La settimana corta nella scuola superiore è un tema che appassiona da tempo docenti e famiglie. In alcuni istituti è un argomento che non si può neppure sfiorare; se uno vuole rendersi immediatamente impopolare può proporre al collegio docenti e al consiglio d’istituto di un liceo classico o scientifico con un quadro orario di 27/30 ore la settimana di chiudere la scuola il sabato: l’immediata reazione negativa sarà assicurata.
Verrà accusato di volere scardinare la scuola e imbarbarire i costumi, gli verrà ricordato che alcune materie, ad esempio greco e matematica, non si possono insegnare dopo le ore dodici e che i ragazzi non studieranno più e di questo, a volte, sembrano perfino più convinti i genitori dei docenti, nonostante ci siano numerosi esempi di storiche scuole paritarie che lavorano da sempre su cinque giorni con ottimi risultati e pubblicizzano questa scelta come un modo per dare agli allievi più tempo per stare in famiglia.
Negli istituti tecnici e professionali, da quando il riordino dei cicli ha portato a 32 ore l’orario settimanale delle lezioni, si è cominciato a prospettare un diverso assetto della settimana scolastica. Nelle scuole che ho diretto e che hanno optato per la settimana corta, finora senza pentirsene, la scelta è stata determinata sia dalle richieste specifiche dell’utenza, sia dalla considerazione che l’assenteismo degli allievi diventava particolarmente significativo nelle giornate di sabato.
Spesso i ragazzi, soprattutto negli istituti professionali, hanno lavori saltuari nel week end, molti praticano sport a livello agonistico e hanno allenamenti e gare, inoltre dobbiamo tener conto della nuova struttura di molte famiglie nelle quali il fine settimana i figli fanno i pendolari tra la casa del padre e quella della madre, a volte ubicate anche in paesi diversi.
Non è stato facile far approvare l’articolazione su cinque giorni neppure in istituti tecnici e professionali, perché ci sono tra i docenti gli entusiasti, gli indifferenti e i fieramente contrari che, anche quando sono una minoranza, animano i collegi con arringhe appassionate sui disastri educativi e il repentino calo di livello di preparazione che incomberanno sulle scuole. Qualcuno si preoccupa del fatto che i ragazzi, non dovendosi alzare presto al sabato, possano trascorrere sfrenate notti di venerdì, altri si preoccupano che non possano studiare arrivando a casa tardi e altri perfino dell’orario in cui andranno a pranzo, non considerando che la maggior parte degli studenti ingurgita a ogni intervallo panini, pizzette e snack, anche perché difficilmente tutta la famiglia si riunirà a casa prima di sera.
Dal punto di vista organizzativo un orario articolato su cinque giorni ha indiscutibili vantaggi legati soprattutto alla migliore utilizzazione del personale non docente che, essendo impegnato per un arco temporale più ampio, può collaborare efficacemente alla vigilanza dei ragazzi e alla pulizia degli spazi.
Dal punto di vista economico chiudere due giorni alla settimana le scuole consente una effettiva riduzione dei costi di riscaldamento a carico delle Province, ma permette di risparmiare anche sui costi dei mezzi di trasporto senza considerare che spesso il sabato, sulle tratte extraurbane, ci sono a disposizione meno corse e questo costringe le famiglie e i ragazzi più grandi ad usare l’auto congestionando il traffico e aumentando l’inquinamento.
È vero che dovrebbero essere le esigenze della didattica a determinare le risorse da mettere a disposizione delle scuole e non le scuole ad adattare continuamente la loro azione alle sempre più scarse disponibilità; tuttavia in un momento di difficoltà economica così seria non si può ignorare che i fondi che verranno utilizzati oggi per scaldare le aule di sabato mancheranno poi per la manutenzione, la messa a norma e gli arredi.
Proviamo a sperimentare una diversa organizzazione delle lezioni anche con l’aiuto dei tanti strumenti nuovi e accattivanti a disposizione e se i risultati dei nostri studenti si allontaneranno ancora di più da quelli degli altri ragazzi europei − che da sempre vanno a scuola cinque giorni alla settimana − vorrà dire che, a costo di rinunciare a banchi e sedie, dovremo chiedere di aprire di nuovo le scuole il sabato.