“Più risorse per la scuola pubblica? Eliminazione delle liste d’attesa? Sono d’accordo, quella del Comitato Articolo 33 è una richiesta lecita. È lo strumento adottato, è questo referendum, che è sbagliato”. Chi parla è Andrea Pasquali, presidente della scuola steineriana di Bologna. La sua associazione gestisce a Bologna una realtà scolastica che coinvolge 170 famiglie e che si ispira ai principi pedagogici di Rudolf Steiner. Non è quindi una scuola cattolica, è la conferma che quando si parla di scuola paritaria non ci si riferisce solo a quella di ispirazione religiosa. “A Bologna – spiega Pasquali – ci sono ben quattro realtà di scuola paritaria non cattolica: noi, la scuola libertaria, la scuola montessoriana e il Kinder College. Fra tutte, sono coinvolte diverse centinaia di famiglie”.
Torniamo al referendum di oggi, 26 maggio. “È sbagliato perché parte dal presupposto che la scuola paritaria porti via risorse alla scuola comunale e statale. Non è così. Con gli stessi soldi che il Comune dà alle paritarie non si riuscirebbe a garantire il servizio a tutti i bambini che adesso le frequentano». Alle paritarie, che ospitano 1.736 bambini, arriva circa un milione di euro all’anno. Con i costi pro-capite delle scuole comunali, al massimo con quella spesa si trova posto per 150 alunni.
«A volte – osserva Pasquali – ho l’impressione che coloro che hanno promosso il referendum abbiamo solo l’obiettivo di combattere la scuola cattolica. E lo dico io che sono presidente di una scuola che non fa parte del circuito cattolico!”. A questo proposito Pasquali riferisce un “curioso” argomento dei promotori del referendum: “Mi hanno detto che se il Comune abolisce la convenzione non è un problema, tanto poi alla scuola cattolica ci pensano i preti, le suore, il Vaticano. Non è così. So bene come funzionano queste scuole. Funzionano come la mia. Quel contributo comunale è fondamentale per sopravvivere. Se viene meno, tutte le scuole sarebbero in seria difficoltà. Inoltre, è bene ricordare che sarebbero a rischio non solo i posti per i bambini a scuola ma i posti di lavoro degli insegnanti”.
Ma i promotori del referendum insistono nell’affermare che i soldi devono andare solo alla scuola pubblica, che per loro è solo la statale. “Allora – ribatte Pasquali – si vuole solo l’istruzione di Stato. Tutto il pluralismo culturale che caratterizza la nostra società dovrebbe essere mediato nella scuola statale, si dovrebbero cercare continui compromessi fra le diverse visioni dell’uomo e dell’educazione. Mentre è tutto più semplice se si lascia la libertà di scelta ai genitori. La scuola di Stato non è coerente con la nostra società. Lo Stato deve solo garantire il servizio pubblico”.
Pasquali osserva inoltre che anche la sua scuola è pubblica perché è aperta a tutti, senza distinzioni religiose, culturali e sociali. Chi può paga una retta maggiore, chi ha meno mezzi ne paga una inferiore. “La libertà di educazione – afferma Pasquali − è un valore al quale noi crediamo. Nei paesi nord europei il pluralismo scolastico è considerato un bene necessario. Il sistema scolastico deve rispecchiare la pluralità della società, deve garantire il rispetto delle diversità rispetto alla visione dell’uomo”.
Testimonianza raccolta da Agesc (Associazione Genitori Scuole Cattoliche)