RIFORMA PENSIONI M5S-LEGA, MANCANO LE COPERTURE
Il governo M5s-Lega deve ancora nascere ma fa già discutere la riforma pensioni studiata da Luigi Di Maio e Matteo Salvini che si propone il superamento della Fornero con un investimento stimato dall’Osservatorio conti pubblici dell’Università Cattolica, diretto dall’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli in circa 8,1 miliardi di euro. Nel contratto di governo siglato da MoVimento 5 Stelle e Lega si parla apertamente dell’introduzione della cosiddetta “quota cento”, ovvero la possibilità di smettere di lavorare quando la somma fra età e anni di contributi versati arriva a cento. I dubbi, però, come per ogni manovra riguardano le coperture: dove si trovano i soldi per un investimento che secondo Il Corriere della Sera costerà alle casse dello Stato addirittura 10 miliardi l’anno? La risposta per ora non è stata data né dalla Lega né dal M5s, mentre Cottarelli nutre particolari dubbi sulla bontà del provvedimento. L’Osservatorio conti pubblici, infatti, è riuscito a trovare nel programma solo 500 milioni di euro di tagli sicuri: e il resto? (agg. di Dario D’Angelo)
CONTRATTO LEGA-M5S SENZA STAFFETTA GENERAZIONALE
Giovanni Sgambati esprime l’auspicio che presto si formi un Governo in Italia, perché “è necessario intervenire sulle tasse sul lavoro e sulle pensioni”. Il segretario regionale della Uil Campania, intervenuto al congresso nazionale della Uiltec, ha spiegato che in tema di previdenza bisogna “fare ancora qualcosa, dopo quanto è stato già fatto”. Questo in quanto, dal suo punto di vista, secondo quanto riporta Adnkronos, bisogna “dare assegni dignitosi e allo stesso tempo permettere l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani”. Un tema, quello della staffetta generazionale, che non è presente nel contratto di Governo tra Lega e Movimento 5 Stelle, pur essendo stata una delle proposte pentastellate durante la campagna elettorale per modificare il sistema pensionistico, che fa sentire il suo peso anche sul mercato del lavoro.
DOPPIA FREGATURA PER I CITTADINI DELLA CALABRIA
I cittadini calabresi sono vittime di una doppia fregatura. Lo mette in evidenza Giuseppe Zito, Segretario provinciale della Uil Pensionati di Reggio Calabria, ricordando che i dati sull’aspettativa di vita non sono favorevoli ai cittadini calabresi, visto che la loro speranza di vita è anche fino a 5 anni più corti di chi vive al Nord. Tuttavia, proprio per l’andamento generale dell’aspettativa di vita, tutti i cittadini, anche quelli del Sud che vivono meno, devono andare in pensione più tardi. Quindi devono attendere di più per poi incassare la pensione per meno anni. Ecco dunque la doppia fregatura, determinata in particolare, secondo Zito, dall’efficienza del sistema sanitario. Un problema che però, tiene a precisare il sindacalista, non è determinato dallo Stato centrale, ma è “drammaticamente legato al territorio”.
QUOTA 100 E OPZIONE DONNA, PER ANIEF NON BASTANO
Anche l’Anief si esprime sulla riforma delle pensioni contenuta nel contratto di Governo tra Lega e Movimento 5 Stelle. L’Associazione nazionale insegnanti e formatori continua a chiedere che i lavoratori della scuola siano considerati “realizzatori di una professionalità altamente usurante” e dunque non può bastare la proroga di Opzione donna per soddisfare questa richiesta, quando alle lavoratrici verrebbe chiesto il ricalcolo contributivo del proprio assegno pensionistico. Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal, “lo stesso pericolo, la riduzione dell’assegno pensionistico, potrebbe sorgere per coloro che dovessero aderire a quota 100, poiché le coperture finanziate del progetto sembrano inferiori rispetto alla vastità del progetto”. Per il sindacalista occorre quindi “includere l’operato di docenti e personale Ata tra i lavori usuranti”.
Questo in virtù del fatto che “studi di lunga portata, come il ‘Getsemani Burnout e patologia psichiatrica negli insegnanti’, hanno confermato che per i lavoratori della scuola il burnout presenta percentuali molto più alte che in altre professionalità, con un’alta incidenza di malattie psichiatriche ed oncologiche”. Secondo Pacifico le risorse per questo intervento si possono trovare, dato che ne sono state trovate “per salvare aziende o banche”. “Il Governo che si sta allestendo deve sapere che il ‘lavoro educativo’ è un ‘ambito professionale particolarmente esposto a condizioni stressogene’, soprattutto tra i docenti più giovani e caratterialmente fragili o emotivi. Pensare di mandare queste persone in pensione a 67 anni significherebbe produrre un danno sicuro a loro e ai giovani in formazione, perché affidati a personale anziano, stanco e sottoposto a patologie di vario genere”.