Italia, (quasi) buona la prima. Ha ragione Daniele De Rossi quando dice che si guarda la metà del bicchiere dalla parte che più aggrada. E quella degli azzurri è ovviamente quella mezza piena poiché, in attesa di Brasile e Spagna – ed esclusa la splendida Germania – , non è che le altri grandi abbiano entusiasmato in un Mondiale che si presenta parecchio equilibrato nelle prime mosse. Vediamo allora quali sono i punti di cui Marcello Lippi può andare contento e quelli invece su cui lavorare dopo l’1-1 all’esordio, prima di ritornare in campo domenica pomeriggio contro la resistibile Nuova Zelanda a Nelspruit.
Da promuovere – a livello collettivo – la prova atletica e la mentalità. Gli azzurri hanno finito in crescendo nella gelida serata di Città del Capo: la squadra è parsa avere una marcia in più rispetto al Paraguay sul piano della corsa e della distanza. Un segnale eccellente se confrontato con le fatiche negli ultimi test premondiali, a maggior ragione se ottenuto a livello del mare dopo una preparazione tutta effettuata per reggere in altura. La mentalità, poi, è quella che ha permesso di cercare con determinazione e senza affanni il pareggio contro un avversario il cui pensiero principe era quello di difendersi, prima e dopo il gol, lasciando un solo uomo davanti al pallone. E questo aspetto introduce al tema della difesa, finalmente solida e che ha pagato cara l’unica distrazione di tutta la serata. Francamente si temeva molto di più, visti i recenti precedenti, ma la porta azzurra non ha corso pericoli di sorta, tolta la malaugurata rete di testa di Alcaraz. Infine gli uomini, con la personalità di Pepe, il crescendo di De Rossi, la buona prova di Montolivo, il ritorno di Camoranesi.
Da bocciare, invece (ma anche Lippi lo sottolinea), quanto offerto in chiave offensiva. Se il Paraguay ha costruito poco, l’Italia non ha fatto tantissimo di più: Gilardino è parso isolato, come sua costante abitudine in Nazionale, mentre Iaquinta ha unito la poca lucidità a un ruolo in cui si è trovato spesso ad agire da difensore aggiunto. E’ questo il reparto che necessita di maggiori cure da parte del ct, che potrebbe anche dare spazio allo straripante Pazzini visto nel finale di campionato. Ma non è unicamente colpa della prima linea perché agli azzurri manca – in assenza di Pirlo, però non solo – l’uomo dell’ultimo passaggio, dell’idea illuminante in un centrocampo bravo a tamponare ma meno brillante nella costruzione, a meno che questa non avvenga oer movimenti sincronizzati (qualcosa in più s’è visto nel secondo tempo).
E, come per gli aspetti positivi, alcuni uomini si sono fatti notare in negativo. Di Gilardino e Iaquinta s’è detto, ma non va sottaciuta la prova sottotono di Marchisio, mai in grado di cambiare il passo sulla fascia sinistra. E, infine, c’è anche il dilemma Buffon, non tanto per la prova personale quanto, piuttosto, per l’ennesimo guaio fisico che l’ha costretto a mollare all’intervallo. Colpa della solita schiena, per una sciatalgia che non lascia tranquillo lo staff medico. Contro la Nuova Zelanda le novità potrebbe cominciare proprio tra i pali.