Frena il Pdl, il Pd arretra rispetto alle politiche, crescono la Lega e, soprattutto, l’Idv di Antonio Di Pietro. Il voto delle europee che emerge dalle proiezioni, segnato da un forte astensionismo (ha votato solo il 67% degli elettori contro l’80% delle politiche di un anno fa e il 71% delle europee 2004), lascia l’amaro in bocca al partito di Silvio Berlusconi, anche perché il presidente del Consiglio aveva chiesto agli elettori un consenso alla sua leadership, “mettendoci la faccia” e presentandosi candidato in tutte le circoscrizioni. Il vero vincitore, nel centrodestra, è la Lega, che guadagna voti e si avvicina alla soglia del 10%, superata solo nel 1996.
Il Pdl, che sperava di raggiungere e superare la quota-simbolo del 40%, deve invece accontentarsi del 35%, con un calo di due punti rispetto alle politiche di un anno fa. E potrebbe dover rinunciare anche all’obbiettivo di essere il primo partito nel Ppe. Uno calo significativo è anche quello del Pd, che perde poco più di sette punti rispetto alle politiche e si assesta intorno al 26%, un risultato non positivo, ma nemmeno una debacle, considerando che questa volta mancava all’appello anche il 3% dei voti Radicali, che restano stavolta fuori dal Parlamento di Strasburgo. Nel campo del centrosinistra, un’ampia fetta di elettori si sono fatti convincere dall’opposizione intransigente dell’Italia dei Valori. Il partito di Di Pietro si attesta infatti all’8%, quasi il doppio del 2008 (4,4%).
Fuori anche dal Parlamento europeo la sinistra radicale, questa volta divisa nelle due liste degli anticapitalisti (Prc-Pdci) e dei vendoliani di Sinistra e Libertà. Nessuna delle due, secondo le proiezioni, ce l’avrebbe fatta a superare la fatidica soglia del 4%, attestandosi rispettivamente al 3,4 e al 3,3%: la delusione della sinistra è aumentata dal fatto che, se si fossero presentate insieme, le due liste avrebbero raggiunto il 6,7% superando ampiamente la soglia di sbarramento. Può invece gioire l’Udc di Pier Ferdinando Casini. La scommessa dei centristi di restare fuori dagli schieramenti facendo opposizione al governo Berlusconi gli ha regalato, secondo le proiezioni, un risultato migliore di quello delle politiche, che lo pone intorno al 6,7%, un punto in più di un anno fa.
Ampiamente sotto la soglia l’Mpa di Raffaele Lombardo, che si era presentato insieme alla Destra di Francesco Storace: per l’inedita alleanza, i consensi restano fermi al 2%. Fin qui le proiezioni. I dati reali, quando sono state scrutiniate oltre la metà delle 64mila sezioni, sono ancora più sfavorevoli al Pdl, che ha il 33,9%, con la Lega al 10.7 e il Pd al 27.6.
Nel Pdl la delusione è palpabile. Berlusconi, che ha seguito da Arcore l’andamento del voto, avrebbe espresso sorpresa e delusione per il risultato e dato la colpa all’astensionismo e alla “forsennata campagna” centrata sul Noemi-gate e sui voli di Stato. Sottolineando però che, rispetto agli altri paesi europei, la maggioranza italiana ha retto bene. “Questo è un risultato che non ci soddisfa al 100%”, ammette Ignazio La Russa. “I dati non sono negativi ma non sono quello che ci aspettavamo”, gli fa eco l’altro coordinatore Denis Verdini, che vede nell’astensionismo del Sud il fattore che più di tutti può aver punito il Pdl. In effetti, i dati della Sicilia sono particolarmente indigesti per il Popolo della libertà: nell’Isola, il partito del premier scende al 33%, cedendo posizioni all’Mpa del governatore Lombardo.
Nel Pd c’é una moderata soddisfazione per il risultato, che butta dietro la porta la paura che il voto si trasformasse in un bagno di sangue. “Gli italiani hanno capito e punito lo spettacolo sconcertante offerto da Berlusconi”, dicono nella sede dei democratici. “Il Pd si conferma come uno dei partiti più forti dello schieramento progressista europeo”, dice l’ex segretario Ds Piero Fassino. E Franco Marini tira un sospiro di sollievo: “Eravamo diventati un corpo da smembrare,invece, se questi dati sono confermati l’alternativa al centrodestra è il Pd”. Di Pietro, fa subito pesare il suo ruolo di forza determinante: “Da domani siamo noi l’alternativa al governo Berlusconi. Il Pd scelga da che parte stare e con chi stare”.
A sinistra, Paolo Ferrero se la prende con Nichi Vendola: “C’é stata una scissione di troppo…”, dice il leader del Prc censurando la scelta del governatore della Puglia di dar vita a Sinistra e Libertà. Vendola però replica: “Non sono pentito, non è una sconfitta, è l’inizio di un bel cammino”. Esulta, legittimamente, Casini: “Noi siamo stati premiati e il bipartitismo ha subito una dura lezione”. Ma esulta anche Pannella: “Questo è un momento di gioia”.