I COSTI DEL TAGLIO DEI VTALIZI
Secondo Laura Bottici, è “sbagliato dire che il ricalcolo dei vitalizi costerebbe 50 milioni di euro”. La senatrice pentastellata, che è tra i questori di palazzo Madama, intervistata da Repubblica spiega che “quella cifra indicata dai tecnici di Palazzo Madama si riferisce ai contributi versati dai senatori tra 2001 e 2011: è l’imponibile, non l’imposta. Quindi cosa dovrebbe essere restituito?”. Dal suo punto di vista, poi, il taglio retroattivo dei vitalizi non sarebbe incostituzionale, in quanto “i vitalizi non sono pensioni. Fatto sta che quando la retroattività riguarda i cittadini, per esempio su fisco e previdenza, il problema non si pone”. Bottici non ha poi dubbi che dalla Camera arriverà una buona soluzione e non teme i ricorsi degli ex parlamentari. Se “si sentiranno danneggiati dal ricalcolo, facciano pure ricorso. Non li ostacola nessuno”.
SALVINI: “SAPPIAMO COME SMONTARE LEGGE FORNERO”
Matteo Salvini nelle ultime ore, nel corso di una diretta Facebook, si è dimostrato molto più positivo anche sul piano delle pensioni in quanto sembra essere stata trovata la quadra con Luigi Di Maio per poter mettere definitivamente da parte la Legge Fornero. “Con i Cinque Stelle si ragiona in maniera corretta, abbiamo trovato un punto di incontro su come smontare la Fornero”, ha asserito il leader del Carroccio. Nei suoi progetti, infatti, in merito alla riforma pensioni 2018 c’è l’introduzione della quota 100. In merito ha commentato, speranzoso: “Siamo contenti se potremo raggiungere l’obiettivo di arrivare a quota 100” per mandare la gente in pensione. E’ stato lo stesso Salvini a tranquillizzare sul proprio lavoro che sembra concentrarsi senza sosta soprattutto su “Fornero, riduzione tasse, autonomia, difesa agricoltura e confini, senza miracoli”. Certamente nei programmi di Salvini così come di Di Maio il tema del superamento della Legge Fornero viene considerato ancora oggi una priorità e questo potrebbe essere, dunque, a tutti gli effetti il primo importante banco di prova dell’esecutivo legastellato. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
DI MAIO CONFERMA: TAGLIO DELLE PENSIONI D’ORO
Per le pensioni più alte non è in arrivo solo la perequazione incrementata nel 2019 rispetto a quest’anno. Per qualcuno, infatti, potrebbe arrivare la brutta sorpresa di un taglio. Luigi Di Maio, in un video su Facebook in cui ha fatto il punto della trattativa tra Lega e M5s sul contratto di governo, ha infatti detto che “nel contratto di governo con la Lega ci sarà il carcere per gli evasori e siamo riusciti a ottenere il taglio delle pensioni d’oro”. Non è stato specificato alcun dettaglio sulla misura, ma durante la campagna elettorale era emerso che l’intervento potrebbe riguardare le pensioni sopra i 5.000 euro al mese nella parte non corrispondente ai contributi versati durante la propria attività lavorativa. Non resta che attendere maggiori dettagli da parte degli esponenti pentastellati e del Carroccio.
PEREQUAZIONE, COME FUNZIONA
A partire dal primo gennaio 2019 le pensioni avranno un importo più alto. Merito delle nuove regole di rivalutazione dei trattamenti previdenziali. Le pensioni quindi verranno adeguate all’eventuale incremento dell’inflazione, in modo tale che l’assegno non si svaluti col passare del tempo. È la cosiddetta “perequazione”, bloccata dalla riforma Fornero nel 2011 e poi reintrodotta nel 2013, seppur con una fase transitoria che si concluderà appunto il 31 dicembre 2018. Il metodo prevede cinque scaglioni di reddito con relative percentuali di rivalutazione, che vi abbiamo spiegato in fondo. La pensione viene rivalutata in maniera inferiore per coloro che hanno un assegno previdenziale elevato, quindi la vera rivalutazione verrà avvertita dai pensionati che già oggi percepiscono un assegno di importo elevato, mentre per gli altri i cambiamenti saranno sostanzialmente poco significativi. (agg. di Silvana Palazzo)
LEGA E M5S PRONTI A TAGLIARE LE PENSIONI D’ORO
Lega e M5s sarebbe d’accordo a tagliare le pensioni d’oro. È quanto riporta Askanews, citando fonti del Movimento 5 Stelle. I due partiti stanno continuano a lavorare alla stesura del contratto di governo ed è noto che hanno una certa convergenza sul superamento della Legge Fornero con l’introduzione di Quota 100 e Quota 41. A quanto si apprende, dunque, ora avrebbero anche deciso di intervenire sulle pensioni di importo più elevato. Non si conoscono altri dettagli, ma già durante la campagna elettorale gli esponenti pentastellati avevano fatto sapere di voler reperire delle risorse necessarie al reddito di cittadinanza e all’aumento delle pensioni minime attraverso di esso proprio con il taglio delle pensioni d’oro. Incalzati più volte sulla soglia oltre quale considerare tali gli assegni da tagliare, erano emerse versioni diverse, ma alla fine la più accreditata era quella che voleva un taglio delle pensioni sopra i 5.000 euro nella parte che non fosse stata corrispondente ai contributi versati durante la vita lavorativa.
CGIL CHIEDE UNA “VERA” RIFORMA PENSIONI
Uno dei punti chiave del contratto di governo a cui stanno lavorando M5s e Lega è il superamento della Legge Fornero. I due partiti puntano dunque ad una riforma delle pensioni. Nel contratto si sta facendo strada l’ipotesi Quota 100, di cui vi parliamo in fondo. Una prospettiva che non sembra soddisfare la Cgil, secondo cui i ritocchi alla Legge Fornero sono insufficienti. Serve invece una vera riforma delle pensioni, che superi a livello strutturale quell’impianto e dia risposte per tutte le generazioni e le condizioni lavorative. Questa per Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil, è la vera sfida della politica italiana sulla previdenza. «I 41 anni per la pensione di anzianità e quota 100 rappresentano alcuni aspetti importanti del problema, ma non vanno dimenticati anche i temi della flessibilità in uscita, con la possibilità di andare in pensione dopo i 62 anni, il superamento dell’attuale meccanismo che lega l’età di pensione all’aspettativa di vita, e la questione decisiva della pensione contributiva di garanzia per chi, come i più giovani ma non solo, ha una carriera lavorativa discontinua o con bassi contributi, come i part time». Cgil invita anche ad affrontare la questione «del rafforzamento della previdenza integrativa negoziale e della rivalutazione delle pensioni in essere». (agg. di Silvana Palazzo)
LE PAROLE DI ELSA FORNERO
Elsa Fornero è stata ospite ieri della puntata di Stasera Italia, in onda su Rete 4. Alla domanda se rifarebbe o meno la riforma delle pensioni del 2011, l’ex ministra del Lavoro ha risposto che “non si rifà mai nulla di quello che si è fatto in passato, perché il tempo comunque non passa invano e le conoscenze aumentano e se non si è proprio stupidi, diventano fonte di riconoscenza degli errori”. Secondo quanto riporta Tgcom24, ha poi voluto evidenziare che ci sono stati dei dati che sono stati strumentalizzati, “perché faceva comodo a qualcuno creare polemiche su questa riforma”. Quando le è stato fatto notare che nell’immaginario collettivo viene vista come espressione dell’establishment europeo, vista la Legge che ha fatto, Elsa Fornero ha detto di rifiutare totalmente questa espressione, ricordando poi che “nel 2011 non sapevamo se il giorno dopo ci sarebbero stati i soldi per pagare i medici e le pensioni”, una situazione che non augura al nuovo governo.
RIVALUTAZIONE PENSIONI ALTE
Le rivalutazioni delle pensioni scatteranno a partire dal 1° gennaio 2019 con nuove regole. È infatti previsto che vi sia una rivalutazione del 100%, rispetto all’adeguamento all’inflazione, per le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo (pari a poco più di 500 euro), una rivalutazione del 90% per le pensioni di importo compreso tra tre e cinque volte il trattamento minimo e una rivalutazione del 75% per quegli assegno che risultano superiori di 5 volte al trattamento minimo. Rispetto all’attuale situazione, si avranno dei benefici solamente per le pensioni più alte. Infatti, la rivalutazione per le pensioni di importo superiore a 5 volte il minimo è stata l’ultima volta pari al 50%, scendendo al 45% per gli assegni superiori a 6 volte il minimo. Per tutti gli altri non cambia praticamente nulla. Anzi, chi ha un assegno tra 3 e 4 volte il minimo, finora aveva una rivalutazione del 95%, mentre ora l’avrà del 90%. Va detto che le regole in questione non sono nuove, ma sono stati ripresi gli scaglioni stabiliti nel 2000, sostituendo quelli del 2013 introdotti dal Governo Letta.
QUOTA 100 E QUOTA 41, IL NODO ADV
Il superamento della Legge Fornero è il punto che più accomuna i programmi di Lega e Movimento 5 Stelle. Entrambi i partiti, infatti, hanno indicato la volontà di introdurre Quota 100 e Quota 41 per cambiare il sistema pensionistico. Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, la Quota 100 diventerebbe 101 per i lavoratori autonomi e sarebbe prevista un’età minima di accesso pari a 64 anni. Inoltre, verrebbe posto un limite di 2 o 3 anni di contribuzione figurativa massima. Il quotidiano di Confindustria riporta anche le dichiarazioni di Alberto Brambilla, ex sottosegretario al Welfare che ha curato il programma della Lega sulle pensioni, secondo cui è importante mantenere “gli stabilizzatori automatici, ovvero l’adeguamento dei requisiti alla speranza di vita e i coefficienti di trasformazione”. Misure che rappresenterebbero “il lasciapassare per l’Europa e per i mercati”, che consentirebbero quindi di “difendere la nuova flessibilità che vogliamo”.
Resta da capire quale costo avrà una riforma delle pensioni di questo tipo. Secondo Brambilla, la spesa non supererebbe i 5 miliardi l’anno, ma, ricorda Il Sole 24 Ore, l’Inps aveva stimato a fine febbraio una spesa di 14-18 miliardi nei primi due anni di applicazione, al netto dell’Ape sociale non più erogata. Non è poi chiaro se l’adeguamento dei requisiti pensionistici valga solo per l’età anagrafica o anche per l’anzianità contributiva. Cioè se la Quota 41 sia destinata ad aumentare con il passare del tempo. Si spera comunque non prima del 2019, quando è previsto già uno “scatto” di 5 mesi per gli attuali requisiti. Altrimenti la Quota 41 diventerà già di 41 anni e 5 mesi.