Abituati a parlare di discriminazione di genere, non ci siamo resi conto della diffusione di quella generazionale. L’esperienza più che rappresentare un elemento a favore, è un ostacolo per chi cerca lavoro. Non servono dati statistici per spiegare che nella ricerca di un posto di lavoro quelli che hanno meno possibilità sono i lavoratori o disoccupati più anziani. Per loro non sembra esserci mercato, ma ciò non vuol dire che debbano accettare la situazione così com’è. Ogni discriminazione del resto va combattuta, anche questa dunque. C’è chi pensa si tratti di un falso problema o addirittura di una questione infondata, per questo la Federal Reserve Bank di San Francisco ha condotto un esperimento.
In una relazione hanno mostrato modelli sistematici di discriminazione d’età e, come se ciò non bastasse, questo è un problema che ostacola in particolare le donne. Gli autori della ricerca hanno inviato circa 40mila curriculum fittizi di giovani, adulti e persone più anziane per oltre 13mila posizioni lavorative in 12 città diverse, distribuite in 11 stati differenti. Si tratta, dunque, di uno studio condotto su scala massiccia. Dall’analisi dei risultati è emersi che i candidati di mezza età e più anziani sono più discriminati rispetto ai giovani. Chi, dunque, è vicino all’età del pensionamento si ritrova a sperimentare la discriminazione d’età. E ciò rappresenta un problema in questi Paesi in cui si vuole aumentare l’età pensionabile. Gli autori di questo studio consigliano, dunque, ai governi di trovare forme di incentivi affinché i più anziani restino più a lungo nel mondo lavorativo, così da non farli ritrovare a sperimentare sulla propria pelle la discriminazione d’età.
Quello della discriminazione generazionale è un problema che riguarda da vicino anche l’Italia: lo ha rilevato Workmonitor, un’indagine realizzata da Randstad. Il 27% dei dipendenti ha denunciato di essere stato oggetto di discriminazione d’età sul lavoro. Più che di genere (26%), per il suo orientamento sessuale (19%), per l’appartenenza etnica (18%) e per quella religiosa (17%). La discriminazione sul lavoro è una realtà in Italia, come nel resto del mondo. Una cultura improntata all’inclusione, però, non sembra sufficiente per ripararci da esperienze di questo tipo.