La Corte dei Conti è intervenuta oggi con un allarme preoccupato sulla gestione dell’Inps, a riguardo di riforma del lavoro e delle pensioni. Un avvertimento, quello della Corte dei Conti, in cui è stato chiesto un monitoraggio assiduo dell’incidenza di queste riforme sulla spesa pensionistica. Per Alberto Brambilla, già Sottosegretario al Welfare con delega alla Previdenza sociale, contattato daIlsussidiario.net, tale allarme andrebbe piuttosto rivolto non all’Inps ma al ministro Fornero. «Dietro alla riforma del lavoro e delle pensioni c’è una mentalità subdola tipica della burocrazia di Stato perché questa è burocrazia e il ministro se l’è bevuta. Siamo davanti a una forma di debito occulto», ha detto.
La Corte dei Conti è preoccupata dell’impatto delle riforme del lavoro e della previdenza sulla spesa pensionistica. Chiede di monitorare le riforme per vedere che riflessi hanno sul bilancio complessivo dell’istituto.
La domanda della Corte dei Conti non va fatta all’Inps ma deve essere fatta al ministero del lavoro il quale aveva il nucleo di valutazione di cui ho fatto parte per anni che appunto era delegato a questi fatti e che non è stato assolutamente voluto né sostituito dopo le nostre dimissioni dal ministro Fornero. La domanda della Corte va dunque rivolta a chi ha fatto le relazioni tecniche in particolare alla ragioneria dello Stato.
Ci spieghi meglio questo passaggio.
Il punto è: attenzione, noi come tecnici abbiamo fatto delle proiezioni questa estate dicendo che la riforma del mercato del lavoro, al di là del problema degli esodati che non è stato sufficientemente monitorato, crea dei problemi.
Perché?
Perché avendo tolto tutte le flessibilità in entrata e mi riferisco alle collaborazioni coordinate continuative, ai contratti a progetto, alle partite Iva e tutte quelle forme di ingresso nel mercato del lavoro così dinamico, tutto questo produce un incremento della disoccupazione. Io e altri tecnici abbiamo fatto delle ipotesi di circa 500mila nuovi disoccupati: devo dire che questi dati forniti verso l’inizio di agosto li ho ritrovati nel report dell’Istat pubblicato ieri.
Che succede allora?
A questo punto è chiaro che in un mercato del lavoro così difficile e così competitivo con questa globalizzazione in atto se noi in questa fase così delicata togliamo tutte le flessibilità in entrata abbiamo voglia a fare le riforme delle pensioni. In un sistema come il nostro che si basa sul rapporto attivi – pensionati se la disoccupazione aumenta il problema è grosso. Un problema che il ministro Fornero deve vedere in che modo complessivo affrontare. Deve capire che quello che ha fatto sul mercato del lavoro ha dei riflessi negativi sulla previdenza del sistema pensionistico.
Lei ce l’ha e non poco con il ministro Fornero.
No guardi, io non voglio sparare sulla croce rossa, su un ministro che è già in difficoltà per conto suo, ma questa è la realtà. Qualunque ministro fosse stato direi le stesse cose. C’è poi da chiedersi altre cose.
Quali?
Posso ribadire che la Corte dei Conti dovrebbe chiedere al ministro Fornero perché un nucleo di valutazione della spesa previdenziale composto da esperti come era il nostro che peraltro non aveva alcun costo se non piccole note spese per il trasferimento Milano-Roma è stato tolto di mezzo quando era anche uno strumento previsto dalla legge e anche l’unico strumento previsto dalla legge in grado di fornire al ministro un quadro complessivo. La Corte dei Conti dovrebbe chiedere; chi ha rimpiazzato questo nucleo di valutazione? E anche: dove è la banca dati del nucleo di valutazione che dal 1989 forniva questi dati?
Sulla previdenza complementare che la Corte dei Conti lamenta sia poco usata che cosa possiamo dire?
Anche qui la Corte dei conti non dovrebbe chiedere all’Inps ma al ministro Fornero perché noi una normativa molto bella la abbiamo presentata a Bruuxelles, la 252 del 2005. Venne definita una delle migliori norme sulla previdenza complementare. In questo caso la Corte dovrebbe chiedere al ministro perché in questo periodo non ha fatto nulla per sostener la norma e l’autorità apposita.
Del decreto sull’apprendistato che opinione ne ha?
Ho visto il decreto sull’apprendistato che prevede quale unica forma di incentivo la cosiddetta decontribuzione o le agevolazioni contributive. Dal mio punto di vista questo soprattutto per un governo tecnico che ha fatto una riforma delle pensioni e che ha fatto una correlazione fra entrate e uscite questo è un errore.
Perché?
Perché è meglio procedere con forme di agevolazioni sotto forma di credito di imposta piuttosto che di sotto contribuzione. Avere le contribuzioni figurative non significa altro nel nostro sistema che fare del debito occulto e gran parte del disavanzo dell’Inps in questo caso è dovuto proprio alle contribuzioni figurative. E’ vero che ogni anno con una legge finanziaria si fanno i trasferimenti però è altrettanto vero che i contributi non versati vengono rivalutati ogni anno anche per venti, trenta anni e gonfiano il debito previdenziale. A questo punto se io voglio agevolare l’assunzione degli apprendisti devo smettere di usare questo modo burocratico e subdolo di dare agevolazioni sotto forma di sgravi contributivi. Lo Stato ci metta le tasse. Altrimenti con gli sgravi contributivi fa un debito che non contabilizza mentre con il credito di imposta l’anno dopo riceve meno impostema è giusto se vuole agevolare le assunzioni.