Ieri al Meeting di Rimini è stata la volta di Joseph Weiler, giurista di fama mondiale, docente nella New York University (dal 1° settembre assumerà la presidenza dell’Università Europea di Firenze), coautore del volume “La Legge di Re Salomone. Ragione e diritto nei discorsi di Benedetto XVI” (Rizzoli, con prefazione di Giorgio Napolitano), che raccoglie alcuni dei principali discorsi di papa Ratzinger, tra i quali quello di Regensburg (2006) e quello al Bundestag di Berlino (2011). Weiler è noto al pubblico italiano per aver rappresentato – con successo – le terze parti (i governi di Armenia, Bulgaria, Cipro, Grecia, Lituania, Malta, Federazione Russa, San Marino) nel famoso caso del crocefisso (Lautsi vs. Italy) davani alla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Professor Weiler, lei ha parlato sul tema “Persona, politica e giustizia nei grandi discorsi di Benedetto XVI”. Può spiegare brevemente come si tengono insieme questi tre concetti e qual è la sfida che li riguarda oggi?
Non vi è ragione alcuna perché si possa pensare che questi due concetti siano in contraddizione tra di loro. Come spiega il profeta Michea: “Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono e ciò che richiede il Signore da te: praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio”. Semplice, no? Vero per te, vero per me, vero per i politici, vero per ognuno. È difficile da seguire, ma questo non è un argomento concettuale, è un esito dell’umana debolezza e peccaminosità.
Salomone chiede a Dio un “cuore docile” per poter giudicare bene. Distinguere il bene da male non è alla portata di tutti? Può un politico appellarsi a Dio per questo?
Anche questo problema è artificiale. Nella nostra vita sono molto rare le questioni e i momenti nei quali non è del tutto chiaro cosa è bene e cosa è male. I problemi che incontriamo nel mondo e nella vita non sono il risultato di una incapacità di distinguere tra bene e male, ma il risultato della mancanza di una forza interiore per rimanere saldi e vivere secondo la nostra coscienza e la comprensione di ciò che è bene e ciò che è male. Quanto alla seconda domanda, Dio ci si salvi se i politici si rivolgono a Lui per essere istruiti su cosa fare in specifiche circostanze, quando devono prendere una decisione. È un concetto pericoloso – alcune delle peggiori cose nella storia sono state fatte da persone che sostenevano di agire secondo direttive ricevute da Dio. Questo è anche un mezzo per i politici per sottrarsi alla responsabilità delle proprie azioni (“non sono stato io, Dio me lo ha detto”). È anche un concetto blasfemo, che trasforma Dio in un servo dell’uomo, come una specie di super astrologo. Dio ci ha dotati di ragione e coscienza morale e ci ha istruiti nella sua legge. Tocca a noi usare queste facoltà di cui siamo stati dotati, assumendo la responsabilità delle nostre azioni. Responsabilità verso gli altri esseri umani, responsabilità verso Dio.
Non crede che ciò che è giusto, oggi, non sia più evidente?
Contesto questa affermazione. La bontà non è né più né meno evidente oggi che in qualsiasi altra epoca del passato.
Nel discorso al Bundestag del 2011, quando si tratta di giustificare il diritto, Benedetto XVI sceglie la “filosofia” (“la ragione e la natura nella loro correlazione”), invece lei sembra molto più incerto su questo (cfr. il suo saggio ne “La legge di re Salomone”); perché?
Lei fraintende e rappresenta in modo distorto ciò che ho scritto in “King Solomon’s Law”. Quando si tratta della legge naturale che deve essere osservata da tutti, credenti e non credenti, dobbiamo essere guidati dalla sola ragione. La comunità dei credenti, tuttavia, ha una intera serie di altre norme vincolanti, che non sono applicabili ai non credenti (confessione, comunione, etc.). Queste seguono una logica diversa, quella della santità.
Secondo Benedetto XVI l’Europa è dominata dalla cultura positivista. È un destino? Come uscirne, oggi?
Il positivismo è l’ancora di salvezza della democrazia. È lo strumento mediante il quale trovano espressione le preferenze degli elettori e la regola della maggioranza. Questo non deve essere cambiato. Si deve però capire che il positivismo da solo finirebbe per compromettere la nostra umanità.
Perché c’è una “Emergenza uomo”?
Posso capire questo titolo in un solo modo, cioè come un richiamo al fatto che, dal momento in cui nasciamo a quello in cui moriamo, uomini e donne siamo in uno stato di emergenza, oggi come in ogni epoca. Questa è la condizione umana. Facciamo attenzione: c’è mai stato un periodo in cui l’ingiustizia e la disumanità non hanno pervaso la terra? Chiunque neghi questo è ostinatamente cieco.
Che cosa si aspetta da questa edizione del Meeting?
Dal Meeting mi aspetto le cose di sempre: incontrare amici, ascoltare splendide conferenze, imparare, anche la speranza di diventare più saggio.
(Federico Ferraù)