CAMUSSO: APE VOLONTARIA PENALIZZA LE DONNE
Susanna Camusso ha partecipato all’assemblea nazionale delle donne delle categorie della Cgil, Filcams, Fiom, Fp e Fla, a margine della quale ha commentato l’avvio effettivo dell’Ape volontaria, spiegando che si tratta di una misura che penalizza le donne “dal punto di vista del rendimento pensionistico”. Orizzontescuola.it spiega che la Segretaria generale della Cgil ha evidenziato la doppia penalizzazione che subiscono le italiane. La prima riguarda il lavoro di cura che grava sulle donne e che spesso le costringe ad avere carriere lavorative discontinue e quindi con età sempre crescenti per l’accessione alla pensione di vecchiaia. La seconda è la disuguaglianza salariale tra uomini e donne, che porta poi quest’ultime ad avere assegni pensionistici più bassi una volta ottenuto l’accesso alla quiescenza.
ESODATI, BASTA UN DECRETO PER SALVARNE 6.000
Il Comitato esodati licenziati e cessati ha avviato e continua ad aprire contatti con i deputati, i senatori e i sindacati per far sì che si possa risolvere una volta per tutte la grave situazione in cui versano circa 6.000 esodati che ancora sono privi di salvaguardia. “Una platea di circa 6.000 esodati è la consistenza che tutti, governo compreso, stimano realistica; 720 milioni sono i risparmi della ottava salvaguardia confluiti nel FOSF e 300 sono quelli che, se guardiamo i costi a consuntivo delle pregresse salvaguardie, servono a salvaguardare 6.000 ex lavoratori”, scrive Luigi Metassi sul blog “Il volo della Fenice”, chiarendo che “non servono censimenti per emettere un Decreto Ministeriale, mondato da limiti temporali e che vincoli esclusivamente il diritto all’accertamento della condizione di esodato”. Insomma, ci vuole veramente poco per affrontare un tema così importante. Basterebbe, infatti, un decreto ministeriale anche del Governo Gentiloni ancora in carica.
VINCENZO GALASSO SULL’ABOLIZIONE DELLA LEGGE FORNERO
Secondo Vincenzo Galasso, abolire la Legge Fornero sarebbe un delitto contro i giovani. Questo è del resto il titolo del suo articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore. Il Professore di Economia all’Università Bocconi di Milano evidenzia anzitutto che il meccanismo che lega i requisiti pensionistici alla speranza di vita non è stato introdotto nel 2011 dal Governo Monti, ma dall’esecutivo precedente guidato da Berlusconi e con Sacconi ministro del Lavoro. Quindi, spiega che l’Italia non è il Paese europeo con l’età di pensionamento più elevata, visto che “più della metà degli italiani lascia ancora il mercato del lavoro a 60 anni, usufruendo di pensioni anticipate che hanno, per di più, un importo medio di due volte e mezzo superiore a quello delle pensioni di vecchiaia”.
Dal suo punto di vista, quindi, il meccanismo che lega età pensionabile e aspettativa di vita “non è certo popolare, ma risponde a una logica economica stringente. Se viviamo più a lungo, vorremo avere il diritto a avere una pensione anche durante i mesi in più che vivremo. Ma lo Stato come dovrebbe finanziarla? Ci sono due semplici alternative, o lavoriamo un po’ più a lungo per finanziarcela, oppure chiediamo agli altri – ai giovani – di pagarcela”. Galasso segnala che in ogni caso “i lavoratori dovrebbero poter scegliere quando andare in pensione, tuttavia accettando la logica che chi lascia il lavoro prima riceve una pensione più bassa”. Resta il fatto che, dal suo punto di vista, cancellando le riforme Sacconi e Fornero “si continuerebbe a dare risorse alle generazioni anziane – ai sessantenni da mandare in pensione prima – togliendole ai giovani – a cui rimarrebbe da pagare il conto, in termini di maggiori contributi e minore occupazione”.