Il recente episodio del preside del liceo classico Umberto di Napoli, paragonato a Hitler in quanto ha “rispolverato” il regolamento d’istituto, nel tentativo di rimettere ordine nella vita della scuola, mette in evidenza il difficile lavoro di un dirigente scolastico. Proporsi di far rispettare le regole e creare un clima di lavoro sereno e condiviso può essere considerato da alcuni un intervento autoritario e formale.
Il valore di una regola di vita scolastica è, in sé, identico a qualsiasi altra regola che viene data e condivisa. È, insomma, paragonabile al divieto di fumo nei locali pubblici o al rispetto di un limite di velocità. La differenza è che si tratta di scuola, cioè di un luogo nel quale attori diversi si impegnano in un percorso formativo ed educativo e non è facile immaginarsi in un’aggregazione di persone che si muova senza regole. La scuola fa più notizia se al centro dell’osservazione ci sono situazioni limite. Questi anni ci hanno anche abituato alla scuola sbattuta in prima pagina di rimbalzo dai siti di YouTube o da vicende pruriginose.
È meglio però, se abbandoniamo quest’ultima flessione del discorso e torniamo alla questione in sé delle regole e della scuola, richiamati anche da una regola sonora di avvio del lavoro, la campanella. Nessuno mai l’ha voluta abolire e in tutto il mio permanere a scuola credo di avere sentito solo una volta un’ipotesi di sabotaggio da parte di un koordinamento studenti. Ma erano altri tempi. La campanella è una regola e la sua presenza a scuola è ragionevolmente accettata.
Penso che il punto di tutta la questione sia questo: osservare con un giudizio critico ciò che sia più o meno ragionevole. Se fosse questa la prospettiva dell’analisi, se la domanda andasse a chiedere la ragionevolezza o meno di un provvedimento, si smonterebbero la maggior parte delle questioni, delle controversie e degli “scandali” giornalistici. Nella scuola il sussistere delle regole è importante, vitale per il funzionamento di una macchina complessa, sempre che – e qui viene la seconda notazione – alla ragionevolezza dell’indicazione segua una cura estrema dell’informazione.
Il processo comunicativo è talvolta reso impossibile dagli estremi livelli di burocrazia, questo è vero. Se si correggono un po’, si può concentrare l’attenzione sull’azione di pubblicizzazione e di condivisione delle regole, che precorre la riflessione intorno al problema se valga la pena o meno seguirle.
Sempre a patto che ciò che viene chiesto abbia una ragione chiara, ovviamente.
La scuola di questi ultimi anni ha fortemente insistito su alcuni capisaldi statutari regolativi (Statuto delle Studentesse e degli Studenti, Patto di Corresponsabilità Educativa…) bloccandosi spesso alla formalizzazione di atti dovuti. Le carte fondanti possono esistere, la scuola – però – chiede la presenza costante di adulti (docenti, personale e genitori) che dimostrino, ora dopo ora, la ragione di ciò che è chiesto, sia esso uno studio impegnato e critico o l’entrare in classe in orario.
(Giancarlo Sala, preside del liceo classico e scientifco "Banfi" di Vimercate)