo fossile del “Big Bang”. L’Universo infatti contiene 300-400 neutrini per centimetro cubo.
Ma come facciamo noi ora a studiare le particelle instabili, prodotte nei primi istanti della vita dell’Universo e poi immediatamente decadute? Semplicemente (si fa per dire) creiamo negli acceleratori di particelle dei “Little Bang”, cioè attraverso particelle accelerate ad alta energia cinetica creiamo in un tempo piccolissimo ed in uno spazio piccolissimo (dell’ordine di un decimillesimo di miliardesimo di centimetro) una densità di energia simile a quella presente al tempo del Big Bang. In tal modo produciamo le particelle instabili e attraverso sofisticati rivelatori, le studiamo prima che esse decadano.
Un altro modo per studiare le particelle è quello di analizzare i prodotti di raggi cosmici, particelle altamente accelerate che, provenendo dal Cosmo, raggiungono la Terra. Esse producono a loro volta delle particelle negli alti strati dell’atmosfera.
Le particelle che ci raggiungono in Terra o sono stabili o hanno tempi lunghi di decadimento. Il meccanismo di produzione dei raggi cosmici non è stato ancora individuato in modo chiaro.
Le particelle elementari e il loro modo di accoppiarsi con la materia sono una componente molto importante per comprendere il funzionamento delle stelle e ovviamente della stella a noi più vicina, il Sole. In questo contesto i neutrini ricoprono un ruolo fondamentale. Nel Laboratorio sotterraneo del Gran Sasso ed in altri laboratori sotterranei esperimenti sofisticati studiano i neutrini emessi dal Sole. Il più avanzato è attualmente l’esperimento Borexino installato nei Laboratori del Gran Sasso.
Ma ci sono altri aspetti che coinvolgono le particelle e il Cosmo. Uno di questi è la cosiddetta “Materia Oscura”. I corpi celesti che irradiano emettendo vari tipi di radiazioni, comprese quelle dello spettro visibile, sono circa il 2,5% della materia presente nell’Universo. Ma il comportamento delle Galassie sotto gli effetti della forza gravitazionale rivela che tali forze hanno intensità maggiore di quello che dovrebbero avere sulla base della materia conosciuta dallo studio dell’emissione di radiazioni, denunciando quindi la presenza di altra materia che è stata chiamata appunto Materia Oscura. Questa presenza viene evidenziata anche da altri fenomeni, come le lenti gravitazionali, e da alcune caratteristiche della storia dell’evoluzione del Cosmo.
La Materia Oscura dovrebbe rappresentare circa il 28-30% della materia (e ugualmente dell’energia) presente nell’Universo (il rimanente 68% circa è rappresentato da un’energia completamente sconosciuta: l’Energia Oscura).
Le ipotesi più accreditate sulla Materia Oscura considerano che tale Materia sia diffusa e rappresentata da particelle elementari che, pur avendo delle caratteristiche un pò diverse da quelle che noi studiamo quotidianamente, obbediscono pur tuttavia a forze e regole proprie delle Particelle Elementari. Fra queste una possibilità è l’esistenza di un neutrino massivo, cioè con massa consistente, mentre il neutrino che noi conosciamo dovrebbe avere massa piccolissima, di svariati ordini di grandezza inferiore a quelle dell’elettrone.
Molti esperimenti sono in funzione o sono in preparazione per rivelare l’esistenza di particelle del tipo di quelle ipotizzate per spiegare la Materia Oscura. Se esse sono presenti nell’Universo dovrebbero arrivare anche sulla Terra, come avviene per i raggi cosmici. Fino ad ora l’unico segnale, che potrebbe essere interpretato come Materia Oscura, è stato ottenuto da un esperimento in funzione nel Laboratorio del Gran Sasso: DAMA/LIBRA. Tale segnale, per essere considerato come dovuto a componenti della della Materia Oscura, deve essere confermato da almeno un altro esperimento, completamente indipendente, secondo il paradigma del Metodo Scientifico.
Questi sono solo alcuni aspetti della sinergia fra Fisica delle Particelle e Astrofisica. La Fisica Astroparticellare sta sviluppandosi molto in questi anni sia per il grande interesse della tematica sia per le difficoltà che attualmente sta incontrando la Fisica delle Particelle agli acceleratori, a causa sia del costo degli acceleratori stessi, sia delle dimensioni e della complessità degli esperimenti.