Un dialogo serrato e incalzante ha tenuto inchiodato il pubblico che riempiva la Sala Neri con la presentazione dell’ultimo libro di Massimo Camisasca: “Padre. Ci saranno ancora sacerdoti nel futuro della Chiesa?”, edizioni San Paolo, prefazione di J. L. Bruguès. «Ho voluto questo titolo, che ha una sua ricchezza nella lingua italiana – ha esordito il superiore generale della Fraternità sacerdotale dei missionari di san Carlo Borromeo – perché avverto l’assenza dei padri. Quando viene meno il padre, la persona si rinchiude su se stessa, non diventa matura. C’è nel libro il tema del padre biologico, ma anche dei padri, degli educatori che uno può incontrare nella vita. Il senso della nostra vita è riconoscere che c’è un Dio padre, che non ci lascia mai soli, da cui ogni paternità prende nome».
Quali sono stati i tuoi padri, quelli più amati? «L’interrogativo – annota don Camisasca – è diventato decisivo verso i cinquant’anni». Poi risponde: «Senza dubbio il mio padre biologico, una persona molto riservata, dalle grandi profondità e dai grandi silenzi. Poi, in grande continuità col mio padre carnale, don Giussani, che invece era molto loquace, estroverso, provocatorio. Don Giussani mi ha aperto all’universalità (autori, musicisti, opere) e mi ha fatto scoprire la parola. In questo momento della mia vita mi sono padri i miei amici – tre, quattro o cinque persone al massimo – con cui condivido la vita e le responsabilità». Il riferimento all’amicizia ha suggerito a Camisasca che «Oggi si ha paura dell’amicizia, ma aveva ragione il buon san Tommaso che la considerava il vertice della carità. Senza amici moriamo».
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Cazzullo ha poi sollecitato l’autore di “Padre” sui “padri negativi”, sul legame tra paternità e sacerdozio, sulla verginità e il celibato sacerdotale, sull’esclusione delle donne dal sacerdozio, sulla vicenda dei preti pedofili, sulla liturgia e la celebrazione della Messa, sulla crisi delle vocazioni sacerdotali… tutti i temi delle cronache di oggi. «Molti preti – ha detto Camisasca – non è che non sappiano dire Messa, ma pensano che la loro messa sia più intelligente di quella che la Chiesa ha pensato e tramandato. La gente è infastidita dai sermoni moralizzanti dei preti, che, il più delle volte, tendono a sinistra».
Un altro rilievo: «Esiste un problema di crisi di vocazioni, ma questo non mi preoccupa: è un fenomeno che è esistito anche in altre epoche. Mi preoccupa il fatto che non desti interrogativi adeguati: perché non risulta più affascinante? Perché il prete risulta socialmente utile, ma umanamente mortificante? Purtroppo vedo poca riflessione su questi punti. Don Giussani aveva sollecitato i preti ad essere innanzitutto uomini…».
Il dialogo è proseguito anche su altri temi: ad esempio, la vendita di “Famiglia cristiana” nelle chiese e i suoi interventi politici, le figure e lo sguardo di Giussani, di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Tornando al libro “Padre”, l’autore ha precisato: «Il mio scopo era quello di raggiungere un pubblico ben più vasto di quello dei preti e sono stato confermato in questo dalla tante e-mail che mi hanno inviato molti laici che l’hanno letto».