Sabato scorso a Milano si è dato fuoco un insegnante di 49 anni, da tempo depresso per motivi non legati alla propria situazione economica. Sono molti gli insegnanti che soffrono di depressione. Situazioni di grande sofferenza, latenti, che spesso si ripercuotono con gravi conseguenze sui familiari e sugli alunni, o, come nel caso di P.S., sull’incolumità dei diretti interessati. Ilsussidiario.net ne ha parlato con Vittorio Lodolo D’Oria, medico e specialista di disagio mentale professionale (Dmp) negli insegnanti. “Nei miei studi sulle inidoneità degli insegnanti per motivi di salute si perveniva alla conclusione che nel 70-80% dei casi la diagnosi medica è di tipo psichiatrico” afferma Lodolo d’Oria.
Dottore, lei come ha visto questo gesto?
Si tratta di un gesto figlio di una profonda disperazione che non sembra però imputabile a fattori economici o a delusione amorosa. L’uomo è un insegnante, appartiene cioè alla categoria professionale più esposta ai disturbi psichiatrici a origine professionale. L’insegnamento è una helping profession che causa usura psicofisica: probabilmente è in questo senso che si potrebbero ricercare le cause del folle gesto.
Di cosa si ammalano veramente gli insegnanti?
Nei miei studi sulle inidoneità degli insegnanti per motivi di salute si perveniva alla conclusione che nel 70-80% dei casi la diagnosi medica è di tipo psichiatrico. Risultati in linea con Francia e Regno Unito: la categoria professionale più esposta al rischio suicidario è quella docente. In Italia invece facciamo finta di nulla limitandoci a riconoscere agli insegnanti la causa di servizio per le disfonie croniche e non per le psicopatologie che sono cinque volte più frequenti.
Nel suo studio più recente sull’inidoneità lavorativa (ottobre 2012) si legge che “la categoria professionale docente è quella a maggior rischio di suicidio in Francia (2006), mentre in Inghilterra presenta un rischio suicidario del 40% superiore a quello della popolazione generale (dati 2012 della National Union Teacher). Gli altri Paesi membri della Ue non rilevano dati in merito al suicidio degli insegnanti”. Esiste un nesso causale tra la professione docente e la psicopatia?
Mentre l’opinione pubblica continua a nutrirsi di infondati stereotipi sui docenti, istituzioni, sindacati e ambiente scientifico si voltano dall’altra parte per non affrontare uno spinoso problema che chiede il riconoscimento ufficiale per poter vedere avviato un serio programma di prevenzione. Il quale, come è ovvio, richiede un adeguato allocamento di risorse.
Il neo premier Matteo Renzi ha inaspettatamente messo la scuola al primo posto tra le priorità del suo mandato istituzionale e ha affermato di voler ridare dignità ai docenti. Quali scelte politiche occorrono urgentemente, dunque?
Spero che Renzi non si limiti ai proclami. Restituire dignità ai docenti significa occuparsi della loro salute riconoscendo le loro patologie professionali e attuando la prevenzione. Invece nel nostro Paese sono state fatte cinque riforme previdenziali dal 1992 senza mai prima effettuare una valutazione sulla salute dei docenti. Il risultato è di fronte ai nostri occhi, e non si pensi che il problema riguarda solo le patologie psichiatriche, poiché la seconda emergenza contempla l’elevato rischio oncologico per gli insegnanti dovuto al fatto che lo stress cronico comporta immunodepressione.
Cosa dovremmo fare?
In Italia nessuno si preoccupa di monitorare periodicamente la salute psicofisica dei docenti, controllando le loro condizioni come avviene in Francia. Il sistema nazionale di sanità, ma anche quello regionale, sembra non vedere il problema.
Nemmeno in sede di prevenzione?
Dal punto di vista della prevenzione del rischio oncologico nessuno si è mai preoccupato di aggiornare i dati riguardanti i docenti donne (ad esempio abbassando l’età dei controlli dello screening mammografico), considerato che vanno soggette soprattutto quelle in età perimenopausale e sono ormai più dell’ 80% del personale in servizio.
Sempre Renzi ha fatto cenno alle sue tabelle Excel per organizzare proficuamente il suo lavoro. Come realizzerebbe lei, che ne ha preparate parecchie sulla delicata questione delle patologie degli insegnanti e sull’ignoranza dei loro datori di lavoro, l’intervento sinergico tra scuola e sanità a tutela della classe docente?
Un serio piano di prevenzione si dovrebbe articolare su tre livelli: informazione dei docenti su rischi professionali e modalità per affrontarli; formazione dei dirigenti scolastici sulle loro incombenze medico-legali nel tutelare la salute dei docenti e l’incolumità dell’utenza; analisi epidemiologica accurata delle patologie professionali dei docenti. Lo sostengo da quasi 20 anni, ma sono una Cassandra inascoltata.
(Anna Di Gennaro)