È una semplice ma significativa coincidenza: nello stesso giorno in cui Mariastella Gelmini ha presentato il proprio “programma” ministeriale alla Commissione Cultura della Camera, il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, premiando i migliori studenti delle scuole superiori in matematica e informatica, è tornato ancora a ricordare la gravità del ritardo degli studenti italiani rispetto alla media dei Paesi Ocse. «Più volte – ha detto Draghi – ho sostenuto l’importanza del capitale umano nella crescita e nello sviluppo sociale e per noi la valorizzazione del merito è molto importante».
Valorizzare il merito: un tema che la Gelmini ha già fatto proprio ancor prima di diventare ministro, con la proposta di legge, da lei presentata lo scorso febbraio, dedicata all’introduzione del merito nella Pubblica Amministrazione e nella scuola.
E su questo è tornata ieri, indicando quelli dovrebbero essere i tre pilastri su cui poggerà l’azione del suo ministero: il merito, appunto (che è «una delle più alte forme di democrazia» e per il quale serve in Italia «una rivoluzione culturale»); la valutazione (che «deve essere sia degli studenti che dei professori»); l’autonomia (valorizzando «la governance degli istituti e dotandola di poteri e risorse adeguate»).
Il tema valutazione dei professori, però, viene dal ministro subordinato a un’altra urgenza: la necessità di alzare gli stipendi degli insegnanti. Per il ministro «questa legislatura deve vedere uno sforzo unanime nel far sì che gli stipendi degli insegnanti siano adeguati alla media Ocse». E per spiegare il motivo della priorità, il ministro passa in rassegna i dati relativi agli stipendi negli altri Paesi: «Non possiamo ignorare – ha spiegato – che lo stipendio medio di un professore di scuola secondaria superiore dopo 15 anni di insegnamento è pari a 27.500 euro lordi annui, tredicesima inclusa. Fosse in Germania, ne guadagnerebbe ventimila in più. In Finlandia sedicimila in più. La media Ocse è superiore a 40.000 euro l’anno», ha concluso Gelmini.
Un invito che il ministro per l’Innovazione e la Pubblica Amministrazione Renato Brunetta accoglie subito con entusiasmo: «Benissimo – il suo commento –; bisogna aumentare le retribuzioni degli insegnanti che sono una risorsa fondamentale del Paese. Bisogna aumentare la loro produttività, le loro competenze e il loro capitale umano. Dobbiamo avere gli insegnanti più bravi e più pagati d’Europa e attualmente non è così». Subito placata l’ipotesi di una Gelmini in contro-tendenza rispetto a Brunetta, e alle sue “strigliate” ai fannulloni.
Altro capitolo della relazione del ministro è la necessità di una certa “tranquillità” normativa per la scuola. Nessuna nuova riforma, quindi, per il sistema scolastico, ma «modifiche legislative solo dove è strettamente necessario: cercherò di contenere l’irresistibile tendenza burocratica a produrre montagne di regolamentazione confusa e incomprensibile, cercherò di favorire l’adozione di criteri generali e indicazioni nazionali leggibili, evitando la metastasi delle norme di dettaglio». «Cercherò soprattutto – ha sottolineato concludendo – di preservare e mettere a sistema quanto di buono fatto dai miei predecessori. Per questo motivo non ho avuto tentennamenti rispetto alla cosiddetta “circolare Fioroni” sul recupero, attraverso prove supplementari, dei debiti scolastici».
Convergenza con il programma del Partito democratico, poi, «sulla necessità di avviare “una vera e propria carriera professionale degli insegnanti, che valorizzi il merito e l’impegno”, e di “realizzare un nuovo salto nell’Autonomia degli Istituti scolastici, facendo leva sulle capacità manageriali dei loro dirigenti, all’interno di organi di governo aperti al contesto sociale e territoriale, sulla valutazione sistematica dei risultati”». Temi, infatti, che sono anche tra le priorità dello stesso ministro.