“Adesso è proprio cambiato il mondo, dove tutto è foresteria; bene la foresteria, l’ospitalità, non basta però; abbiamo così bisogno di un monastero”. E ancora una suggestione: “Nei Promessi sposi è forte il tema della pazienza. Ma pazienza come fiducia, come attesa di un grande dono: la carità. Invece noi abbiamo introdotto la pazienza come rassegnazione; no, la pazienza non è rassegnazione, è coraggio”.
Quando don Virginio Colmegna, anima inquieta e laboriosa della Casa della Carità, terminava di offrire il suo contributo/testimonianza in paragone con il capitolo VII dei Promessi sposi, quello dell’impatto con fra Cristoforo, traccia visibile del bene che fa la sua politica; era evidente, grazie a Dio, che non avevamo ascoltato la voce del sacerdote dei media. Ma altro si svelava: uomo di fede, aggrappato alla preghiera, eppure preoccupato ed occupato a tempo pieno. E ne ha ben donde… Ha portato la sua periferia, quel cuore lì, elementare, in centro. Al Centro. Con Manzoni non ha preso le misure, si è lasciato prendere senza misura. Cose che succedono. Quando non c’è distacco tra cultura e vita come avviene troppo spesso; cultura e vita che non si parlano più.
Quel che continua di giovedì, a cadenza quindicinale, con la lettura dei Promessi sposi allo Spazio Banterle per intuizione dello scrittore Luca Doninelli e per la collaborazione fra Centro Culturale di Milano e Teatro de Gli Incamminati, è una buona notizia. “I Promessi Sposi nella città contemporanea” ci terrà compagnia ancora per molti mesi, tanti quanti i capitoli dell’unico romanzo di Alessandro Manzoni.
Ciascuno è lì per partecipare di qualcosa che accade, che avviene: con la grande arte succede così. Il pubblico ascolta, avverte, pensa e poi porta a casa ciò che l’ha acceso; anche solo una fuggevole nota che non è mai a margine.
La sfida è quella di ascoltare testimoni credibili che fanno vivere e sobbalzare l’opera. Sollecitati da Doninelli, che ha il merito di condurre, quasi ritraendosi, per non rubare la scena al Manzoni. Chi si racconta tenendo insieme cultura e vita, come si diceva, accetta di essere provocato dagli avvenimenti del romanzo che dicono molto della vita, non quella vita là, così lontana; ma quella vita là, così vicina. Addirittura contemporanea.
E’ bello seguire con lo sguardo l’attore che legge. E ascoltare, lasciandosi andare, quel che legge. Si può anche chiudere gli occhi e vivere l’emozione dell’audiolibro. Ma dal vivo. E’ pure un’ottima occasione per apprezzare, di volta in volta, le diverse scuole teatrali che suggeriscono quel preciso modo di intendere la lettura dei Promessi sposi.
Ogni ospite che ha accettato la bellezza dell’incontro con Manzoni in qualche misura ha sorpreso, sorprendendosi: ha portato quel che è, ciò che lo impegna, la vertigine dell’essere uomini davanti al proprio quotidiano. Da Giacomo Poretti ad Ermanno Paccagnini; da Alessandro Banfi ad Alessandro Zaccuri. Così come don Claudio Burgio, cappellano del carcere minorile Beccaria, a Milano. Un filo del discorso senza discorso. Scarno come la carne, vero come i monti di quel ramo e il desiderio di felicità di quei due giovani, volti di un popolo che non si è perso, che c’è, c’è!
Che sia Milano a far risuonare la virtù civile e il senso della carità di Manzoni è per davvero cosa buona e giusta. Si tratta di un gesto che Centro Culturale di Milano e Teatro de Gli Incamminati propongono come ostinato elogio dell’incontro, della relazione, dell’io che non vuole ballare da solo. Io ballo con te, insomma.
I testimoni sono per l’appunto punti vivi della città che si ritrovano, che entrano in una rete libera che non imprigiona. Ma sprigiona. Sensibilità diverse, attente, mai preoccupate di formulare la frase giusta, corretta, dissanguata. Che non gliene importa di far finta di essere sani. Come quel Fra Cristoforo con i suoi meravigliosi limiti, limiti di santità che percuotono e fanno simpatia. Li sentiamo così prossimi.
Nel cuore della città si leggono capitoli per tentare di abbozzare uno zoppicante capitolo di vita; ma ci si muove anche zoppicando!
I Promessi sposi si confermano promessa. Una bella promessa mantenuta. Ricordarcelo rileggendoli/ascoltandoli è un atto di fedeltà prima di tutto verso l’umanità di ciascuno di noi. Si riparte da lì, cammin facendo. Capitolo dopo capitolo. Trionfo di ragionevolezza. E bellezza.
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Giovedì 22 febbraio 2018
Ore 18,30 Spazio Banterle al Centro Culturale di Milano (Largo Corsia dei Servi, 4)
“La Nostra Infelice”. L’educazione
Lo scrittore Luca Doninelli conversa con Eugenio Borgna, psichiatra e autore di saggi
Legge: Angela Demattè
Per informazioni:
Centro Culturale di Milano, tel. 02 86455162
www.centroculturaledimilano.it