Cambiano le regole, gli uomini, le macchine. Cambiano i tempi, la tecnica e la strategia delle corse. Cambia il feeling con tifosi ed appassionati, ora nostalgici dei bei tempi che furono, ora entusiasti delle nuove tecnologie. Pochi miti restano, alcuni genuini come la Ferrari, altri fotocopiati dall’originale coma la Lotus. Alcune cose, per fortuna restano. Sono i templi della Formula 1: Montecarlo, Silverstone, Nurburgring, Spa, Le Mans. E, naturalmente, Monza. Il circuito dove ininterrottamente, fin dalla prima edizione del Campionato Mondiale datata 1950 e se si eccettua la fugace “digressione” a Imola del 1980, si è svolto l’unico Gran Premio sempre presente nel calendario, quello d’Italia. Basterebbe forse questo per presentare l’appuntamento del Mondiale del prossimo fine settimana sul circuito brianzolo che, oltre al fascino quasi centenario del teatro in cui si svolge, assomma una collocazione, quella ormai tradizionale di settembre, che lo rende molto spesso un crocevia decisivo nella lotta per il titolo. Ed infatti scorrere seppur brevemente le vicende dell’Autodromo Nazionale è un po’ come percorrere la storia stessa dell’automobilismo sportivo: perché, diciamolo, non c’è struttura avveniristica che ne avvicini la bellezza, non c’è gara notturna che possa uguagliarne il prestigio, non c’è curva che possa superare in spettacolarità la Parabolica, non c’è budget o sponsor che possano comprarne il fascino. Siamo a Monza. Una pista dal disegno incredibilmente semplice, lineare: quattro rettilinei raccordati da altrettante curve per ognuna delle quali si potrebbe scrivere un libro di aneddoti, personaggi e vicende: la Curva Grande, le “gemelle” di Lesmo, la variante Ascari, già Curva del Vialone, e ovviamente la Parabolica. Con in mezzo la “curva non curva” del Serraglio, una velocissima piega che i piloti quasi non percepiscono. E poco importa che negli anni una quantità di rallentamenti e chicane abbiano diminuito la velocità della pista e drasticamente ridotto la sua pericolosità. Il fascino resta. Immutato. Era il 25 luglio 1922 quando un giro di pista dimostrativo su due Fiat 750 di due dei più valenti piloti del tempo, Pietro Bordino e Felice Nazzaro, inaugurò ufficialmente la pista: quello di Monza era soltanto il terzo circuito permanente costruito nel Mondo dopo il mitico catino di Indianapolis, datato 1909, e il “perduto” anello inglese di Brooksland inaugurato nel 1907 ma distrutto e poi smantellato dopo la Seconda Guerra Mondiale. Da allora in mezzo agli alberi del parco, si sono consumati trionfi e drammi e si sono avvicendati volti ed uomini-simbolo di epoche incredibilmente diverse. Alcuni di loro sono anche caduti facendo il loro pericoloso mestiere. Fu lo stesso Bordino a vincere il primo Gran Premio d’Italia disputato sul neonato circuito il 10 settembre 1922. Morì nel 1928 ad Alessandria, durante una gara quando un cane attraversò la strada proprio al suo passaggio. L’Albo d’Oro dell’anteguerra è una galleria di nomi leggendari: Antonio Ascari, padre di Alberto, vinse nel 1924, l’anno prima della sua morte in pista a Reims; Robert Benoist, il leggendario campione-patriota fucilato nel campo di concentramento di Buchenwald, nel 1927; Tazio Nuvolari trionfò in tre occasioni, Luigi Fagioli in due come il tedesco gentiluomo Rudolf Caracciola. Bernd Rosemayer vinse nel 1936, Jean-Pierre Wimille, il più grande e dimenticato talento europeo del primo dopoguerra, nel 1948. La nascita della Formula 1 moderna e del campionato del Mondo, vide a Monza i trionfi di Nino Farina ed Alberto Ascari che, nei primissimi anni ’50, furono gli unici italiani a raggiungere il Titolo Mondiale.
Qui Ascari, il 26 maggio 1955 morì provando una Ferrari sport per cause ancora imprecisate nella curva che ora porta il suo nome. Qui, nel 1956, avvenne il gesto cavalleresco con cui Peter Collins, ancora in corsa per vincere il Mondiale, cedette – come consentito dai regolamenti dell’epoca – il volante a Juan Manuel Fangio consentendo al vecchio campione di conquistare il quarto dei suoi cinque Titoli. A Monza si consumò il terrificante dramma di Wolfgang Von Trips che nel 1961 si presentò al via in pole position con la sua Ferrari ad un passo dal diventare il primo tedesco Campione del Mondo. Invece in una drammatica sliding door un incidente al secondo giro ne stroncò la vita, insieme a quella di una decina di spettatori. A Monza hanno vinto tutti i più grandi di sempre: oltre a Fangio, Stirling Moss, Graham Hill, Jim Clark, John Surtees, Jackie Stewart, Emerson Fittipaldi, Niki Lauda. Qui vinse la sua unica corsa in carriera Lodovico Scarfiotti nel 1966, una delle più incredibili sorprese mai viste su una pista. Qui vinse una memorabile gara con la Ferrari Clay Regazzoni nel 1970, in un week end però funestato dalla morte per un cruento impatto alla Parabolica, di Jochen Rindt, l’asso della Lotus che era in quel momento tanto saldamente in testa alla classifica del campionato che non fu più raggiunto da nessuno, diventando l’unico Campione Mondiale postumo della Formula 1. A Monza, nel 1971, Peter Gethin vinse con la BRM precedendo Ronnie Peterson – ultima vittima in Formula 1 di Monza nel 1978 – di un centesimo di secondo, François Cévért di 9 centesimi, Mike Hailwood di 18 e Howden Ganley di 61. Il più incredibile finale in volata che si sia mai visto su una pista. Memorabili per la Ferrari le vittorie in parata della coppia Scheckter-Villeneuve del 1979 e quella di Berger-Alboreto nel 1988, poche settimane dopo la morte del Commendatore. Fra i plurivincitori svetta, come in quasi tutte le piste, Michael Schumacher trionfatore con la Ferrari in ben cinque edizioni, il bizzoso ed imprevedibile Nelson Piquet ha vinto quattro volte, mentre tre sono i successi di Alain Prost e Rubens Barrichello. Una pista carica di storia che accoglie una Formula 1 in convalescenza, alle prese con la sua stessa complessità e ravvivata, finalmente, dalla crescita dei giovani leoni e dalla lotta fratricida in casa Mercedes. Vedremo se l’aria di casa spingerà la Ferrari oltre i propri attuali ed angusti limiti nel tentativo di contrastare lo strapotere della coppia Hamilton-Rosberg o la sagacia tattica del “terzo incomodo” Daniel Ricciardo, ormai consacrato campione vero e pronto a sfruttare ogni crepa nella solida costruzione della casa di Stoccarda. Ma siamo a Monza. E aspettiamoci, quindi, di tutto…