È da qualche mese che il mondo confederale, non solo Cgil Cisl Uil ma anche Confindustria, manifesta segnali “critici” con una curiosa continuità. In particolare, si è piuttosto rotto l’asse tra Cgil e nuovo Pd, probabilmente a vantaggio di un nuovo asse Cisl-Pd. Ma non è di minore importanza ciò che sta accadendo in casa degli industriali: le intenzioni di Matteo Renzi sono chiare, vuol portare via da viale dell’Astronomia – lo abbiamo più volte scritto – le aziende partecipate dal Tesoro (Enel, Eni, Ferrovie, Finmeccanica, Poste). E non c’è dubbio che c’è chi sta lavorando con molta decisione su questo fronte, vedi Mauro Moretti ad di Finmeccanica.
La conglomerata aerospaziale che esce da Confindustria è un “caso Fiat 2” per intenderci, forse ancor più pesante per il sistema confederale: domani, oltre a un contratto Fiat parallelo al Ccnl della metalmeccanica, potrebbe esserci anche il contratto Finmeccanica. E potrebbero esserci aziende interessate ad adottare il contratto Fiat o il contratto Finmeccanica, certamente per convenienza e innovatività; oppure aziende decise a seguire la strada tracciata da Fiat e a stipulare così contratti ex novo, al di fuori del sistema confederale. La lacerazione che Fiat ha introdotto nella contrattazione collettiva nazionale è naturalmente una voragine destinata a crescere. Di questi tempi, la realtà è che, sommessamente, c’è chi teme il rischio di un esodo.
La cosa naturalmente avrebbe delle conseguenze storiche, dirompenti per le confederazioni, non solo per Confindustria. Che senso potranno avere a quel punto? Quale futuro per loro e per la contrattazione collettiva? Iniziamo col dire che non sono le confederazioni a fare i contratti (che sono la ragion d’essere di sindacati e associazioni di categoria), ma le federazioni. Per fare un esempio, il contratto della chimica non lo fa Confindustria, lo fa la Federazione dei chimici (Federchimica) con Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uilcem-Uil (e altri). I Ccnl in Italia sono qualche centinaia e ogni anno ne vengono rinnovati decine e decine, nonostante siano noti soltanto quello della metalmeccanica e, da poco, quello dei bancari.
Questo per dire che le federazioni fanno un lavoro fondamentale ma da troppo tempo l’inerzia del mondo confederale e la sua incapacità di andare oltre fatti eclatanti (vedi caso Fiat) sono al centro della riflessione dei diretti protagonisti: a questo proposito, si considerino le dichiarazioni di qualche giorno fa di Annamaria Furlan “bisogna aprire un confronto con Confindustria per cambiare il modello contrattuale”. Questo perché la Cisl ha capito che o si risponde in modo costruttivo all’affondo di Matteo Renzi – il cui intento è quello di indebolire i corpi intermedi – o le confederazioni rischiano seriamente di dissolversi. Rivedere il modello contrattuale potrebbe certamente essere un modo per riposizionarsi e ripartire.
Diciamo anche, tuttavia, che chi fa i contratti (le federazioni), deve rendere conto a chi fa il modello (le confederazioni). Intanto però, per via di quel modello, le aziende se ne vanno… e per via di un sistema che non riesce più a dialogare (l’unità sindacale è solo una parola), le criticità sono avvertite anche dalla politica. Perché, come si è visto ormai da troppo tempo, ogni qualvolta ci si appresta a un intervento, le battaglie, spesso molto ideologiche, non mancano mai. Da qui il decisionismo di Renzi: inizialmente ha messo all’angolo il sindacato (per colpire la Cgil), ora vuole togliere le aziende partecipate da Confindustria.
Al di là di un nuovo modello contrattuale, la questione vera è se le federazioni hanno ancora bisogno di confederarsi: in Europa, ad esempio, salvo rari casi, esse non sono confederate. Ognuna di loro negozia i contratti cercando di fare il contratto migliore, e non secondo un modello che poi finisce col rivelarsi una “gabbia”.
Voci molto vicine ai vertici delle Confederazioni parlano di momento critico ma di passaggio importante: le confederazioni potrebbero ritrovarsi attorno a un nuovo modello, così come potrebbero sciogliersi; oppure le tre sigle sindacali maggioritarie (Cgil Cisl Uil) potrebbero fondersi in una. Quest’ultima ipotesi, a parere di chi scrive, è la più remota. È chiaro però che si è arrivati a un punto di svolta.
In collaborazione con www.think-in.it