L’idea è quella di recuperare 392 milioni di euro così suddivisi: 342 dai 4.028 esuberi del personale non dirigenziale e 50 provenienti dal taglio di 487 dirigenti pubblici (48 di prima fascia e 439 di seconda). Un primo parziale e amaro assaggio dei tagli ai dipendenti pubblici che il governo si accinge a compiere. Mancano, infatti, dal computo delle eccedenze i ministeri della Giustizia, degli Esteri e dell’Interno, l’Inps, le Forze Armate e la Croce Rossa. IlSussisidiario.net ha chiesto un commento a Paolo Pirani, segretario confederale della Uil con delega alla contrattazione pubblica. A partire dal fatto che la prima comunicazione del numero di persone coinvolte nel taglio è stata data dal ministro Patroni Griffi su Twitter. «Una vena di giovanilismo e di ispirazione tecnologica ha pervaso il ministero nel comunicare i dati. Mettiamola così… sta di fatto che i numeri forniti non solo sono parziali e incompleti, ma anche privi di qualsiasi riferimento a logiche di efficienza ed efficacia nella Pubblica amministrazione. Si è trattato, semplicemente, di un calcolo contabile della Ragioneria generale dello Stato che dovrebbe comportare un risparmio di 392 milioni di euro. Risparmio ottenuto sulla pelle delle persone che si ritengono da esuberare secondo i parametri dei classici tagli lineari. Ancora una volta, si è proceduto secondo il peggiore tra gli schemi a disposizione. Significa che non si è compiuto un monitoraggio volto a individuare nelle singole amministrazioni quali fossero quei lavoratori realmente in esubero». Al contrario, spiega il sindacalista, «si è, invece, semplicemente compiuto un calcolo basandosi sulle presunte piante organiche». Si era detto, inoltre, nell’ambito della spending review, che gli eventuali tagli avrebbero riguardato il 20% dei dirigenti e il 10% degli impiegati: «E’ evidente che tale rapporto, finalizzato a penalizzare il meno possibile la fascia più debole, non è stato lontanamente preso in considerazione».
Resta il fatto che, se il problema è quello di recuperare risorse per far quadrare i bilanci, si poteva agire in tutt’altra maniera. «Tanto per cominciare, ancora non si è vista una sola misura significativa sul taglio dei costi della politica. Detto questo, rispetto alla Pubblica amministrazione si sarebbe dovuto agire colpendo gli sprechi e non le persone. E gli sprechi si producono, in particolare, laddove un sistema clientelare fa sì che la medesima siringa acquistata da un certo ente costi un tot, ma acquista da un altro molto di più. Mi pare evidente che il problema non è eliminare gli infermieri, ma chi consente che le siringhe vengano acquistate a prezzi differenti». Più in generale, «per rendere efficiente la macchina amministrativa, si dovrebbe applicare realmente il criterio dei costi standard, per omogeneizzare gli acquisti di forniture. Ed estromettere completamente dalle p.a. la politica, in particolare dai suoi gangli decisionali».
Costi standard, lotta alle clientele e, infine, un terzo, fondamentale criterio: «Si dovrebbe metter mano ai piani industriali delle pubbliche amministrazioni, applicando le regole del privato al pubblico. Pure in materia di licenziamenti. Anche se, a onor del vero, la materia è già regolata in maniera analoga. Eppure, a oggi, quanti licenziamenti sono stati fatti? Pochissimo. Non per mancanza di regole, ma per assenza di volontà e predisposizioni al clientelismo».
(Paolo Nessi)