Durante una trasmissione televisiva Gene Gnocchi ha accostato l’immagine di un maiale che grufola nella spazzatura sparsa per le strade di Roma a quella di Claretta Petacci, la compagna di Benito Mussolini, uccisa in modo barbaro insieme con il suo uomo e altri esponenti del fascismo in piazzale Loreto. Le polemiche che sono seguite hanno condotto molti a rievocare quelle drammatiche vicende. Pochi sanno però che in quella giornata di violenza l’unico gesto di pietà umana fu compiuto da don Giuseppe Pollarolo, sacerdote piemontese appartenente all’Opera don Orione. Fu lui infatti che, facendosi largo tra la folla, coprì il corpo straziato e nudo della Petacci con una specie di spolverino che portava sopra la veste da prete. Il sussidiario ha già ricordato questo fatto in un articolo del 2015.
Ma non è solo tale gesto che rende straordinaria la figura di questo prete. Don Pollarolo fu membro rispettato e attivo della resistenza. Fu prigioniero dei fascisti e liberato dai partigiani. Non prese mai le armi, ma portò con sé sulle montagne, oltre al breviario, una piccola cinepresa, con la quale filmò la vita e le azioni dei partigiani.
Questa sua opera di documentazione è eccezionale. Anche grazie a lui oggi possediamo immagini di vere azioni di guerra, ma soprattutto della vita quotidiana delle formazioni della resistenza. Perché quegli uomini, oltre a combattere, vivevano assieme, mangiavano, discutevano e, sotto la regia, per la verità un po’ incerta, di questo intraprendente sacerdote, trovavano anche il tempo per realizzare piccole fiction. Nei cortometraggi di don Pollarolo le immagini di autentici episodi di guerra sono montate insieme a ricostruzioni sceneggiate. Con la sua cinepresa don Pollarolo filmò le rare sequenze di Duccio Galimberti, principale esponente della resistenza piemontese, e di Aldo Gastaldi, da tutti conosciuto come Bisagno.
Gastaldi fu partigiano ligure, cattolico, figura di grande spessore umano, morto pochi giorni dopo la liberazione in circostanze non ancora ben chiarite (chi volesse approfondire la sua storia lo può fare cercando un bel documentario realizzato dal regista Marco Gandolfo). Le immagini del volto di Bisagno — fiero, aperto, nel quale si leggeva forza ma anche giustizia — sono un’eredità preziosa, che dobbiamo a don Pollarolo.
Dopo la guerra il sacerdote piemontese restò fedele al suo ideale di vita e fu parroco in un quartiere operaio di Torino. Morì nel 1987. Su Youtube si può vedere una delle sue rare interviste. E sul web si trovano molte delle sue parole. Tra tutte, quelle che pronunciò il 29 aprile 1945 dai microfoni di Radio Milano Libera: “Lasciate che questo povero cappellano vi dia la parola d’ordine per la ricostruzione: collaborate tutti in uno sforzo intelligente, onesto e libero per tradurre in legge l’amore predicato dal nostro Signore Gesù Cristo”. Le possiamo capire parole del genere oggi?