Dopo il suo viaggio nei “nuovi mondi”, in Australia ed in Oriente, la Formula 1 torna nella sua culla, la vecchia Europa. E precisamente in una delle nazioni che hanno segnato maggiormente la storia del motorismo recente: la Spagna. Una terra il cui rapporto con le quattro ruote è sempre stato particolare, quasi conflittuale: per qualche congiuntura astrale che spesso nella storia delle corse si è manifestata in modo imperscrutabile – vedendo ad esempio cosa oggi accade con la scuola tedesca estremamente prolifica e per anni in passato praticamente inesistente e, esattamente all’opposto, con l’Italia – la Spagna è da sempre stata terra di grandi piloti motociclisti: da Angel Nieto in avanti e partendo dalle piccole cilindrate i centauri iberici hanno piano piano conquistato un predominio diventato ormai quasi quasi imbarazzante nell’era contemporanea dei Pedrosa, dei Lorenzo e dei Marquez. Stranamente invece sulle quattro ruote non è mai stato così ed i piloti spagnoli in si potevano contare sulla punta delle dita, almeno fino alla comparsa sulla scena dell’uomo che ha invertito potentemente la tendenza, rovesciando gli equilibri consolidati: Fernando Alonso. Il marchese Alfonso De Portago, uno la cui storia incredibile e romanzesca meriterebbe di essere raccontata per intero (clicca qui per un ritratto più completo) e che pur di passaporto spagnolo era più un cittadino del mondo che un figlio della sua terra, fu il primo a portare sulle piste la bandiera giallo-rossa della Spagna, ma la sua vita e la sua carriera furono stroncate dal tragico incidente durante la Mille Miglia del 1957. Per anni il miglior pilota spagnolo di sempre fu il gentleman-driver Francisco Godia, ricco mecenate e filantropo, fondatore di una galleria d’arte a Barcellona e che calcò con buon successo le scene del grande circus tra la fine degli anni ’50 e l’inizio dei ’60 con la sua Maserati privata. Si limita al folclore il meteorico passaggio in Formula 1 di Jorge de Bagration, di passaporto spagnolo ma che era il sovrano in esilio del Regno di Georgia, mentre ben più consistente fu il segno lasciato da Emilio De Villota, il padre di Maria, che in Formula 1 non ebbe fortuna ma che vinse moltissimo in ogni altro tipo di competizione e specialmente nelle serie turismo. De Villota fu anche, nel 1981, l’ultimo pilota “privato” in pista in una gara valida per il Campionato del Mondo. Ebbene, su questa claudicante tradizione arrivò ad inizio del nuovo millennio il “ciclone” Fernando Alonso, finalmente in grado di esprimere quella passione e quel carico di tradizione e di storia che legava fin da prima della Seconda Guerra Mondiale la Spagna alle corse in macchina, forse frenata dalla difficile situazione politica o semplicemente dalle poche possibilità di emergere anche di chi aveva talento. Già: una storia lunga quella delle corse in Spagna, lunga oltre un secolo. Il primo Gran Premio di Spagna è infatti datato 1913 e fu corso su un “circuito” di circa trecento chilometri che collegava Guadarrama, un sobborgo di Madrid, a Valladolid. Negli anni ’20 e ’30 sul leggendario circuito di Lasarte, nei Paesi Baschi, i grandi piloti dell’epoca dei Titani si misuravano in uno dei più prestigiosi appuntamenti Internazionali del tempo: Achille Varzi, Louis Chiron, Rudolf Caracciola, Albert Divo, Emilio Materassi, Henry Segrave ed il leggendario Robert Benoist, morto in un campo di concentramento nazista nel 1944, scrissero i loro nomi nell’Albo d’Oro del Gran Premio di Spagna la cui storia fu bruscamente interrotta dalla Guerra Civile del 1936. Fu dopo la guerra e con l’istituzione del Campionato del Mondo di Formula 1 che il grande circus, seppur con una certa intermittenza, tornò in Spagna ma spostandosi a Barcellona. E qui si entra nella leggenda, anche perché la meravigliosa città di Antoni Gaudì e delle sue immaginifiche opere riveste nella storia della F.1 un posto assai particolare grazie ad un primato difficilmente battibile: è infatti l’unica città che ha ospitato Gran Premi in tre circuiti diversi.
Prima dell’attuale Circuit de Catalunya, in cui il Gran Premio di Spagna è ospitato dal 1991, il circus visse alcune delle sue pagine più epiche e spettacolari per le vie della città. Nel 1951 e nel 1954 si corse sul circuito di Pedralbes, che prendeva il nome dal quartiere in cui si snodava ad un passo dall’omonimo monastero: un toboga velocissimo e pericolosissimo che sfruttava gran parte della attuale “Diagonal” di Barcellona che allora si chiamava “Avenida del Generalissimo Franco”. Qui nel 1951 Alberto Ascari perse con la sua Ferrari il Mondiale a vantaggio del grande Juan Manuel Fangio sull’Alfa Romeo per una scelta sbagliata dei pneumatici, mentre tre anni dopo il futuro Campione del Mondo Mike Hawthorn colse una straordinaria vittoria con la Ferrari approfittando dei problemi tecnici delle fino ad allora imbattibili Mercedes (che sia di buon auspicio???). A cavallo fra gli anni ’60 e ’70 Barcellona allestì anche un altro circuito, quello che si snodava sulle ondulate superfici della collina del Montjuich, uno delle più spettacolari, impegnative e scenografiche piste che ci siano mai stati nella storia dell’automobilismo sportivo. Purtroppo anche questa non aveva certo nella sicurezza il suo punto forte e fu definitivamente abbandonata dopo il drammatico incidente del 1975 in cui la Lola-Hill di Rolf Stommelen piombò sul pubblico assiepato dietro un basso guard-rail uccidendo cinque spettatori e scampando solo per miracolo. Anche Jarama, che in quegli anni si alternava con Montjuich nell’ospitare il Gran Premio in terra iberica, non era un modello di sicurezza e la sua storia è segnata soprattutto da due flashback: lo spettacolare incidente, per fortuna senza conseguenze, fra la Ferrari di Jacky Ickx e la Lotus di Jack Oliver nella gara del 1970, con annesso furioso incendio e la fantascientifica vittoria di Gilles Villeneuve nel 1981 con la Ferrari turbo ancora non all’altezza delle altre macchine ma che aveva al volante il più grande improvvisatore e giocoliere che si sia mai visto su una pista. Fu l’ultima vittoria del mitico canadese. Il nuovo circuito di Catalunya sostituì quello di Jerez che fu utilizzato dal 1986 al 1990 e fu uno dei primi circuito “moderni” introdotto nel circus. Chiudiamo con qualche statistica: automobilisticamente parlando, il “Re di Spagna” non è Juan Carlos ma Michael Schumacher, che in terra iberica ha vinto ben sei volte, ha conquistato sette pole positions ed altrettanti “best lap” in corsa fra il 1995 e il 2004. Dietro al kaiser, con tre successi ci sono Nigel Mansell, Jackie Stewart, Alain Prost e Mika Hakkinen. Altra cabala pro-Ferrari: fra i piloti in attività solo Fernando Alonso e Kimi Raikkonen hanno vinto due volte in Spagna e lo scorso anno i due attuali compagni di squadra al Cavallino si sono piazzati rispettivamente primo e secondo. Basta, non aggiungiamo altro. Prima che la cabala si spezzi…