Caro direttore,
l’altro ieri sono rimasto colpito da due miei colleghi che, mentre io lasciavo la scuola verso le 15, rimanevano a correggere le prove Invalsi. Mi hanno commosso questa dedizione e quest’impegno, mi sono anche sentito un po’ in colpa ad andarmene, ma io con le prove Invalsi non sono per ora implicato, non avendo le classi seconde.
Checché se ne dica la scuola ha risposto positivamente a questa scadenza quanto mai fuori luogo, e non è vero che vi sia questa opposizione alle prove Invalsi come viene dipinto da certa stampa. Le prove Invalsi sono state eseguite, sono rari i casi in cui si è perseguito programmaticamente una falsificazione delle prove. Questo è il dato e bisogna che sia il ministro, sia l’Invalsi riconoscano questa buona fede e questo impegno del mondo della scuola. Però questo non basta; ora che sono state fatte, abbiamo il coraggio e l’onestà intellettuale di discuterne. Per parte mia vorrei discuterne. Voglio la valutazione del mio insegnamento, voglio la valutazione della scuola in cui insegno, ma questa non mi pare una valutazione seria del mondo della scuola. E la ragione è molto semplice: questo tipo di valutazione è astratto, perché non corrisponde a come si valuta ogni giorno dentro la scuola. Questo è il problema, e questa è la ragione per cui noi arriviamo sempre buoni ultimi, perché la valutazione che noi usiamo quotidianamente non è fatta con i test!
Dunque chiariamoci una volta per tutte. Vogliamo una valutazione a test? Allora facciamo anche a scuola una valutazione a test! Tutti i giorni valutiamo con i test! Se proprio ne siamo convinti facciamo un intervento deciso, quello di estendere la valutazione Invalsi alla quotidianità della scuola. Se le cose andranno avanti così, questo momento arriverà presto. Se dopo gli esami di terza media anche quelli di maturità avranno la prova Invalsi è evidente che tutti gli insegnanti si adegueranno, si impegneranno ad insegnare ai loro studenti ad eseguire bene le prove Invalsi.
Quello che io mi permetto ancora di chiedere è: ma siamo proprio sicuri che questo sia il miglior sistema di valutazione del mondo?
Io ho i miei dubbi e mi permetto ancora una volta di farli presenti, forse per l’ultima volta, visto che non sembra trovare ascolto nessuna critica alle prove Invalsi. E i miei dubbi sono basati sulla semplice constatazione che non è un meccanismo pur perfetto a identificare le competenze, ma è un approccio sintetico, è la capacità dell’insegnante di unire insieme i dati oggettivi e l’impegno del singolo studente, in quanto la competenza non è la pura esecuzione di un compito, ma implica la mossa, la passione e la motivazione della persona.
C’è qualcosa di più di quello che misurano le prove Invalsi, c’è in ogni valutazione l’approccio sintetico di chi valuta ed è questa la ricchezza della valutazione. Ne è anche l’originalità. Ridurre la valutazione ad una misurazione quantitativa, correggibile con un meccanismo, sarà oggettivo, sarà perfetto, ma non è la valutazione come avviene ogni giorno, il rischio di giudicare che si prende ogni insegnante.
È un dato di fatto che la valutazione dell’Invalsi non è la valutazione che si fa ogni giorno a scuola. Ma allora deve la scuola adeguarsi all’Invalsi o l’Invalsi deve valorizzare quello che si fa a scuola?
Questa domanda non è ulteriormente rimandabile. Si dica a chiare lettere se dobbiamo assumere una metodologia di valutazione all’inglese ed abbandonare definitivamente l’implicazione nella valutazione che ogni insegnante mette in atto oggi, lo si dica chiaramente e con i perché che lo motivano!
Altrimenti, ed è quello che auspico, si coinvolgano gli insegnanti a rielaborare il sistema di valutazione nazionale, facendo in modo che rispecchi ciò che si fa oggi nelle scuole per rischiare il giudizio sugli apprendimenti.
Si faccia una scelta, è urgente! E facendo una scelta ci si prenda la responsabilità o di trasformare la scuola sulla valutazione − il che sarebbe pericolosissimo, oppure di assecondare ciò che accade nella realtà, dove prima viene l’insegnamento e di conseguenza la valutazione.