«La sera precedente ero a cena al Billionaire. Nessuno sorrideva come la ragazza al parcheggio». Lo scrive Roberto Arditti, direttore de Il Tempo, a conclusione del suo editoriale di martedì “A proposito del mondo laico”. La ragazza è una volontaria del Meeting, «seduta da sola – scrive Arditti – su una piccola seggiola di plastica. Mi saluta sorridente e mi accompagna alla macchina. È addetta (volontaria) al parcheggio, capirai che privilegio. Sta lì, con la sua maglietta del Meeting, contenta di quello che fa. E sorride a una persona che incontra per pochi secondi». Questo, in sintesi, il giudizio con il quale il direttore del Tempo, al Meeting con animo «scettico per molte ragioni», anche per «un’antica avversione al movimento di Cl», si trova «costretto a cambiare radicalmente idea». Ilsussidiario.net gli ha chiesto cos’abbia suscitato in lui questo cambiamento di prospettiva.
Nel suo editoriale dice di aver visto un “movimento di base”. Cosa intende dire?
Ho visto persone – tante – fare come gesto volontario anche le attività più elementari. Tipo la ragazza del parcheggio. Gli eserciti sono fatti di generali ma anche di soldati. Ed io ho visto un grande movimento popolare, di base, perché fatto da persone che non si limitano a dire che cosa devono fare gli altri o a stilare programmi che, poi, gli altri hanno il compito di realizzare, ma che li mettono in opera in prima persona.
Le pare che Cl abbia camminato sul terreno di quella che lei chiama “laicità della politica”?
Sì. Io non considero l’estromissione della religione dalla politica un approccio laico. Anche perché questo non è mai stato nel bagaglio culturale laico. La religione è e non può non essere uno dei grandi fattori che influenzano la vita e le opinioni delle persone. Non possiamo pensare di estrometterla e di pretendere che la gente abbia delle opinioni politiche a prescinderne. Naturalmente io non accetto l’idea, ammesso che qualcuno la proponga, che la religione sia l’unico strumento a disposizione per formarsi un opinione politica, culturale o sociale. È un potente, formidabile, discutibile strumento di azione politica, economica e sociale. Chi vuole tagliarla via però si catapulta fuori da un’accettabile cultura laica, che dovrebbe ammettere non solo la religione, ma tutte le religioni insieme a tanti altri fattori, ciascuno dei quali gioca la propria partita.
Nel suo editoriale fa l’esame di coscienza ad un’intera generazione. Ma degli anni ’80 non è rimasto proprio nulla di buono?
Un lascito positivo consiste in una ripresa di fiducia e apprezzamento dell’idea di concorrenza, nella fine della mentalità sessantottina, statalista e decadente e del “tornare di moda” di cose – tra cui la borsa – che hanno un grande ruolo, anche positivo, se governate. Gli anni ’80, inoltre, hanno fatti sì che rivalutassimo la concorrenza, il merito, la carriera: hanno rilanciato l’affermazione della persona e screditato l’utopia dello stipendio uguale per tutti. Poi, però, ci sono gli eccessi degli anni ’80. Come l’introduzione di un individualismo che, guardato con un po’ di anni di distanza, lascia il tempo che trova. Ecco perché mi domando: noi che, allora, eravamo a scuola avversari acerrimi di Cl, agli studenti venuti dopo di noi, cosa abbiamo lasciato? Qualche idea, sì. Ma cos’altro? Uno, ad esempio, potrebbe rispondere: “Cl gli ha lasciato il Meeting”.
Il prossimo Meeting si intitolerà: “Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”. Cosa le suggerisce?
L’idea che bisogna insistere sul fatto che insieme è meglio che da soli. E quindi l’idea dell’uomo moderno che, perché benestante, perché più in salute, perché più forte, più consapevole, più intelligente, più colto, meglio alimentato, è capace da solo di giocare tutte le partite, non mi va più. Ammesso che mi sia mai andata. Quindi dico, viva chi – con tutti i limiti umani, perché questo meccanismo non cancella la cattiveria, l’invidia, non fa piazza pulita di tutti i sentimenti negativi – afferma: “Proviamo a fare delle cose insieme. Qualche volta ci verranno meglio, qualche volta peggio”.