“Una passione che non può essere esaurita”. A un certo punto del discorso, quando Tony Blair stava parlando del proprio impegno con la fede come salvezza della propria condizione umana, la donna seduta accanto a me ha detto a bassa voce: «Questa gliel’ha scritta Vittadini». Allora ho scosso la testa e ho fissato con insistenza Tony Blair. «No. – le ho detto – Io stile è proprio quello di Blair». Lei ha scosso la testa, rassicurata ma ancora incredula.
È così inusuale: normalmente le dichiarazioni dei politici in fatto di religione sono nascoste nel linguaggio più prudente, messe da qualche parte tra la “tolleranza” liberal e la condiscendenza. Questo discorso, però, benché sia stato letto, sembrava scaturire dal cuore di qualcuno che aveva guardato dentro ogni cosa al livello più profondo.
In diversi notevoli passaggi Blair ha cercato di arrivare al cuore del significato della fede – per il genere umano e per la società umana – senza però tenere a distanza le conseguenze di ciò che andava dicendo. Non ha fatto ricorso a quel genere di eufemismi che solitamente i politici impiegano per parlare della fede, come se fosse un problema di altri, di altri forse meno illuminati; Blair ha mostrato le proprie convinzioni più profonde sulla realtà totale, ed è stato saldamente e fieramente innanzi ad esse.
Il discorso e le risposte date da Blair alle successive domande di Vittadini hanno toccato questioni relative alla fede e a Dio, ma hanno anche dato testimonianza di un convincimento personale inequivocabilmente profondo. Blair ha cercato di riportare la fede alla sua fonte e alla realtà umana in cui trovarla, ma ha anche parlato intimamente e, sì, fieramente, della sua conversione al cattolicesimo, e del Dio a cui guarda come speranza e ispirazione. Si è trattato di una testimonianza personale così forte e così netta come mai avevo sentito in quattro anni che ho partecipato al Meeting.
In 40 minuti ha usato la parola Dio 7 volte e con una chiarezza e una autocoscienza che non si ricorda di aver sentito prima in nessuno tra i politici europei contemporanei.
Il discorso è stato interrotto frequentemente dagli applausi, specialmente nella parte straordinaria in cui ha parlato del ruolo della fede nei tempi moderni: «Non una fede come una magia, non come una via di fuga dalle complessità della vita, bensì la fede come scopo nella vita. La fede, quindi, non come un mistero per cui ci disperiamo, bensì la fede come un mistero che esprime tutte le limitazioni della mente umana».
Del resto, ovviamente, lui sapeva bene di essere tra amici, ma anche in tale situazione il clima in cui un politico moderno colloca le proprie parole è mascherato dal cinismo o dallo scherno. Da politico consumato, Tony Blair era ben conscio del rischio che si corre in un posto come questo di scivolare nel compiacimento, così ogni cosa detta ieri non può che essere interpretata come un segnale chiaro e premeditato.
Ho avuto modo di osservare molte volte Tony Blair in contesti apparentemente simili (almeno in termini di folla) al Meeting – per esempio alla conferenza annuale del Partito Labour del Regno Unito, alla quale ha partecipato come leader per 13 anni. In queste riunioni c’era sempre nel modo di rivolgersi al pubblico un grande senso di calore e di intimità, quel senso che deriva dall’essere tra amici sui quali, la maggior parte delle volte, si può contare. Però, anche in quelle situazioni, vi era sempre una sensazione di riserva, di un attore che stava tracciando delle linee che potevano o non potevano essere delle dichiarazioni definitive riguardo a se stesso. Ma qui, al 30° Meeting di Rimini, tale riserva non c’era. Blair ha parlato come un uomo politico qual è, su cose riguardo a cui i politici non si sentono più a loro agio a parlare.
Ciò che abbiamo visto ieri a Rimini era un uomo continuamente proteso a imparare cose nuove, ad osservare la realtà nella sua incarnazione più profonda, e a portare la propria fede a misurarsi con ogni cosa, come Giorgio Vittadini ha detto alla fine dell’incontro, con una “passione che non può essere esaurita”.