Otto teenager su dieci sono collegati su internet tutti i giorni. Il 93 per cento utilizza il telefonino per collegarsi e, nonostante sia vietato dalla legge, il 13 per cento dei minori si dedica al gioco d’azzardo. Lo rivela uno studio nazionale condotto dalla Società italiana di Pediatria (SIP). I siti più gettonati sono i social network come Facebook, ma il più utilizzato è WhatsApp: lo utilizza l’81 per cento dei giovani, mentre il 42 per cento usa Instagram. Segue Ask, portale che consente di chattare in anonimato e che viene utilizzato dal 30 per cento dei maschi e dal 37 per cento delle femmine. Il social meno utilizzato è Twitter. Il 56,6 per cento degli adolescenti va su internet anche dopo cena e il 40 per cento fino a prima di addormentarsi. Questo comporta problemi per la salute come insonnia e scarso rendimento scolastico. “Alcuni problemi clinici e comportamentali descritti con frequenza maggiore negli adolescenti in questi ultimi anni come cefalea, insonnia, scarso rendimento scolastico, possono trovare motivazione dalla riduzione delle ore di sonno o dal condizionamento indotto da un abuso di internet”, ha detto Giovanni Corsello, presidente Sip. L’indagine è stata condotta su un campione di 2.107 studenti della classe media inferiore e il 13 per cento degli intervistati ha ammesso di aver puntato soldi per giocare online. Tra i neogiocatori, il 45 per cento ha dichiarato di aver vinto, il 13 per cento di avere perso del denaro, mentre il 36 per cento non ricorda l’esito dell’esperienza e il 32 per cento degli studenti ha dichiarato di essere pronto a ripetere l’esperienza. “La riflessione da fare di fronte a questi numeri, che a rigor di legge dovrebbero essere 0%, è duplice. Da un lato – afferma Maurizio Tucci, curatore dell’indagine – dobbiamo constatare la pressoché nulla deterrenza rappresentata dai ‘divieti ai minori’ di cui il web è pieno. Dall’altro dobbiamo considerare che al di là della violazione del divieto, questi giocatori in erba hanno anche modo di gestire somme di denaro e utilizzarle in ambiti in cui dovrebbe comunque avvenire un controllo sull’identità”. (Serena Marotta)