Fra pochi giorni gli italiani saranno chiamati al voto per eleggere 13 presidenti di Regione. Tra i “testa a testa” più interessanti c’è sicuramente che si gioca in Piemonte tra l’attuale presidente Mercedes Bresso (Pd), e lo sfidante Roberto Cota (Lega Nord). IlSussidiario.net pubblica oggi il confronto tra i due candidati.
Presidente, quale sarà il suo principale obiettivo se verrà rieletta?
Il primo obiettivo è uscire dalla crisi economica, puntando su ricerca, innovazione e green economy.
Nella legislatura appena conclusa abbiamo deciso di utilizzare i fondi europei a disposizione delle regioni per andare in questa direzione, finanziando inoltre la cassa integrazione in deroga e stanziando fondi regionali per sostenere le famiglie a basso reddito e i cosiddetti lavoratori atipici. Il problema è però strutturale. Il Piemonte ha sempre dimostrato di avere una grande capacità di trasformazione e di rinnovamento, occorre lavorare per favorire e rendere possibile e rapido questo processo.
Quali sono i risultati più importanti ottenuti negli anni in cui ha governato la regione?
Oggi la Sanità è senza deficit ed è al quarto posto a livello nazionale. Abbiamo abolito i ticket per i redditi più bassi e la spesa per le politiche sociali è salita da 166 a 242 milioni.
Grazie al nostro Piano casa entro il 2012 saranno realizzati 10.000 alloggi di edilizia popolare (9.000 già realizzati o avviati). I posti negli asili nido sono aumentati del 43%, mentre per gli anziani sono stati stanziati 75 milioni per l’assistenza domiciliare e 25 per le strutture residenziali.
E i principali bisogni?
Dobbiamo lavorare di più per le giovani generazioni: favorire lo sviluppo dei talenti, valorizzare l’istruzione primaria e di secondo grado, puntare alla formazione continua.
Quali opportunità vede nel prossimo federalismo fiscale, che prevede il finanziamento dei costi standard e non più della spesa storica, assieme alla possibilità di manovrare i tributi regionali verso l’alto o il basso e prevedere nuove detrazioni regionali?
Noi abbiamo un’idea del federalismo fiscale molto semplice e non arzigogolata come quella che traspare dalla proposta del governo, e la avanzeremo in Conferenza Stato Regioni.
Le regioni devono introitare direttamente i soldi dell’Iva prodotta nel loro territorio, lasciando allo stato gli altri cespiti di entrata come Irpef o Irap. In questo modo sarebbe possibile azzerare l’addizionale regionale dell’Irpef che tra l’altro abbiamo già eliminato o diminuito (come quota regionale) per i redditi più bassi. Ovviamente siamo disposti a partecipare a un fondo perequativo con le regioni che producono meno valore aggiunto. Ma crediamo che lasciare l’introito dell’Iva nel territorio che lo ha prodotto sia un bel segnale per le aziende e tutto il mondo del lavoro e delle professioni.
Ritiene che sia possibile incrementare l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale nella sua regione?
Nella nostra regioni le associazioni di volontariato svolgono un ruolo molto positivo, in particolare le associazioni di volontariato sociale sono integrate nel sistema di welfare regionale, siedono ai tavoli di concertazione, tanto è vero che sono tra i firmatari del Patto per lo Sviluppo, insieme ad associazioni industriali, artigianali, sindacali.
Per sottolineare il ruolo della sussidiarietà, recentemente abbiamo anche proposta Torino (e il Piemonte) come capitale del volontariato nel 2011.
Il recente trattato di Lisbona prevede un aumento del ruolo delle Regioni rispetto alla Ue. Come pensa di sfruttare questa opportunità?
Premetto che il 10 febbraio scorso sono stata eletta alla presidenza del Comitato delle Regioni, il parlamento delle istituzioni locali nell’Unione europea. Ora che si apre la fase di negoziazione della nuova politica di coesione – e i primi segnali non sono positivi – è fondamentale, da piemontese e da italiana, poter ricoprire certi ruoli in cui spesso l’Italia non è rappresentata come sarebbe naturale per un Paese fondatore.
A che segnali fa riferimento?
È in atto un tentativo di rinazionalizzare la politica di coesione che deve avere, invece, un carattere europeo che ne rappresenta un punto di grande forza: perderlo sarebbe un danno enorme così come non dobbiamo perdere di vista la solidarietà interregionale, soprattutto oggi che, con il Trattato di Lisbona, il principio della coesione territoriale è entrato a far parte dei Trattati.
Le politiche regionali possono incidere pesantemente su due temi importanti come vita e famiglia. Come pensa di operare in questi due ambiti?
Il welfare per cui lavoriamo deve garantire a tutte le persone, e in particolare alle donne, che tradizionalmente si fanno maggiormente carico dei compiti di cura, la possibilità di conciliare lavoro e responsabilità familiari. Deve inoltre basarsi sul principio della centralità della persona, e intervenire con un’offerta diffusa e specializzata di opportunità e servizi in tutte le fasi della vita. In particolare per aiutare i nuovi genitori e la famiglie numerose, occorre potenziare i servizi per l’infanzia.
Nei passati cinque anni abbiamo quasi raddoppiato, passando dal 12 a oltre il 20%, i posti disponibili negli asili nidi, dobbiamo arrivare all’obiettivo di Lisbona, ossia al 33%. Occorre prevedere sgravi fiscali per le famiglie, che saranno tanto più importanti quanto più estesa sarà l’autonomia fiscale delle regioni.
Continueremo poi a lavorare per l’assistenza alle persone disabili e agli anziani, aumentando la domiciliarità per garantire il diritto di vivere nel proprio contesto familiare e sociale, ma potenziando anche gli interventi per favorire una vita autonoma. Continueremo a fornire in alcuni campi, come la disabilità grave, livelli di assistenza superiori a quelli previsti dal ministero. Penso ad esempio alla fornitura di strumenti ad alta tecnologia, per cui la Regione Piemonte ogni anno stanzia un fondo proprio.