Nel febbraio scorso è stato approvato in via definitiva il decreto legislativo che disciplina il servizio civile universale in attuazione della legge di riforma del Terzo settore e dell’impresa sociale. L’obiettivo del Governo è quello di rafforzare il servizio civile quale strumento di difesa non armata della Patria, di educazione alla pace tra i popoli e di promozione dei valori fondativi della Repubblica.
Il provvedimento, tra l’altro, prevede la partecipazione al sistema anche dei cittadini dell’Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia e tende a razionalizzare gli interventi di servizio civile universale attraverso una programmazione affidata allo Stato centrale, che deve soddisfare i peculiari fabbisogni del Paese in linea con gli obiettivi del Governo, prevedendo interventi a favore dei giovani con minori opportunità e meccanismi di premialità per gli enti che realizzeranno interventi con l’impiego di questi giovani.
In particolare, con il recente decreto si definiscono le finalità del “nuovo” servizio civile universale, perseguite mediante programmi di intervento delimitabili anche a specifiche aree territoriali (quali, ad esempio, le città metropolitane), e ai vari settori in cui questi percorsi possono essere vissuti. Nel dettaglio, il servizio civile universale potrà essere realizzato con riferimento all’assistenza, alla protezione civile, al patrimonio ambientale e alla riqualificazione urbana, al patrimonio storico, artistico e culturale, educazione e alla promozione culturale e dello sport, all’agricoltura in zona di montagna e sociale, alla biodiversità, e, ovviamente, alla promozione della pace tra i popoli, della nonviolenza e della difesa non armata, alla promozione e alla tutela dei diritti umani, alla cooperazione allo sviluppo, e alla promozione della cultura italiana all’estero, nonché al sostegno alle comunità di italiani all’estero.
In questo quadro si inserisce la proposta di una sorta di nuova “leva” sociale obbligatoria per tutti i giovani. Il ministro Pinotti ritiene, infatti, che se per quanto riguarda le missioni internazionali abbiamo, oggi, bisogno di militari, sempre più, professionalmente preparati, per quanto concerne altri servizi che possono essere fatti al Paese in termini di sicurezza e, direi soprattutto, di sicurezza sociale, si possa cominciare a riflettere sull’idea di riproporre a tutti i giovani, e alle giovani, italiani un momento unificante (come era considerata per molti aspetti la naja), non più solo nelle forze armate ma, altresì, nel servizio civile.
Negli ultimi anni, infatti, secondo la ministra, è stato allargato l’ambito di ricorso allo strumento e, contestualmente, i numeri sono cresciuti. L’ipotesi, peraltro, di un nuovo servizio civile “obbligatorio” rientra in un ampio dibattito a livello europeo e, quindi, l’esponente dell’esecutivo si chiede perché non dovremmo parlarne anche nel nostro Paese.
Bisogna sottolineare, tuttavia, come, negli ultimi anni, il servizio civile abbia rappresentato un’alternativa al tirocinio e, ahimè, una valida opzione per molti giovani alla ricerca di un reddito, seppure modesto, per un anno con l’auspicio che il servizio civile potesse essere la via d’accesso a un posto di lavoro. Il rischio che si corre, rendendo obbligatorio il servizio civile, è che si “istituzionalizzi” questa, più che legittima, speranza con la conseguenza di agevolare comportamenti scorretti da parte dei vari soggetti ospitanti e, se possibile, allontanare ancora di più i giovani dalle istituzioni e dalle realtà che promuovono la partecipazione attiva alla nostra società.