Sollecitato dagli articoli di Giuseppe Bertagna apparsi di recente su questo giornale, proverò a raccontare qual è la realtà scolastica nel Canton Ticino, dove insegno da alcuni anni, per offrire un termine di confronto rispetto alla situazione del liceo italiano. Occorre innanzitutto tenere presente che il Ticino è una realtà geograficamente esigua rispetto all’Italia: la sua superficie (2.812 kmq) è poco più di un decimo di quella lombarda (23.860,62 Kmq), con una popolazione di circa 330.000 abitanti (a fronte dei quasi dieci milioni della Lombardia). Inoltre, come ciascuno dei ventisei cantoni svizzeri, esso è una repubblica della Confederazione Elvetica, che perciò gode di autonomia in materia di istruzione e formazione; questo fa sì, tra l’altro, che la Confederazione abbia ventisei sistemi scolastici indipendenti tra loro.
Dunque, in Ticino dopo cinque anni di scuola elementare, l’obbligo formativo prevede quattro anni di scuola media. Rispetto al sistema italiano, c’è lo svantaggio che un ragazzo vivace e curioso intellettualmente rischia più facilmente di annoiarsi, e che un altro, per nulla interessato alla scuola, deve sopportare un anno in più rispetto al suo coetaneo d’oltre confine. Per ridurre questo pericolo, alcune materie (matematica, tedesco) possono essere frequentate al livello “base” oppure a quello “attitudinale”. C’è però anche un’altra profonda differenza, e cioè che l’obbligo scolastico si conclude all’età di quattordici anni.
Dopo la scuola dell’obbligo, il Ticino offre un’ampia e variegata gamma di possibili percorsi formativi di base, quali (cito dal sito: http://www4.ti.ch/decs/ds/uosp/cosa-facciamo/scuola-media-e-poi/): “la formazione professionale di base in azienda (il tirocinio duale con datore di lavoro) [in cui i tirocinanti iniziano a essere pagati], le scuole professionali a tempo pieno (scuole di arti e mestieri, scuola di arte applicata; scuole medie di commercio, scuola specializzata per le professioni sanitarie e sociali, scuola medico tecnica), la formazione medio superiore (liceo e SCC [ossia Scuola Cantonale di Commercio]) e i differenti tipi di maturità che è possibile conseguire”, oltre alla “passerella”, cioè l’anno supplementare che consente, a chi abbia conseguito l’attestato della Scuola di Commercio, di ottenere anche la maturità liceale.
Una scelta così ampia è vantaggiosa in due sensi: il primo è che un adolescente non si sente socialmente inferiore se non frequenta il liceo, poiché anche agli altri percorsi è riconosciuta pari dignità, sia rispetto ai futuri sbocchi professionali, sia a livello di mentalità comune. Il secondo è che chi voglia iscriversi al liceo è tendenzialmente più disposto a impegnarsi col percorso di studi prescelto, avendo anche molte altre buone (e redditizie) alternative a disposizione.
Ovviamente, non è che il liceale ticinese medio sia un mostro di diligenza e di dedizione allo studio; però è vero che il liceo gode ancora di un certo prestigio. Non bisogna dimenticare, inoltre, che l’accesso al liceo è vincolato al conseguimento, nella pagella conclusiva della quarta media, di una determinata media nel profitto (non elevata, ma comunque discreta).
Un sistema così articolato si sorregge grazie al legame virtuoso con il mondo del lavoro; chi consegue una formazione non liceale trova infatti molto spesso un impiego, ad essa corrispondente, nel breve periodo. Vi sono poi svariati percorsi formativi professionalizzanti non canonici (seguiti, ad esempio, a un primo abbandono del liceo); chi volesse farsene un’idea può utilmente consultare il progetto europeo, curato per la Svizzera dalla società non profit Seed, a questo indirizzo, dove si trovano anche alcuni brevi video in cui gli intervistati raccontano il loro cammino dagli studi al lavoro.
Il percorso liceale è anch’esso quadriennale, così che si consegue la maturità all’età di diciotto anni. Quanto al piano degli studi, non è prevista una bipartizione in biennio e triennio; bisogna invece scegliere un’opzione specifica all’interno di un tronco comune (greco; lingue straniere, tra cui figura anche il latino; fisica, matematica, biologia e chimica; economia e diritto). Tale opzione implica che ad alcune materie sono dedicate più ore (così, ad esempio, chi sceglie matematica, segue, oltre alle lezioni con gli altri compagni, anche due o tre ore extra per trattare argomenti avanzati).
A ciascuna materia è inoltre attribuito un coefficiente da 3 a 1, in modo che la media del profitto sia ponderata rispetto ai coefficienti (il più alto, 3, è riservato a italiano, alle opzioni specifiche e alla matematica, oppure a una lingua). Il carico orario ammonta a quasi quaranta ore settimanali, con lezioni dal lunedì al venerdì fino alle cinque del pomeriggio (si veda ad esempio il piano degli studi del Liceo Cantonale di Bellinzona).
Ne risulta che il numero complessivo di ore di un liceo quinquennale italiano e di uno quadriennale ticinese (tra licei cantonali e privati, si tratta di una decina di scuole) è pressoché il medesimo, ma con le evidenti differenze in termini di qualità dell’apprendimento che ognuno può ben comprendere da sé. La formazione differenziata prosegue anche dopo il conseguimento di un primo diploma di base: vi sono infatti (cito ancora dal primo sito di cui sopra) “gli iter di studio presso le scuole specializzate superiori (SSS), le scuole universitarie professionali (SUP) e le università in Ticino”, nonché nella Svizzera francofona e germanofona.
Tornando alla situazione italiana, varrebbe la pena di adottare nel sistema di istruzione del secondo ciclo la durata quadriennale dei percorsi formativi? Il confronto con la realtà ticinese mostra che una tale modifica richiederebbe, in ogni caso, un previo, e ben assestato legame con il mondo universitario e del lavoro. La semplice riduzione di un anno del percorso liceale, senza che ad essa corrisponda l’effettiva possibilità di trovare un impiego, oppure di laurearsi poi nei tempi debiti, produrrebbe soltanto un accumulo di disoccupati di un anno più giovani di quelli attuali. Se non ricordo male, anche il fatidico bachelor universitario triennale fu introdotto per anticipare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro; ma con quali risultati, lo vediamo bene adesso.
Da un punto di vista strettamente culturale, invece, il liceo può di certo essere ridotto a quattro anni; è così in Svizzera, come in altre nazioni europee. La radice del problema, però, è sempre la stessa: dipende da che cosa si vuole ottenere. Per offrire a un giovane una formazione spiccatamente umanistica, che metta al centro lo sviluppo di capacità critica, cioè di pensiero, legata soprattutto alle discipline umanistiche e alla matematica, un percorso quinquennale, strutturato in biennio e in triennio, è assolutamente ineguagliabile. Per altri percorsi, quattro anni possono bastare (fino a una quindicina d’anni fa, ad esempio, tale era il liceo artistico). Ipoteticamente, si potrebbero preservare alcuni – pochissimi – percorsi quinquennali, e renderne altri quadriennali.