Il rigurgito centralista si vede da mille cose. Motivato dalla urgenza di tenere sotto controllo i conti pubblici, nasce in realtà dalla convinzione ideologica che lo Stato non si debba fidare delle autonomie locali. La sussidiarietà, dunque, vista come un pericolo, più che come una risorsa. L’ultima puntata la ritroviamo nel recente convegno di Mestre, organizzato dalla CISL veneta, sulle difficoltà del lavoro oggi.
In poche parole, chi deve gestire la cassa integrazione in deroga? Il ministero oppure, con accordi bilaterali, le singole regioni?
L’assessore regionale al lavoro Elena Donazzan non ha dubbi, nei termini di un rinnovo, vista l’imminente scadenza, dell’accordo con l’allora ministro Sacconi. Della stessa opinione é il presidente di “Italia Lavoro” Paolo Reboani: un’unica regia é una scelta irragionevole.
Il convegno cislino sulla riforma del lavoro non poteva non toccare questo punto chiave.
Una riforma, hanno concordato i diversi relatori, che ha portato da un lato alcune novità di rilievo, assieme ad alcuni limiti di struttura. Uno dei più importanti riguarda proprio la domanda di flessibilità, cioè quel sostegno al sistema sociale del Veneto che, sino ad ora, grazie proprio alla logica bilaterale, é riuscito ad evitare situazioni difficili, se non drammatiche. Pensiamo qui ai tanti contratti di flessibilità che hanno sino a questo momento armonizzato tra di loro tante difficoltà aziendali.
Anche gli interventi di parte sindacale hanno confermato questa linea di responsabilità sociale dal basso. In altri termini, anche da parte sindacale si é compreso che il centralismo non paga più.
Il problema comunque resta, visto che il prossimo 31 dicembre scadono gli accordi firmati da Sacconi con la Regione Veneto sulla gestione della cassa in deroga: la Regione si era impegnata col 40% di risorse proprie a fronte di un 60% dello Stato. Da non dimenticare che il 31 dicembre si consumano gli effetti anche dei decreti che riguardavano l’Inps, nei termini di un anticipo di cassa a favore della Regione.
Proviamo a dare alcuni dati forniti dalla CISL. Anche ad agosto l’Inps ha autorizzato 5,7 milioni di ore di cassa integrazione, 300.000 in più rispetto allo stesso mese dello scorso anno.
“Il totale cumulato nei primi 8 mesi dell´anno – troviamo scritto – supera quindi i 60 milioni di ore, 4 in più rispetto allo stesso periodo del 2011. Sempre su questo confronto risulta molto diverso invece l´andamento per provincia: si conferma il boom a Venezia (+ 4 milioni) e il calo a Treviso e Vicenza, rispettivamente con un calo di 1,7 e 1,3 milioni di ore. Come detto, il totale di agosto è di 5,7 milioni di ore: di queste quasi 3 milioni sono relative alla gestione in deroga, la meno utilizzata poi dalle stesse aziende (nei 4 anni di crisi il suo consumo è stato attorno al 25% dell´autorizzato). Per la cig straordinaria (quella delle crisi strutturali) le ore autorizzate sono state poco meno di 1,7 milioni (consumo effettivo 80%). Un milione di ore invece quella per la gestione ordinaria”.
Un´ora su cinque, dunque, è stata autorizzata per lavoratori impiegati, ma nella cig straordinaria si sale ad un´ora ogni tre. Complessivamente non siamo lontani dai dati dell´agosto 2011: 5,4 milioni.
In questi primi otto mesi, dunque, in Veneto sono state autorizzate 60,4 milioni dimore, con una crescita di 4,3 milioni.
Solo in due province, Treviso e Vicenza, le più industrializzate, si é avuto un calo di richieste, mentre in tutte le altre si é registrato un aumento. Segno del diverso andamento della crisi. Questi i dati e gli andamenti.
Quali sono invece i rumors romani? Parlano di una intenzione ministeriale di riprendersi in mano questo tema, ma sino ad ora difficile trovare parole certe.
Resta la domanda: perché rinunciare ad un modello che ha funzionato? Una domanda condivisa anche da Donato Pedron vicepresidente di Confartigianato Veneto e presidente dell´Ente Bilaterale Artigianato Veneto, ma anche dal responsabile regionale Cisl per il lavoro Giulio Fortuni.
Si tratta, in poche parole, di non rinunciare alla buona prassi della “bilateralità”, capace, come si é visto, di dare una mano ai lavoratori non coperti dai consueti ammortizzatori sociali.
Fortini lo dice chiaramente: l’accordo va confermato, e l’assessore regionale Donazzan si é detta subito d’accordo. Un modo per ribadire che esiste anche una buona concertazione: da praticare, da confermare, da rilanciare. Perché i temi sul tappeto chiedono flessibilità e immediatezza d’intervento. Responsabilità sociale in questo caso significa mettere in concerto le risorse del lavoratore e delle imprese. Per nuovi contratti di solidarietà, per vincere assieme la vera sfida: fare di tutto per aiutare coloro che rischiano di perdere il lavoro, anche consentendo loro di cambiarlo con nuove opportunità occupazionali.
I “tecnici” al governo ed i “tecnici” ministeriali sapranno leggere in controluce queste nuove sfide?