I ricercatori Ocse-Pisa ricordano spesso all’Italia che i suoi quindicenni non hanno dei risultati brillanti, ormai da parecchi anni, né in lettura, né in scienze e ancor meno in matematica. I dati sulla dispersione scolastica nel nostro paese sono ancor più sconfortanti. Un altro fattore che Pisa mette in luce è il ruolo del background socioeconomico delle famiglie correlato agli esiti delle prove degli studenti; l’indagine Piaac sulle competenze degli adulti vede purtroppo l’Italia messa agli ultimi posti tra i paesi Ocse.
Come uscirne? Perché se è vero, come è sicuramente vero, che esiste un fattore scuola, come sostiene Pisa, che può risultare incisivo per l’apprendimento, questo non è sicuramente l’unico fattore determinante, non si può insomma ragionare in termini di causa-effetto quando si affrontano temi come l’educazione e l’istruzione. Invece sembra proprio che i nostri decisori politici ora che hanno scoperto l’esistenza di Pisa, dei successi educativi della Finlandia e di Hong Kong, nonché l’importanza delle indagini comparate, credano di aver trovato il bandolo della matassa dei problemi dei sistemi educativi. Problemi che in realtà non riguardano solo l’Italia ma moltissimi altri paesi.
L’ultima parola d’ordine che è stata individuata al Miur per affrontare questi problemi è: “scuole aperte sempre” aggiungendo che la scuola “deve appartenere a tutta la comunità”. L’equazione è semplice: più scuola, uguale più apprendimento, uguale più sostegno alle famiglie e ai ragazzi in difficoltà.
Ora, sul cosa fare in generale è facile essere più o meno tutti d’accordo: vogliamo scuole migliori, studenti più preparati e famiglie che abbiano adeguati sostegni socioeconomici. Il problema però è come ottenere ciò che vogliamo. Affrontiamo solo uno di questi problemi: come vogliamo ottenere studenti più preparati? E magari specifichiamolo un po’ meglio: come facciamo a migliorare i risultati degli studenti in matematica?
Offrire attività extracurricolari per aumentare il senso di autoefficacia in matematica soprattutto a studenti poco motivati è una risposta che offre proprio l’ultimo focus dell’indagine Pisa. In realtà l’aumento del senso di autoefficacia è sì correlato agli esiti in matematica degli studenti, ma non si pone con questi in una relazione di causa-effetto. Questo purtroppo è spesso dimenticato. Come si possono rimotivare degli studenti che già al mattino faticano a imparare le basi della matematica e che con poca voglia affrontano anche i compiti a casa se vengono riproposte loro attività pomeridiane extracurricolari con le stesse modalità del mattino? Occorrerebbe ripensare totalmente l’ambiente di apprendimento, dando un vero significato preciso a questa parola nell’ambito dell’apprendimento della matematica.
Inoltre non ci si illuda che anche con innovazioni ben calibrate si possano ottenere esiti di apprendimento simili a quelli che figurano negli obiettivi delle classiche lezioni frontali di matematica. Diverso è l’ambiente di apprendimento, diversi saranno gli esiti dell’apprendimento. Questa è una lezione che un secolo fa Dewey aveva già impartito a tutti, decisori politi compresi, ma che è stata molto poco studiata e meditata.
Aprire la scuola alla comunità è sicuramente un’idea valida, ma siamo sicuri che senza mettere mano, e anche senza mettere soldi, in modo mirato, meditato e sostanzioso all’ambiente di apprendimento scolastico, docenti e amministrazione compresi, si possa magicamente ottenere la soluzione di alcuni dei problemi posti all’inizio?